Capitolo ottantuno

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Destiny

Infilo le mani nel camice e mi stampo un sorriso sulle labbra quando metto piede in ospedale. Venire qui mi estrania dal trambusto in cui è piombata la mia vita. È l'unico luogo infatti su cui riesco ad avere ancora un minimo di controllo.
Due occhi vispi e scuri mi sorridono dietro la vetrata della sala in cui si riuniscono i pazienti che stanno portando avanti le sedute di terapia. «Ciao raggio di sole.» Hunter mi manda un bacio volante che scatena una smorfia sul viso di Genesis seduta accanto a lui. Hunter e Genesis hanno entrambi diciotto anni e sono affetti da un tumore alle ossa da poco più di sei mesi. Sono stati trasferiti qui quando il primo ospedale in cui erano ospitati non ha saputo offrire loro le cure necessarie per venire a capo della loro malattia così hanno finito con il trasferirsi qui. Jared mi ha mostrato le loro rispettive cartelle ed io ho subito verificato che potessi realmente aiutandoli, dando loro ciò di cui maggiormente necessitavano. «Sei ancora più splendida questa mattina.» Hunter guarda Genesis con la coda dell'occhio. Provocarla: è questo che sta cercando di fare. Genesis in risposta sfoglia con disinteresse la rivista di moda che ha tra le mani, ignorando le sue continue occhiate. È quando Hunter sposta lo sguardo su di me e mi strizza l'occhio che Genesis si volta a guardarlo. I capelli neri le coprono il viso, ma non l'accenno di sorriso sulle sue labbra. Non se lo dicono, ma provano qualcosa l'uno nei confronti dell'altra. «Ma non ti stanchi mai di starlo a sentire? Io ne ho le palle piene.» Genesis mi rivolge un'occhiata solidale che fa ridere Hunter. «Le altre ragazze darebbe oro per avere un compagno di chemio sexy e divertente come me.» la punzecchia, divertito. Si sposta i capelli scuri che gli finiscono sugli occhi. «Presentamele perché farei volentieri a cambio.» Hunter ride e la sua risata accompagna i miei movimenti nella sala. Controllo ad entrambi le flebo e le sostituisco quando il primo ciclo viene completato. «Mi mancherà la tua brutta faccia quando tutto questo sarà finito.» Hunter chiude gli occhi e sorride. Cerco di mascherare la tristezza scaturita dalle sue parole con un colpo di tosse. Le possibilità che la chemio aumenti le loro prospettive di vita sono minime, ma comunque presenti in piccola parte. «Mi romperai i coglioni anche nell'aldilà, figurarsi.»  Hunter ride fragorosamente e a me scappa un sorriso. «Ti amerei se non fossi infatuato di Destiny.»  Hunter mi strizza l'occhio. «Dio mi ascolta ogni tanto, allora.» Genesis solleva le mani in aria ed unisce i palmi, ringraziando l'Altissimo. «Sì, potrei proprio. Hunter le tocca una spalla con le dita e Genesis si scansa, facendo oscillare la flebo. Rivolgo loro un'occhiata guardinga ed entrambi si scusano. Risparmiamelo, ti prego. Sistemo la flebo ancorata all'avambraccio di Genesis e mi accerto che spostandosi non si sia spostata con lui. Verificato che sia tutto così com'era controllo gli esiti delle loro recente analisi sanguigne.
«È venuto qualcuno a trovarvi oggi?» domando ad entrambi ma a rispondere è solo Hunter. «A parte te, nessun'altra che volessi vedere.» Guarda Genesis ancora e sbatte le ciglia nella mia direzione quando incurvo le labbra in un sorriso. «Posso avere un altro compagno di chemio? Se rimango con lui potrei  farlo fuori prima che lo faccia il tumore.»  Scuoto la testa, divertita. «Avete in comune gli stessi trattamenti e cure, Genesis. Sostituirtelo implicherebbe un doppio lavoro che possiamo fare, ma che prendendo più tempo, potrebbe soltanto che andare a vostro discapito. Se vuoi davvero che Hunter...» Genesis alza una mano ed io mi zittisco, concentrandomi su di lei. «Ho capito. Soffrirebbe ancora di più se si trovasse ad affrontare quest'inferno da solo quindi va bene così. Rimane.» Annuisco e guardo Hunter.
«È compassione la tua?» «Faresti pena a chiunque, socio.» Genesis scrolla le spalle e chiude gli occhi quando i medicinali iniziano ad entrargli in circolo. Un velo di preoccupazione attraversa gli occhi di Hunter che le prende la mano e gliela stringe. Genesis si divincola, ma non riesce a sfilare la mano dalla sua. Mi piacerebbe pensare che non sia a causa della debolezza, ma di Hunter stesso. Potrebbero stare insieme se solo lo volessero. Se solo si accorgessero che la vita è tutta adesso.  Mi mordo le labbra e chino lo sguardo sulle analisi del sangue di Hunter. C'è un'anomalia relativa al valore dei globuli bianchi e delle piastrine nel sangue che richiedono un eventuale accertamento. «Sei una femminuccia, Genesis.» Il soggetto in questione lo guarda storto. Stritola le dita del suo amico tra le mani, ma Hunter sorride. «Tutto qui? Mi deludi.» «Sei più sfiancante della chemio, Hunt.» «Ma meno invasivo.» «Sei entrato nella mia stanza senza il mio consenso. Questa è invadenza.» «Mi ha invitato la tua amica, quella carina.» Alza gli occhi al cielo. «Eve deve imparare a stare nel suo.» «Mi dai il suo numero?» Genesis lo incenerisce con lo sguardo. «È impegnata.» «Non sono geloso e poi se ci desse una possibilità lascerebbe l'altro in men che non si dica.» «Se ti conoscesse passerebbe direttamente all'altra sponda.» Hunter ride sguaiatamente e Genesis sorride. Mi allontano qualche secondo e lascio detto ad un'infermiera di tenerli d'occhio, Hunter in particolare.
Si fa il segno della croce prima di andare da loro e sorride. Cerco Jared tra i vari reparti e lo trovo in quello di pediatria. La dottoressa con cui sta interloquendo ha un neonato tra le braccia che sonnecchia profondamente. Lo porge a Jared in modo da tenerlo in posizione eretta e gli mostra qualcosa sulla schiena. Dall'espressione che si dipinge sul suo viso intuisco che si tratta di qualcosa di grave. Si scambiano altre parole e quando Jared mi nota le porge il bambino e mi si avvicina. «Dottoressa Jhonson.» replico con un sorriso di cortesia e gli mostro le analisi di Hunter. Jared mi affianca per controllare cosa ci sia scritto e nel farlo la sua spalla preme contro la mia. Legge con attenzione i valori riportati sulla carta e li confronta con i precedenti. «È entrato nel secondo stadio.» accenna, guardandomi e confermando le mie supposizioni.  «I farmaci non stanno avendo successo. Sembra come se avessero accorciato le sue prospettive di vita.» «Voglio fare altre analisi.» dice ed io annuisco. «Ti cerco se ho novità.» replico, ma prima che possa muovere un passo avverto un giramento alla testa. La stanza intorno a me vortica e la voce di Jared mi arriva ovattata. Sento di stare per cadere ma qualcuno mi afferra per i fianchi prima che possa succedere. «Stai bene?» Jared mi guarda preoccupato. Annuisco, ma non ne sono poi così sicura. Jared deve averlo notato perché mi stringe ancora. «Ti porto dal medico.» Mi offre il braccio ma lo guardo dubbiosa. «Devo occuparmi di Hunter.» Ha la priorità adesso. «Hunter può aspettare.» «Teoricamente non potrebbe.» gli ricordo. «Me ne occupo io.» replica sbrigativo. Mi porge la mano ed io mi appoggio a lui. Non riesco a muovermi da sola.
«Hai mangiato?» «Non recentemente.» Jared sospira. «Ti compro qualcosa appena hai finito la visita.» «Non occorre.» «Insisto.» replica. Non ho le forze per controbattere così annuisco e lo ringrazio. Apro gli occhi che non ricordavo d'aver chiuso quando picchietta le dita contro la porta di una delle sale mediche. Entriamo e salutiamo le due dottoresse nella stanza. Non mostrano stupore o forse sono brave a nasconderlo quando vedono Jared con me. Mi fanno accomodare sul lettino e chiedono a lui se vuole rimanere o preferisce uscire. «Resto.» Si siede su uno degli sgabelli ed incrocia le braccia al petto, guardando me. Evito di ricambiare e deglutisco. «Cosa si sente, dottoressa Jhonson?» Una delle dottoresse mi misura la pressione e aggrotta la fronte quando si accorge che è bassa. «Mi gira la testa.» «Non riesce a stare in piedi.» precisa Jared. Le dottoresse alternano lo sguardo su entrambi.
«Quale delle due?»
«Entrambe.» cedo. «Ha mangiato?» Scuoto la testa. «Molto male, dottoressa.» «Si sente la febbre?» Mi tocco la fronte. Tiepida, ma non bollente. Scuoto la testa.
«Ha le nausee?» Sento lo sguardo di Jared bruciarmi la nuca. «Non sono incinta se se lo sta chiedendo.» Il ciclo mi ritarda da qualche giorno ma è comprensibile con tutto lo stress di questo periodo. «Ne è sicura? A quanto risale l'ultimo rapporto che ha avuto senza protezione?» Arrossisco fino alla punta dei capelli e Jared tossisce. «Non credevo fossimo a ginecologia.» La dottoressa mi sorride. «Suppongo recentemente.» Annuisco. «Posso verificare che sia come dice lei?» «Prego.» Mi fa sdraiare e sollevare la maglietta sulla pancia. La curva evidente delle costole attira la mia attenzione. Non mi ero accorta d'aver perso così tanti chili. Rabbrividisco quando mi spalma il gel sulla pancia. Jared nel frattempo si è avvicinato. «Vuoi che chiami tuo marito?» «Non ce n'è bisogno.» Annuisce ma mi rimane vicino. Gli ho promesso che qualunque problema avessi avuto avrei dovuto chiamarlo e lui mi avrebbe raggiunta in ospedale, ma non voglio disturbarlo per qualche giramento di testa e qualche dolore intercostale. «Dottoressa Jhonson?» I lineamenti della dottoressa che sta effettuando i controlli sono distesi in una linea. «Sì?» Mi sollevo ed appoggio sui gomiti. Jared guarda esclusivamente la dottoressa. La donna in questione si volta e ciò che dice mi lascia senza parole.
«Avevo ragione io. Lei aspetta un bambino.»

Perché proprio lei? ? 2.0Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora