Capitolo settantuno

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                        Ryan

Sono ventiquattro ore precise che Destiny manca da casa. La sua assenza si sente più di qualsiasi altra presenza, inclusa quella dei nostri figli che non hanno fatto altro che chiedere di lei. Ho provato a chiamarla la scorsa sera, ma è partita la segreteria telefonica. Ho composto allora il numero di suo padre, Ian, che tengo salvato tra i preferiti e l'ho chiamato, in attesa di ricevere informazioni. Mi ha salutato calorosamente ed ho ricambiato, indirizzando subito dopo il discorso su sua figlia. «Si è chiusa in camera ed ha trascorso lì tutta la serata. Non è scesa neanche per la cena.» Ricordo di avergli chiesto quanto c'entrasse Chase con tutto questo. «Hanno discusso animatamente ma non so riguardo a cosa. Sono andato a controllare un paio di volte come stesse ma non ho ottenuto risposta. La mia visita ha svegliato Chase che, addossato contro la parete, mi ha chiesto se ci fossero novità. Ho scosso la testa e lui ha sospirato affranto. Non ho idea di cosa sia successo, ma ha distrutto Destiny.»
Sentire quella frase mi provoca un brivido lungo la schiena. Non l'avrei dovuta mandare da sola, sarei dovuto essere con lei sin dall'inizio. «Puoi passarmela?» Vado in camera e cerco il passaporto. «Posso provare, ma non ti assicuro nulla.» Sento Ian salire al piano di sopra e bussare alla porta di Destiny. «Tesoro, ho Ryan al telefono. È preoccupato per te.» La chiave ruota nella serratura. La voce di Ian si allontana dal mio campo uditivo fino a disperdersi e lasciare posto a quella provata ma inconfondibile della donna che amo. «Dolcezza. Stai bene?» Fa fatica a trattenere le lacrime. «Hey, è tutto okay. Sono qui.» Ma vorrei poter esser lì con lei. «Chase...» La voce le trema leggermente ed il mio cuore si stringe in una morsa. «Chase?
» La incalzo, odiandolo ogni secondo che passa per averla ridotta in questo stato. «È andato a letto con Chloe.» Rimango spiazzato. Chase... con Chloe? Com'è successo? All'improvviso i messaggi trovati sul suo telefono acquistano un senso. Non era Destiny la Johnson del messaggio, ma Chloe. Cerco di mantenere la calma. «Ti ha fatto questo?» Se lo avessi davanti probabilmente gli spaccherei la faccia. Non posso vederla, ma me la immagino mentre annuisce silenziosamente. Che coglione. «Dov'è adesso?» «Fuori la mia camera. È qui fuori da ore.» «Non gli hai aperto?» Mi sposto in salotto e cerco i documenti anche dei piccoli. «No. Se lo facessi sarebbe solo per fargli sbattere la testa contro.» Rido silenziosamente. «Come stai?» Le chiedo dopo qualche secondo. «Male. Non riesco ad evitare di chiedermi se in parte sia stata colpa mia.» Mi sfioro le labbra con le dita e aggrotto la fronte. Se Chase è riuscita a manipolarla a tal punto da insinuare in lei il sospetto di essere colpevole è la volta buona che lo rovino. «No, piccola. Che colpe ne hai tu se è uno stronzo lui?» Destiny dall'altro capo sospira. « Gli ho chiesto io di stare con lei e controllarla. L'ho quasi incoraggiato affinché accadesse.» Scuoto la testa ma mi rendo conto che non può vedermi. «Le hai chiesto di starle vicino perché sapevi che nessun altro al di fuori di te avesse così a cuore farlo. Èd una cosa normalissima, tesoro, credimi. Che lui poi se ne sia approfittato è da coglioni.» «Non riesco lo stesso a non sentirmi responsabile.» Me la immagino stringersi nelle spalle e incolparsi per essere stata così stupida. Se fossi lì a Seattle glielo dimostrerei a suon di baci che è l'unica a non c'entrare niente con tutto questo. «Vorrei essere lì con te per dimostrarti il contrario.» «Ti vorrei qui anch'io.» Non posso vederla ma so che sta sorridendo.
Scrocchio le dita quando Lillian compare in salotto, l'aspirapolvere in una mano ed i detersivi nell'altra. Mi guarda e attraverso il labiale le chiedo se può svegliare i piccoli ed eventualmente aiutarli a prepararsi. Annuisce e sorride, lascia ciò che ha in mano e si dirige al piano di sopra. La seguo con lo sguardo e quando sparisce dalla mia visuale torno alla telefonata con mia moglie. Non so se chiederle di Chloe a questo punto, sapere se si sono dette qualcosa, cos'ha intenzione di fare. «Sono arrabbiato con Chase tanto quanto che con Chloe.» Trattengo un sorriso. Riesce a leggermi nella mente «Sono sua sorella, e a quanto pare l'ultima persona di cui si fida se ho scoperto da Chase che erano stati a letto insieme.» La lascio sfogare. So che ne ha bisogno così rimango in silenzio. «Poteva diventare madre, cazzo! E non me lo avrebbe detto. Non subito, almeno. Non riesco a credere che me l'abbia tenuto nascosto.» Abbasso lo sguardo quando mi ritrovo Emily avvinghiata le cosce. Le bacio la fronte e la mando a lavarsi denti e viso. «Non riuscirei a perdonarglielo neanche se diventasse davvero l'uomo che dice di essere quand'è con lei.»
«Sai che è quasi impossibile chiudere con lui? Ti porterebbe allo sfinimento a suon di telefonate, piazzate a casa, fiori, messaggi e quant'altro. Non te lo renderebbe facile, e al suo posto farei lo stesso anch'io.» «Non so cosa fare.» «Vuoi un consiglio da amico o marito?» «Entrambi, tesoro.» «Da marito ti consiglio di prenderti del tempo per riflettere su cosa vuoi fare con lui. È quello che farebbe chiunque al tuo posto. Da amico, e non hai idea di quanto mi costa dirlo, proverei a capirlo. Non ad accettare ciò che ha fatto, ma a cercare la motivazione che lo ha spinto a tenertelo nascosto.» «Mi hai chiesto la separazione coniugale a causa di tutta questa faccenda e nonostante questo provi persino a metterti nei suoi panni. Sono colpita.»
«Non credere che lo difenda. Se tu sei indecisa se dargli o meno una possibilità io ho le idee chiare. Non ho alcuna intenzione di perdonarlo. Ti ho chiesto il divorzio a causa sua e di quei messaggi e, anche se vorrei addossare a lui tutte le colpe, non posso farlo perché ti ho fatto male anch'io. Se mi fossi fidato di te ti avrei evitato le settimane passate in cui non ho fatto che ignorarti e fare finta che non esistessi.» «E nonostante non avessi la certezza che non fossi stata con lui hai scelto lo stesso di restare con me.» «Ti amo, Des. L'avrei fatto in ogni caso. Tradimento o non tradimento sarei rimasto al tuo fianco. Avrei avuto bisogno di tempo per rendermene conto ma è quello che sarebbe successo.» «Mi ero ripromessa di non piangere.» Tira sul col naso ed io mi mordo le labbra per nascondere un piccolo sorriso. «Mi manchi.» ammetto, passandomi una mano tra i capelli. «Anche tu, Ry. Non hai idea di quanto.» Sorrido. Emily, Harry e Dawson mi raggiungono, vestiti e puliti. «Sei al telefono con la mamma?» Harry mi tira la maglietta verso il basso. Annuisco e gli passo il telefono. Litiga con Emily e Dawson su chi debba parlarle per primo ma alla fine ha la meglio sugli altri due. Colgo spezzoni di frase che scambia con Destiny e sorrido quando Harry ride. Destiny parla anche con Emily e Dawson i quali, coalizzatosi tra loro, mi smascherano dicendo che ho sentito a tal punto la sua mancanza che ho chiesto a loro di dormire con me. La mia virilità ne risente, ma lo maschero scuotendo la testa. Prendo il telefono quando me lo porgono. «Dormi con loro quando non ci sono?» È divertita. «Ne approfitto, tu calci durante la notte.» Ridacchia ed il mio cuore emette un sospiro di sollievo. «Non è vero!» La mia schiena è testimone di altro.» Ghigno. «Tu hai dormito?» «No, non ho chiuso occhio. Ho passato la notte a rimuginare e a leggere le lettere che mi hai scritto al liceo.» «Le hai ancora?» domando, sorpreso. Credevo le avesse buttate. «Tutte. Mi piace rileggerle e vedere che a distanza d'anni le cose tra noi non sono cambiate.»
Sorrido. «Scopiamo di meno.» «Con tre figli che ti girano per casa cosa credevi di fare?» «Provare a farne un altro?» «Stupido.» Rido. «Ho bisogno di una doccia.» accenna, sbadigliando. «Ti scrivo dopo. Ah, Des?» «Sì?» «Mangia qualcosa. Chase non si sarà dato per vinto e tu hai bisogno di forze per affrontarlo.» «Ci provo. Ti amo.» «Anch'io.» replico e riattacca. Cerco nella rubrica il numero di mio padre e lo chiamo. Gli chiedo di procurarmi un volo per Seattle e lui risponde ricordandomi che ho un aereo privato a disposizione e che sarebbe la volta buona che lo usi. Gli lascio detto l'orario e raduno i piccoli. «Dove andiamo?» Mi guardano curiosi. Infilo i passaporti nelle tasche dei jeans che ho indosso e mi chino alla loro altezza. «Torniamo a Seattle dalla mamma.»

Perché proprio lei? ? 2.0Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora