Capitolo quarantasette

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Destiny

Mi accorgo di essermi addormentata quando, tastando il letto, non trovo Ryan disteso accanto a me. Le coperte sono tirate completamente dalla mia parte quasi come non fosse mai tornato a dormire. Mi tiro sui gomiti e cerco con lo sguardo qualcosa da indossare. Recupero una maglietta di Ryan e me la infilo, attenuando la pelle d'oca cosparsa sulle mie braccia nude. Adoro indossare i suoi capi, oltre al profumo poi a rimanermi addosso è la sensazione di casa che Ryan è l'unico in grado di farmi provare. Mi alzo dal letto e mi avvio in cucina nel silenzio piacevole in cui è immersa la casa. Camera di Chase ha la porta socchiusa, segno che sta ancora dormendo. In cucina trovo Lillian alle prese con i fornelli e la ringrazio quando mi porge la tazzina del caffè che ha appena preparato per lei. «Hai visto Ryan?» le domando, mescolando lo zucchero al caffè. «Non c'era quando mi sono alzata.» sorride e pulisce il bancone con l'apposito panno. Annuisco e mi chiedo dove possa essere. «Ho trovato questa in corridoio però.» Strabuzzo leggermente gli occhi quando noto che è la sua fede quella che tra le mani, ma mi rilasso quando mi ricordo che è sua abitudine lasciarla a casa e che l'unica eccezione è stata durante l'ufficializzazione della nostra relazione. Lillian me la porge ed io la stringo tra le mani. Non ho motivo di preoccuparmi eppure ho come il presentimento che dovrei iniziare a farlo. «Neanche in Chiesa si alzano così presto.» borbotta Chase entrando in cucina con Emily aggrappata al collo e Harry sulla schiena. «Sono le dieci, Chase.» «Non ricordarmelo, biondina.» Stringe gli occhi ed Emily gli stampa un bacio sulla guancia. Lillian apparecchia anche per loro e, accertatasi che non manchi nulla, si congeda con un sorriso. «Tuo marito dov'è?» Chase si infila una manciata di cornflakes in bocca, masticandoli rumorosamente. «Agli allenamenti.» Mi sposto e faccio spazio ad Harry che si accomoda affianco a me. Chase ghigna. «Nonostante quelli extra di ieri sera?» Gli tiro un'arancia che para al volo, ridendo. «A proposito... a me concederai mai l'onore?» Le fossette gli bucano le guance quando sorride.
«Continua a sognare, Chase.» Ride e torna a fare colazione. Una notifica gli illumina lo schermo del telefono e quando controlla il display sorride come un ebete. «Ti scrivi con qualcuna?» domando, vertendo la conversazione su qualcosa che non sia sempre la mia relazione sentimentale. «Nessuna di importante.» Posa il telefono sul tavolo con lo schermo rivolto verso il basso e non mi guarda in viso mentre me lo dice. «I tuoi occhi dicono altro, Chase. E poi sei arrossito. Chi è la sfortunata? La conosco?» Insisto, assottigliando lo sguardo e accennando un sorriso. «No, e smettila di chiederlo.» risponde secco, alzandosi e posando la tazza con cui ha fatto colazione nel lavabo. «Hey, tranquillo. Chiedevo soltanto.» replico, notando il suo repentino cambio d'umore. Non era mai successo prima che se reagisse in questo mondo quando si parlava di una ragazza. Deve essere davvero importante se riesce ad avere questo effetto su di lui anche a distanza. Chase rilassa le spalle e si volta. «Mi dispiace, dolcezza. Non volevo essere brusco ma non è niente di serio, davvero.» Posa la guancia contro la mia e mi stringe da dietro. Mi appoggio contro di lui e mi lascio baciare una guancia. «Come vuoi tu.» Sorrido e mi ringrazia sottovoce. «A che ora hai il volo?» domando, controllando l'orario sull'orologio che porto al polso. «Alle tre.» mugugna, facendo le smorfie a Harry. «Posso chiedere a William di accompagnarti in aeroporto se ti serve.» «Tu non vieni?» La barba sul suo mento mi pizzica la guancia. «Ho il turno in ospedale.» Si imbroncia. «Posticipalo. Non credo che dopo averlo baciato il tuo capo ti dica qualcosa.» «Sei squallido.» Gli tiro un pizzicotto e lui ridacchia, scusandosi. «Quel bacio è diventato il mio incubo.» ammetto, sospirando. «Ed io farò in modo di essere quello di Ryan se ti lascia un'altra volta con due bambini a carico.» «Non succederà, non ne ha motivo.» O almeno, era quello che credevo.

***

«Aiutarmi non ti farà finire nei guai?» Dawson si morde l'interno delle guancia leggermente livida. Ha più segni sul corpo dell'ultima volta che ci siamo visti.
«Forse.» Accenno un sorriso che spero lo rassereni. «E sei disposta a correrne i rischi?» Annuisco. «Qualunque essi siano.» Dawson incurva leggermente le labbra in un sorriso che mi stringe il cuore in una morsa. Merita più di questo, più della vita che vive, più del mondo in cui è stato abituato a crescere. «Ma per farlo ho bisogno che tu aiuti me.» Dawson si irrigidisce, l'idea non gli piace affatto.
«Ho bisogno di sapere chi ti abbia messo in questa situazione, da quanto tempo va avanti questa storia e se ci sono altri bambini che subiscono simili violenze.»
«A lui non piace che se ne parli. » Mi appunto mentalmente che è una figura maschile quella di cui stiamo parlando e replico alla sua risposta. «E a me che vengano coinvolti bambini in situazioni da cui dovrebbero essere tenuti lontani.»
«Si arrabbierà.»
«Io lo sono adesso.»
«È una persona pericolosa.»
«Da arrabbiata lo sono anch'io.»
«Potrebbe farti del male.»
«Non ho paura se è questo di cui ti preoccupi, tesoro. È lui a doverne avere.»
«Fa del male alle persone.» Aggiunge con un tono di voce talmente basso che mi rende faticoso capire cos'abbia appena detto. Questo lo vedo. Mi mordo la lingua per non metterlo al corrente dei miei pensieri e mi abbasso all'altezza del suo viso. «E non credi sia ora che qualcuno lo fermi?» Dawson annuisce. «Se ti dico chi è, questa potrebbe essere l'ultima volta che ci vediamo.» mormora ed io rabbrividisco. Avvicino una mano al suo viso e istintivamente Dawson si ritrae. Ha paura che possa colpirlo, ed il semplice fatto che associ la parola violenza al contatto fisico mi manda in bestia. «Potrebbe essere anche l'ultima volta che vedi questa persona.»
Dawson punta le sue iridi nelle mie, mostrandomi il briciolo di speranza che le mie parole gli hanno inferto. «Me lo prometti?» La sua voce trema leggermente. «Sulla cosa più cara che ho.» Gli porgo il mignolo e lui avvicina il suo al mio. Si intrecciano ed un piccolo sorriso spunta sul suo viso. Ed è proprio la curva delle sue labbra a convincermi che posso fare molto più di quello che gli ho promesso. Voglio che conosca l'amore, l'affetto di una famiglia, il calore della casa in cui abitare ma più di ogni altra cosa che sia io a dargli tutto quello che gli è stato sottratto.

Perché proprio lei? ? 2.0Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora