Nonostante le indicazioni fornitemi dal clochard la mia ricerca, almeno inizialmente, si rivelò un buco nell'acqua. Il mio proverbiale senso dell'orientamento, pensai. Eppure sembrava facile; alla destra della fontana e sempre dritto. No, non potevo davvero essermi perso. Nel mentre mi resi conto che era giunta la notte e ancora non avevo idea di dove mi trovassi. Passò un uomo che aveva sotto braccio un sacchetto. Lo fermai.
"Mi scusi, sto cercando una grande Chiesa. Credo di essermi perso."
Il passante mi sorrise. "Ma come? Non ti sei accorto di essere nel posto giusto?"
Guardai nella direzione da lui indicata e vidi la Chiesa proprio di fronte ai miei occhi. Allora il vagabondo non mi aveva preso in giro. Tutti gli edifici erano proprio dove dovevano essere. Sembrava che le bombe e gli spari non avessero mai raggiunto quel luogo, proprio come era accaduto per quel villaggio della Romania. Avevo trovato un altro posto magico nel giro di poco tempo? Non avevo la presunzione di ritenermi così fortunato.
Tuttavia ormai era notte e tutti i negozi erano chiusi, di conseguenza la ricerca del lavoro sarebbe stata rimandata all'indomani. Inoltre, la stanchezza iniziava seriamente a farsi sentire dato che erano due notti che non dormivo. Non avrei però potuto usufruire del calore di un letto, come nel villaggio di Anastasia, ma avrei dovuto cercare un luogo di fortuna.
Camminai un bel po', ammirando al contempo lo splendore di quella misteriosa parte di Budapest che non avevo mai visto, dotata di un fascino gotico e architettonico senza precedenti. Anche la Chiesa era perfetta, così come i numerosi edifici disposti a schiera che sembravano formare un muro di cinta quadriangolare, una sorta di protezione per quel quartiere così magico.
Poco dopo, qualcosa attirò la mia attenzione. Adocchiai un'abitazione diversa dalle altre. Non era una casetta a schiera, ma isolata. Mi fermai di fronte a essa, incuriosito. Poteva sembrare assurdo, ma era come se quella casa mi avesse chiamato a sé, chiedendomi di avvicinarmi sempre di più.
Non che fosse di una bellezza tale da mozzare il fiato, eppure possedeva un fascino irresistibile. Bianca, con una lunga forma rettangolare a due piani e forse una piccola soffitta, proprio come io l'avrei desiderata. Feci un altro passo verso di essa, spinto da un istinto incontrollabile. La casa certamente era abitata e non volevo che i proprietari mi vedessero e avvertissero le forze dell'ordine per farmi arrestare, ma come ho detto, non riuscivo a resistere.
Avvicinandomi notai che l'accesso all'abitazione avveniva per tramite di una scala. Restai a fissarla a lungo prima di fare il primo passo. Salii tre scalini, poi svoltai a destra, dove la salita era coperta da due mura laterali che non lasciavano scoperto alcuno spazio. Poi svoltai a sinistra e, dal momento che era quasi buio, feci molta attenzione, facendo scalino per scalino e tenendo il muro come riferimento.
Non avevo idea di dove stessi andando o di cosa stessi facendo, ma era come se qualcuno stesse guidando i miei passi, utilizzandomi come una marionetta. Chissà, forse sarei semplicemente salito fino alla fine per poi scendere, come se nulla fosse successo. Non aveva alcun senso, ma pensai che la disperazione e la mancanza di sonno mi stessero facendo delirare.
Una volta terminata la scalinata mi ritrovai su un minuscolo pianerottolo, in cui a malapena potevano sostare due persone. Per qualche strano motivo mi tolsi lo zaino, appoggiai la schiena al muro, con la porta di ingresso a pochi centimetri. Poi accovacciai le ginocchia al petto, attanagliato da brividi di freddo. I padroni di casa, se avessero aperto le porta, mi avrebbero scoperto e lo stesso sarebbe successo se fossi rimasto lì tutta la notte. Uscendo di casa si sarebbero trovati di fronte un perfetto sconosciuto.
Poi, una lieve luce mi offuscò la vista. Socchiusi le palpebre e mi girai in direzione di essa. Alla mia sinistra, sulla parte alta della parete, c'era una piccola finestrella dalla quale filtrava una fioca luce lunare. Poco dopo, quando la mia vista si abituò all'oscurità, notai che sotto quella finestrella era situata una porticina, sicuramente una specie di scompartimento nel quale erano posti alcuni attrezzi da lavoro o di giardinaggio.
Poi, presi dallo zaino la coperta e me la misi addosso, in modo da lasciare scoperto solo il capo. Era un freddo pungente e insopportabile grazie all'inverno oramai alle porte, ma le alti parete mi riparavano un minimo dall'aria gelida. Le palpebre iniziarono a farsi sempre più pesanti e il sonno stava per sconfiggermi e io, d'altro canto, non volevo più combattere. Non mi interessava tanto essere scoperto, quanto riuscire a dormire. Tuttavia, un rumore mi fece sobbalzare, costringendomi a spalancare gli occhi. Pensai provenisse dall'abitazione e temetti che di lì a poco la porta di ingresso si sarebbe aperta, ma ciò non avvenne. Rimasi qualche istante a fissare la porta di legno, ma non accadde nulla fino a quando il fragore ricomparve e stavolta ne individuai la fonte; il rumore proveniva dalla mia sinistra, dall'interno della porticina. Rimasi impietrito, chiedendomi cosa avesse provocato quel sinistro suono, ma passarono diversi minuti e mi quietai, convincendomi che si trattasse solo di qualche attrezzo da lavoro mal posizionato, che per tale motivo era caduto.
Poi, finalmente, chiusi gli occhi e dormii.
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Sullo scalino nascosto nella notte
FantasyIl soldato Tàmas, di ritorno dalla guerra, si imbatte nella giovane Anita, la quale si nasconde ogni notte su una scalinata di una casa apparentemente abbandonata. Tàmas decide di prendersi cura di lei, fino al momento in cui inizia a rendersi cont...