Iniziò così una sorta di visita guidata e Anita mi fece da "Cicerone". Curioso com'ero, la tempestai di domande."Qui è dove si trova tuo cugino?".
"Prima di lasciarci mi aveva detto che si sarebbe fatto trovare qui. E' la nostra roccaforte, diciamo, dopo che il nostro castello è stato invaso da..."
"Dove potrebbe trovarsi?".
"Sicuramente sul confine col il Castello."
"E noi?" domandai. "Dove ci troviamo?".
Prese il medaglione, lo fece attraversare tramite il pesante vestito che, a giudicare dal caldo, la stava facendo soffrire non poco. "Guarda. Al centro c'è il Castello e dentro le linee vi sono le diciotto città di cui si compone il Regno. E noi siamo qui."
"Capisco." le dissi. Osservai bene il medaglione. Eravamo situai tra le due linee sotto il centro della medaglia.
"Sul bordo esterno della medaglia c'è il portale da dove sei passato." aggiunse. "Mio cugino e parte dell'esercito dovrebbe trovarsi qui. Stanno vicino al castello in modo da proteggere gli abitanti dall'invasione dei Suoi sgherri-"
"E noi siamo al sicuro?".
Anita annuì. "Finora non hanno mai ceduto, altrimenti non troveremmo la pace che regna in questo luogo."
Seguitammo a camminare e a ogni angolo qualcosa di nuovo e inaspettato attirava la mia attenzione; mi sentivo come un bambino che iniziava a scoprire il mondo. Attorno a noi e nei pressi delle abitazioni si stagliava la folta vegetazione, fatta di arbusti grandi e piccoli, coloriti e dalle forme più disparate. Alberi ovali, tondi, a spirali, con foglie rosse, bianche, gialle e viola. Incredibile.
"Hai detto che ci sono diciotto città attorno al Castello." - dissi. "Quanto sono grandi?".
"E se ti dicessi che solo questa Città è grande quasi quanto la tua Ungheria?"
"Direi che mi stai prendendo in giro."
Sorrise. "Ne sei proprio certo, Tàmas?".
Scossi la testa. "Oramai non sono più sicuro di nulla."
"C'è altro che vuoi sapere?".
"Si, quanti abitanti ha una singola città?"
Rifletté. "Diciamo.. all'incirca un miliardo di abitanti."
Spalancai gli occhi. "Come prego?".
"Ti sembra un numero esagerato?".
"Beh io..." biascicai, mentre nella mente varie questioni mi scombussolarono. Come si riproducono? Ma probabilmente, osservandoli, non in modo differente da noi esseri umani.
"Tieni conto" mi spiegò lei. "Che in ogni terra, tranne questa, le mi simili si mischiano con altre creature, condividendo il territorio."
"Quindi nella città in cui ci troviamo ora ci sono solo... ehm... Cherne, giusto?".
"Esatto."
Proprio in quel momento una Cherna di sesso maschile sfrecciò sopra le nostre teste, rischiando di colpirci. Presto avrei capito che per loro era tutto un gioco, fatto di feste e sorrisi e per cui non ci avrebbe mai colpito ma all'ultimo secondo si sarebbe spostato. Tutta quella euforia era contagiosa.
Poi, vidi l'entusiasmo che ciascun abitante metteva nella propria professione. C'erano fabbri, maniscalchi, armatori, venditori di ogni genere, ristoranti. Anche gli edifici che ospitavano le attività lavorative erano coloriti e fantasiosi, proprio in armonia con il loro essere. Chi effettuava consegne volando, armati solo di una cesta, chi vendeva cibo alle bancarelle, chi volava con i propri piccoli. Insomma, non amavano stare con i piedi per terra. Noi umani avremmo avuto molto da imparare da loro, pensai, ma conoscendo la mia razza dubito che i loro insegnamenti avrebbero mai potuto essere appresi.
Giungemmo nei pressi di un bacino d'acqua non molto esteso, dove alcuni giovani cercavano un po' di fresco, gettandosi in acqua, da vicino o in picchiata, muovendo le ali come forsennati, raggiungendo velocità impensabili. Si divertivano e scherzavano. Come li invidiai in quel momento.
"Questa è una delle piazzi principali." mi informò Anita, lasciandomi il tempo di godermi lo spettacolo. E credetemi, lo era per davvero. Qui però gli edifici non erano così coloriti e fantasiosi come nelle zone residenziali che avevo visto in precedenza, ma seguivano un criterio più sobrio, quasi nobiliare, ricordandomi molto i palazzi monarchici della mia Terra. Erano loro ad aver appreso questo stile architettonico o era il contrario? Giungemmo in seguito nella zona agricola e, non avendo nessun orologio con me – e d'altronde non ne vedevo, dato che Anita mi aveva spiegato come il tempo lì scorresse in modo diverso – non sapevo da quanto stessi camminando, ma mi sembrava un'infinità di tempo. Con il fiatone, vidi contadini che aravano i campi, piantavano la semina, ma non vedevo animali da allevamento. Avrei scoperto in seguito dell'esistenza di strane creature, molte delle quali costituivano il loro sostentamento, ma mucche, maiali, anatre o altri animali da cortile erano inesistenti.
"Un'altra cosa non mi è chiara." insistetti. "Come fate a capire la mia lingua? Cioè, mi rifiuto di credere che l'ungherese sia la vostra lingua madre."
"La nostra vera lingua è quasi impossibile da pronunciare per noi. Mentre i vostri idiomi per noi rappresentano... come possiamo dire... come le prime parole di un bambino. Sono talmente facili che non serve impararle."
La guardai sbigottito. "Siamo proprio anni luce da voi."
Mi diede una pacca sulla spalla. "Non essere così pessimista, state facendo progressi."
Da quando eravamo entrati in quel mondo, Anita era cambiata e non solo fisicamente. Era spigliata, simpatica e irriverente, per nulla simile alla ragazzina che avevo conosciuto.
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Sullo scalino nascosto nella notte
FantasyIl soldato Tàmas, di ritorno dalla guerra, si imbatte nella giovane Anita, la quale si nasconde ogni notte su una scalinata di una casa apparentemente abbandonata. Tàmas decide di prendersi cura di lei, fino al momento in cui inizia a rendersi cont...