Avete presente il gruppo di malintenzionati incontrati la notte in cui incontrai per la prima volta Anita?
Li avevo rivisti quella stessa mattina nella mia visione e speravo che lì restassero, ma in realtà mi stavano aspettando davanti alla bottega, dove passammo proprio in quel momento. Erano armati di spranghe e sorridevano ferocemente. Mi fermai, tendendo un braccio davanti ad Anita.
"Ti aspettavamo!" mi disse il tizio pelato.
"Come avete fatto a trovarmi?".
"Abbiamo fatto una piccola ricerca." - spiegò il ricciolino.
"Già, così la pagherai per questo." minacciò il loro capo, indicando una vistosa cicatrice sul volto. L'avevo colpito forte, ma non pensavo di averlo conciato così male.
"Stai lontana, Anita." le ingiunsi, senza distogliere lo sguardo dai malviventi.
"Stai tranquillo, non faremo nulla a lei." mi assicurò l'uomo. "Ma dovrà assistere impotente mentre ti fracassiamo tutte le ossa."
Un terrificante suono echeggiò nell'aria, interrompendo ciò che poteva tramutarsi in un guaio serio per me. Non che quello all'orizzonte non lo fosse.
"E' qui..." affermai sottovoce.
"Che è stato?" domandò il tizio calvo.
"Qualcosa di molto peggiore di voi." assicurai e, a conferma delle mie parole, la bestia comparve in lontananza, motivo per cui inizialmente gli sgherri non la videro bene.
Si manifestò come una semplice figura bianca nell'oscurità, ma quando poi si avvicinò, l'immagine divenne più nitida. Puntava me e Anita e sembrava molto arrabbiato. Io mi girai, tenendola ancora in disparte, convinto di avere un problema più serio di quattro idioti armati di spranghe. Mi preparai a scappare, ma fortunatamente gli eventi presero una piega inaspettata.
"Eh, no! Fatti da parte, mostro!" sbraitò il rossiccio capo, brandendo la spranga. "Dobbiamo sistemarlo noi!"
Forse non si rendeva bene conto di chi o cosa avesse di fronte e lo stesso valeva per i suoi scagnozzi. Dovevano essere talmente ubriachi da non capire minimamente il pericolo che correvano.
"Andiamocene." intimai ad Anita, approfittando del fatto che l'attenzione del mostro si fosse momentaneamente spostata su di loro. Lei annuì e scappammo velocemente, giusto in tempo per sentire le urla di carica degli uomini, che presto mutarono in orride grida, accompagnate presumibilmente da una cascata di sangue. Rabbrividii, ma mi feci forza e condussi Anita sempre più lontano.
Non avevo idea di dove stessimo andando, ma mi bastava correre il più lontano possibile. Forse dovevamo uscire dalla nostra zona magica, che a quanto pare non era stata in grado di fermare la furia di quell'essere. Poi, vidi la Chiesa. Stavamo per abbandonare il quartiere, inoltrandoci nel centro di Budapest, dove viveva il clochard amico di Sàndor. Girammo l'angolo dell'edificio, oramai convinti di aver seminato il mostro.
E invece era ancora lì.
Ci stava venendo incontro.
"Come ci ha trovati?" commentai, fermandomi di scatto. "E' impossibile."
"E' finita..." - affermò Anita con rassegnazione, fermandosi con le braccia sui fianchi, in segno di sconfitta.
"Non questa volta." replicai. Non ero un esperto di lotta libera, ma avevo capito l'errore commesso nel mio appartamento, dove avevo cercato di colpirlo nel punto più improbabile. Avevo l'attizzatoio e sapevo come l'avrei usato. Gli andai incontro e l'essere mi rifilò una poderosa zampata, ma essendo più agile mi abbassai e schivai il colpo, che mi avrebbe certamente staccato la testa di netto.
Approfittando del suo smarrimento gli rifilai una violenta botta sulla parte bassa della gamba con l'attizzatoio e lui prevedibilmente accusò il colpo. Le sue gambe sembravano possenti, ma avevo trovato un segno di cedimento, per cui insistetti, colpendolo nello stesso punto, obbligandolo a posare un ginocchio a testa, tra grida di dolore. A quel punto decisi che era ora di metterlo al tappeto, colpendolo sull'altra gamba e poi pieno torace.
"Crepa, mostro!".
Il mostro abbassò il capo in avanti e fu così che lo colpii dritto sotto il mento, facendolo capitombolare a terra. A quel punto la scarica di adrenalina invase ogni centimetro del mio corpo, dotandomi di una furia cieca. Infierii sul corpo dell'essere con una rabbia che risiedeva in me da chissà quale tempo e che aveva finalmente trovato il momento di sprigionare la sua potenza. Lo colpì ripetutamente in ogni parte del corpo; lui cerco di difendersi ma ben presto le urla cessarono e chiuse gli occhi, privo di sensi. Ma non mi bastava. Mirai al cranio violentemente, più volte, stringendo i denti. Ero furente, rabbioso. Odiavo quella cosa.
Poi Anita mi fermò. "Basta così, Tàmas."
La ascoltai, ma per via della foga che avevo impresso ai miei colpi rischiai di colpirla. "Devo finirlo."
"L'hai solo tramortito."
"Cosa intendi?!".
"Che non lo ucciderai così."
Restai qualche istante a studiarla, con il fiatone. "Ne sei sicura?".
Guardai la testa del mostro. Sanguinava ma il cranio non era fracassato, ma completamente intatto. Com'era possibile?
"Andiamocene, so dove andare. Conosco un posto sicuro." mi disse Anita. Diedi un ultimo sguardo al mostro, privo di sensi. Poi presi un forte respiro e gettai a terra l'attizzatoio.
"Andiamo."
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Sullo scalino nascosto nella notte
FantasyIl soldato Tàmas, di ritorno dalla guerra, si imbatte nella giovane Anita, la quale si nasconde ogni notte su una scalinata di una casa apparentemente abbandonata. Tàmas decide di prendersi cura di lei, fino al momento in cui inizia a rendersi cont...