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Quando tornai a casa che già buio da un paio d'ore. Avevo lavorato parecchie ore, dormendo solo mezz'ora nella pausa pranzo, in quanto il mio collaboratore si era dato malato – e iniziava a farlo un po' troppo spesso – e senza l'aiuto di Anita dovetti fare tutto da solo. 

Entrato in casa cercai proprio lei, ma non ero arrabbiato. La trovai seduta al tavolo della cucina, che disegnava su un piccolo quaderno. Le passai di fianco senza che nemmeno se ne accorgesse, assorta com'era nel suo lavoro. Osservai il suo stile. Mi piaceva molto e nemmeno io, che me la cavavo abbastanza con il pennello, sarei stato altrettanto bravo con i pastelli a cera. Disegnava intere città, con una precisione maniacale, tratteggiando strani personaggi dalla forma antropomorfa ma con tratti propri di animali come gatti, topi e quant'altro.

"Sei davvero molto brava." le dissi con sincerità.

"Come?!" esclamò balzando quasi dalla sedia.

"Scusa, non volevo spaventarti. Dicevo che sei molto brava a disegnare."

"E' solo passione. Come dici tu."

Osservai il paesaggio descritto nel suo disegno,fatto di strani palazzi e strade variopinte e piene di curve. "E' dove vivi tu?".

"Beh..."

"Non volevo disturbarti."

"No..." affermò, appoggiando il pastello sul quaderno. "Anzi, scusami tu se non sono venuta al lavoro oggi. Ero troppo pensierosa e non sarei stata di nessun aiuto, ma avrei dovuto avvisarti."

"Non preoccuparti." la tranquillizzai, sedendomi di fianco a lei. "Ti capisco, anche io ho avuto una giornata difficile. Però eravamo d'accordo sul fatto che mi avresti parlato se qualcosa non andava."

"Hai ragione, però..."

"Però?".

Mi lanciò uno sguardo preoccupato. "Mi sento inquieta, spaventata."

"Per cosa?".

"Non lo so... come se qualcosa di brutto stesse per succedere da un momento all'altro."

"Non accadrà." la rassicurai. "Ti proteggerò io."

Scosse la testa. "Non credo tu possa."

Girai la testa, fingendomi offeso. "Non mi credi abbastanza forte?".

"Non è per quello, ma si tratta di qualcosa di molto pericoloso."

"Sono stato per anni in guerra. Ne ho viste di cose pericolose, fidati."

Strinse le labbra. "Non come quelle che ho visto io, credimi."

"Stiamo ancora parlando di quel misterioso assassino?".

"Non è lui il vero pericolo. E' solo una sorta di tramite."

"Un tramite?".

"Si." confermo, perdendo lo sguardo nel vuoto. "Ha un compito da svolgere e farà di tutto per portarlo a termine."

"Non parliamone più. Non volevo turbarti."

"No, lui..." disse Anita, ma l'improvviso black out si portò via l'illuminazione e le sue parole, ridotte a un suono rauco.

"Tranquilla." assicurò Tàmas. "E' solo saltata la corrente."

"Ne sei proprio sicuro?".

"Sicurissimo."

Non ne ero per nulla sicuro. L'oscurità e il silenzio regnavano in tutta la stanza e presto fui assalito da forti brividi. Ero sicuro di aver messo dei fiammiferi un cassetto che si trovava all'interno di un mobile alla destra rispetto a dove ero seduto. Mi alzai con molta cautela, utilizzando la mano per toccare gli oggetti sulla mia strada ed evitare di sbattervi contro, cosa che puntualmente accadde, picchiando il ginocchio contro lo spigolo di un mobiletto basso. 

Imprecai sotto voce, trattenendo il dolore, conscio che Anita stava seduta poco distante. Arrivai al cassetto e lo aprii, ma pieno di oggetti com'era sarebbe stato affatto facile trovare i fiammiferi. Dopo parecchio tempo passato a frugare li trovai e ne accesi uno, per poi controllare che Anita, la quale era rimasta in silenzio, fosse ancora dove l'avevo lasciata.

Per fortuna era ancora lì.

Fu allora che un forte rumore mi fece raggelare. Quando riuscii a riordinare i miei pensieri, mi resi conto che proveniva dalla porta di ingresso, ma non si trattava semplicemente di qualcuno che stava bussando alla porta; era un rumore forte, ripetitivo e violento.

"Chi può essere a quest'ora?" mi domandai.

"Non andare... - mi implorò Anita, restando incollata alla sedia.

"Perché non dovrei?".

Nessuno rispose. 

Allora, incoscientemente, decisi di andare a controllare aiutato dalla debole luce del fiammifero, che faceva apparire il mio ingresso un luogo cupo e tetro. Mi mossi lentamente in direzione della porta e il battere incessante divenne sempre più forte, aumentando di intensità secondo dopo secondo. Mi fermai così davanti all'uscio, in preda a un forte terrore.

E in quel momento qualcosa mi toccò la schiena. Sobbalzai, con l'urlo che mi morì in gola. Mi girai e trovai Anita in piedi, che guardava fissa in direzione della porta. Nonostante la visibilità fosse limitata, potevo leggere nel suo volto un misto di sconcerto e rassegnazione.

"Mi ha trovata." disse a bassa voce.

"Di chi parli?" domandai, anche se in fondo conoscevo la risposta.

"Dobbiamo scappare!" gridò, ma non facemmo in tempo. L'ennesimo e violento colpo sfondò definitivamente la porta e fu allora che vidi qualcosa che avrebbe sconvolto la mia esistenza.

Un'altra volta.

Sullo scalino nascosto nella notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora