Finita la guerra, giungeva il momento di rimboccarsi le maniche e fare i conti con gli ingenti danni provocati dall'assedio di Budapest. Un altro Trattato, non troppo tempo dopo – nella specie quello di Parigi – aveva rappresentato l'ennesima sconfitta per il Paese, che perse nuovamente i territori riacquistati grazie all'alleanza con l'Asse. Oramai era chiaro come i Sovietici avessero preso il controllo della Nazione e nessuno degli abitanti dell'Ungheria sapeva cosa sarebbe accaduto loro una volta riformato il Governo.
C'erano diverse opzioni, ma nessuna sembrava palesare un miglioramento. Ci saremmo semplicemente adeguati alle regole imposte dai Sovietici? Ci sarebbe stata una rivolta popolare, una guerra civile o atti di protesta pacifici?
Pensavo semplicemente che nessuno avesse la forza di farlo.
Senza rimarcare i motivi per il quale scelsi di restare a Budapest invece di tornare in Romania e al villaggio di Anastasia, mi resi conto che, se volevo sopravvivere, dovevo darmi da fare.
Aprii il mio zaino, sapendo che non avrei trovato molto e che tutto ciò che mi aveva procurato la cara vecchietta era ormai esaurito. Un po' d'acqua e del pane secco che avrei potuto mangiare solo dopo averlo rotto a pezzettini con un martello. Non era molto, ma era tutto ciò che avevo e dovevo dosarlo bene fino a... fino a cosa?
L'unica cosa intelligente che avrei potuto fare sarebbe stato mettermi alla ricerca di un lavoro, ma la sola idea sembrava assurda, in quanto dopo quella sanguinosa guerra erano ben poche le attività rimaste aperte. Potevo sperare in lavori saltuari, magari nei campi, ma restava difficile. Non avevo tempo per auto-commiserarmi; strinsi i denti e mi feci coraggio.
Iniziai così il lungo giro per il paese, senza alcuna pretesa e contando solo su me stesso e in una insperata fortuna. Non avevo dormito la notte scorsa, ma non mi importava, il sonno era l'ultimo dei miei problemi. La visione di Budapest distrutta, il ricordo della morte dei miei genitori ancora fresco nella memoria.
No, non potevo pensare a dormire.
Decisi che sarei andato a trovarli l'indomani, ma prima dovevo cercare un posto per la notte e, magari, anche un lavoro; forse pretendevo troppo.
Tra edifici rasi al suolo e cumuli di mattoni non riconobbi nulla che potesse fare al caso mio. Vidi un gruppo di persone che scavava tra le macerie, forse alla ricerca di qualcosa o qualcuno, magari solo in preda ad atti di sciacallaggio, ma poco mi importava. Girovagai per ore e ore, senza trovare nulla. Alla fine mi rassegnai e mi sedetti sul muretto che una volta faceva da cornice a una fontana esteticamente apprezzabile, appoggiandomi le mani sul volto.
Rimasi in quella posizione a lungo, quando mi resi conto che, poco distante da me, un senzatetto seduto a terra con la schiena appoggiata al marmo mi stava fissando. Il suo sorriso a pochi denti mi inquietò ma non avevo motivo per trattare male quel poveretto, quindi gli sorrisi a mia volta. Magari voleva la carità, ma non avevo denaro e non potevo aiutarlo. Ero solo un disertore che aveva perso tutto, proprio come lui.
"Come va, figliolo?" mi chiese l'uomo, il quale doveva avere all'incirca 50 anni, indossava un cappello simile al mio, barba incolta e vestiti sgualciti, che nascondevano un vecchio gilet color verde scuro.
"Non molto bene." risposi io. "Non ho più nulla, non so dove andare. E' lo stesso anche per te?".
"Già, ma io mi trovo qui da anni, la guerra non c'entra."
"Cosa intendi?".
"Sai, avevo un'attività, ma sono stato scellerato. Cattivi investimenti, bella vita, spese folli e tutto è andato in malora. Mi sono ritrovato qui, ma credo che molti faranno la mia fine presto." sghignazzò. "Almeno avrò compagnia."
L'immagine di una povertà imminente. Quell'uomo la rappresentava. Chissà se anche lui aveva avuto una famiglia una volta. Non glielo chiesi. "Sono alla ricerca di un lavoro, ma non so da dove cominciare."
"Non è rimasto molto lavoro in questa bella città."
"Quindi mi stai dicendo che non c'è speranza."
"Non è detto. C'è un luogo, a est di Budapest, dove dicono che la vita sia proseguita anche dopo il conflitto."
"Dici davvero? E come la trovo?"
L'uomo sorrise. "Semplice. Gira a destra alla fontana e proseguì sempre dritto. Quando troverai una grande Chiesa, sarai arrivato."
"E dici che lì potrò trovare qualcosa?"
Scrollò le spalle. "Le voci dicono che tutto ciò che rimane si trovi in quella zona. Non posso aiutarti in altro modo ragazzo."
"Ha già fatto abbastanza." lo rassicurai. Poi mi alzai. "Grazie per l'aiuto."
"Figurati. Non è che avresti qualcosa per me?".
"Mi dispiace..." disse sinceramente dispiaciuto. "Non ho soldi e con me ho soltanto del pane secco."
"Andrà benissimo."
Aprii lo zaino e gli porsi due pezzi di pane, che afferrò e appoggiò di fianco a un giornale posato a terra. Non avevo idea di come avrebbe fatto a mangiarlo, specie con quei pochi denti, ma suppongo che in casi così estremi ci si adatti a tutto.
L'uomo mi guardò, questa volta serio. "Buona fortuna, ragazzo."
"Grazie. Anche a te."
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Sullo scalino nascosto nella notte
FantasiIl soldato Tàmas, di ritorno dalla guerra, si imbatte nella giovane Anita, la quale si nasconde ogni notte su una scalinata di una casa apparentemente abbandonata. Tàmas decide di prendersi cura di lei, fino al momento in cui inizia a rendersi cont...