Silenzio. Ancora quel maledetto silenzio.
Spesso lo adoravo, ma in quel momento avrei preferito sentire una voce o anche due che mi spiegassero cosa stesse succedendo. E ancora il buio. Un forte senso di nausea mi pervadeva, ma suppongo che essere sballottato da una dimensione all'altra dopo essere stato smaterializzato fosse normale.
Poi udii un suono impercettibile, che si fece più forte, unendosi a un vociare confuso, che si trasformo in un frastuono assordante al quale i miei timpani dovettero impiegare parecchio tempo ad abituarsi, così come i miei occhi, che fecero fatica ad aprirsi. Ma quando lo feci, una sola parola poté descrivere ciò che vidi.
Meraviglia.
Ora, questa è solo la testimonianza del mio fantastico viaggio e benché sia consuetudine di molti scrittori esautorare pagine e pagine di descrizioni, non voglio essere il prossimo, dal momento che il dettaglio conta ma fino a un certo punto e non amo molto descrivere. Dunque racconterò ciò che ho visto senza tediarvi il più del necessario. Per il resto, la vostra fantasia farà il resto.
La prima cosa che balzò all'occhio fu il cielo. Non era azzurro come il nostro, ma più fluorescente, con una luce quasi abbagliante. Proveniva da un sole; da due soli; da un sole più vicino? Avrei scoperto che il luogo in cui mi trovavo non era un pianeta come il nostro, ma un piccolo universo raggiungibile da diversi punti e benché io non abbia proceduto a capirne i meccanismi, mi convinsi che in un mondo popolato da creature alate e da altri strani esseri, le cose dovessero avere un che di inspiegabile e magico; e forse fu proprio per questo motivo che non volli indagare, lasciando cadere la questione nel mistero.
E il luogo in cui mi trovavo?
Non potei non notare le enormi mura in cui era avvolta quella... cos'era? Le mure di cinta che proteggevano quella che credevo una città erano altissime e a occhio nudo non riuscivo a vederne la fine. Mi girai a destra e a sinistra e le mura che si collegavano a quella alle mie spalle proteggevano quel luogo. Sembravano fatte di metallo, dato il colore quasi evanescente e brillante e se così era, dovevano essere indistruttibili. Che le avessero costruite loro o che appartenessero a un altro dei numerosi misteri di quella terra, non importava molto di fronte a ciò che vidi poco dopo.
Iniziai a camminare e girare per la strada principale del paese, tappezzata di piastrelle lisce a quadretti, che alternavano il blu al bianco, il primo del quale sostituiva il nero in quella che sembrava una scacchiera infinita.
I miei occhi furono tutti per loro, gli abitanti di quella terra.
Certo, avevo già visto Anita trasformarsi, ma vederne così tanti insieme fu uno spettacolo senza pari. Volavano sopra di me, sfrecciando in alto e in basso, raggiungendo altezze non visibili, aiutati dalle loro immense e splendide ali di colori diversi, con un bordo tracciato da una linea precisa che si sfumava in una tonalità quasi evanescente su tutto il resto di quel magnifico mezzo di volo.
E il colore era una costante in quel luogo, proprio come aveva detto Anita. In quel momento mi vennero in mente i disegni che avevo visto sul quaderno di Anita, rendendomi conto di quanto fossero realistici. I loro abiti erano coloriti e variegati, non certo raffinati come quello di Anita la quale, essendo una principessa, aveva a disposizione un vestiario più facoltoso e disparato.
Le donne indossavano tuniche la cui tinta era quasi sempre aderente a quello delle proprie ali, ma non c'era un modello unico, dal momento che le più giovani preferivano indumenti più corti e attillati, mentre salendo di età si optava per un abbigliamento ben più morigerato. Anche i maschi avevano delle tuniche, ma molte di esse arrivavano sotto il bacino, strette da una cintura, con pantaloni fatti di un materiale che pareva simile a seta. Il clima in effetti era molto caldo.
E poi, come non potere rimanere sbalorditi di fronte all'architettura di quella Terra, fatta di edifici enormi, non lineari come le abitazioni umane, ma dotate delle forme più strambe. Vidi una casa fatta a forma di vortice, con l'apice come fondamenta e l'epicentro in alto. Come era possibile che restasse in piedi, mi chiesi.
Ma quello era solo l'inizio.
Le loro case avevano le forme più disparate, alcune delle quali ricordavano vagamente dei volti, come in una in cui riconobbi le fattezze di un un essere con un grande cappello a punta, un'altra addirittura mostrava un volto femminile, magari ideato dal fidanzato o il marito. Forse, la mia fantasia vedeva oltre la realtà, ma dopo edifici fatti a forma di stella, uno addirittura strutturato su due ali giganti, mi resi conto che la fantasia era il motore di quell'incredibile luogo. Vidi una bambina che aveva un enorme scivolo sul tetto della propria abitazione, divertendosi a salire in volo per poi gettarsi lungo la discesa. Io, invece, al pensiero provai un forte brivido, oltre al fatto che la forte luce proveniente da chissà dove mi stava dando molto fastidio, anche se presto mi ci sarei abituato. Anche le forme delle finestre non erano come le nostre, lasciate all'ingegno di chi le aveva progettate e lo stesso valeva per le porte, anche se molti di essi preferivano entrare in casa direttamente dalle finestre, quasi fosse un gioco. Sembrava davvero di essere in uno dei tanti racconti che avevo letto e forse alcuni di essi erano davvero delle testimonianze.
E ora anche io ne ero testimone.
"Allora che ne dici?" domandò una voce alle mie spalle.
"Lo sai che non devi spaventarmi, Anita!" esclamai
"E tu lo sai quanto mi diverta a farlo." commentò sorridendo.
"Come ti sei conciata?" domandai, osservando i suoi strani indumenti. Indossava una specie di enorme saio marrone con un enorme e vistoso cappuccio, dal quale intravidi comunque il suo volto.
"E' meglio non farmi riconoscere." mi spiego. "Almeno per ora."
"Per quale motivo?".
"Se mi vedono potrebbero uccidermi per essere scappata, lasciando solo il mio popolo."
"E perché dovrebbero? L'hai fatto proprio per salvarli."
Scrollò le spalle, le quali sembravano troppo leggere per sostenere il peso dell'abito. "Non tutti la pensano così."
"Non capisco..."
"Devo trovare mio cugino, sempre che sia vivo. Sicuramente ha già spiegato a molti i motivi della mia partenza, ma non penso l'abbia detto tutto."
"E le tue ali?" chiesi, cambiando discorso.
"Sono rannicchiate sotto questo ingombrante vestito."
"Forte..." osservai. "E pensi che i tuoi sudditi non diranno nulla del mio arrivo."
"No, se non farai nulla di stupido. Non sei il primo umano ad aver messo piede qui."
"Quindi dici che potrei trovare qualche mio simile'".
"Probabile."
Risi. "Tutto il mondo è paese."
Anita rimase qualche istante in silenzio, poi mi sorrise. "Sei giunto Mìar, Tàmas. Benvenuto."
STAI LEGGENDO
Sullo scalino nascosto nella notte
FantasyIl soldato Tàmas, di ritorno dalla guerra, si imbatte nella giovane Anita, la quale si nasconde ogni notte su una scalinata di una casa apparentemente abbandonata. Tàmas decide di prendersi cura di lei, fino al momento in cui inizia a rendersi cont...