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Così, a festeggiamenti ultimati, Anita mi spiegò che ci saremmo recati in quello che per il suo popolo rappresentava una sorta di quartiere generale militare. Ovviamente Christopher e i soldati che l'avevano accompagnato raggiunsero la loro base al volo mentre io, non disponendo di un paio di ali, dovetti farmela a piedi e Anita, gentilmente, decise di accompagnarmi. 

In quel luogo, come ho detto, c'erano diverse specie di animali più o meno simili ai nostri, ma nulla che assomigliasse a un cavallo e d'altronde, dato che i Cherni possedevano "mezzi di trasporto" molto più rapidi e veloci, non ne avevano bisogno, per cui la razza equina non era mai stata esportata a Fià. Comunque, camminammo a lungo, forse per un paio d'ore o anche di più, e rimpiansi di non possedere anche io le ali, che mi avrebbero portato a destinazione in tempi più brevi. 

Frattanto, uno strano senso di inquietudine mi pervase. Ripensai al modo in cui alcuni di quei soldati mi avevano guardato. Forse si trattava solo dei miei vestiti, differenti e scialbi rispetto ai loro, che indossavano armature il cui colore si intonava a quello delle ali. Ma non avevano elmi, mantelli o protezioni particolari, ma solo una cintura alla quale legavano la loro spada, unitamente a stivali che nel nostro mondo sarebbero stati giudicati... come dire... bizzarri. 

Seguitavo così a camminare a fianco di Anita, la Principessa – o la regina oramai, dato che i suoi genitori erano morti – e in un certo senso mi sentivo onorato. Tutti coloro che incontravamo smettevano la propria attività per salutare o prostrarsi e Anita ricambiava la gentilezza con un inchino ancora più profondo. Quanto doveva essere noioso il lavoro della Regina, sempre sorridente, sempre teatrale. Non faceva per me.

Poi giunse il crepuscolo.

"Anche voi avete la notte?"  chiesi, stupito.

"Certo, abbiamo un ciclo diurno e notturno, proprio come voi."

"Quindi abitate in un pianeta, come noi?

"Non esattamente. Siamo una realtà slegata dall'universo che conosci, ma che ne rispetta alcune regole."

"Non capisco."

"Pensa a noi come un universo a parte." mi spiegò Anita. "Non ci sono altri pianeti, satelliti, galassie."

"Vediamo di capire. Se dici che che ogni vostra città è grande come un nostro Stato, avete un territorio più piccolo del pianeta terra."

"Già, ma come la vostra terra anche la nostra ruota però nell'arco di 30 ore; e la nostra stella rimane ferma a illuminare la porzione di territorio che gli si presenta."

"Dunque se qui è quasi notte altrove sta sorgendo la luce."

Sorrise. "Esattamente."

"Ma come è possibile? Cioè, tutte le leggi scientifiche..."

"Qui non valgono." - spiego. "Non scervellarti, Tàmas."

E io non insistetti. La testa mi stava fumando.

"Siamo quasi arrivati." mi assicurò Anita, vedendomi allo stremo delle forze. Lei, invece, non sembrava affatto stanca, chiusa nel suo lungo vestito bianco, come una giovane sposa. Forse troppo giovane.

"Troveremo una fortezza medievale?" chiesi scherzando, ma lei mi rivolse uno strano sguardo che avrei capito poco dopo.

La fortezza c'era. Eccome se c'era.

Non era solo la mia fantasia a disegnarla in tale modo; era realmente così. Non si trovava su una rocca, una cascata o una montagna sperdute. Tralaltro non v'erano rilievi montuosi a Fia ma, come avrei scoperto ne esistevano altrove. Immaginate un enorme quadrato roccioso alto decine e decine di metri, con ben sei torri, due che fiancheggiavano l'immenso portone di legno, una per ogni mura laterale e due sul retro. Non c'era che dire, erano coperti in ogni punto. Guardie erano situate sulle torre, armate di arco e frecce, stesse armi in dotazione a coloro che sorvegliavano la fortezza in volo.

"E' in una posizione strategica." spiegò Anita. "Ricordi la conformazione del medaglione? Dal centro parte con due linee strette che si allargano progressivamente. Ecco, ora siamo all'inizio delle due linee."

"Vicino al castello?" osservai e lei annuì. "Quindi... chiunque voglia entrare in Fia deve prima superare la fortezza."

Lei sorrise, mostrandosi fiera del suo Regno. "Proprio così."

Misi le mani ai fianchi e mostrai il mio stupore per una Fortezza così enorme. "Pazzesco."

Giungemmo di fronte al portone, ma non c'erano fossati con coccodrilli o ponti levatoi – come ho già detto, il fatto che le Cherne volassero avrebbe reso inutile un tale sistema di difesa – e a quel punto qualcuno sulla torre adocchiò Anita e gridò di aprire il portone. Come avesse potuto vederla da lassù restava un mistero, a meno che non avesse come potere la super-vista.

Poi, lentamente il portone si aprì. Anita fece il suo ingresso e io la seguii.

Dentro, la Fortezza sembrava se possibile ancora più immensa. Ci diede il benvenuto una enorme fontana con tre Cherni che sparavano getti d'acqua da una freccia scoccata da un arco di pietra e il liquido finiva in un altrettanto immenso bacino. Questi esseri adorano fare le cose in grande, pensai. Adocchiai dall'interno ciascuna delle sei torri, ma non ebbi il tempo di visitarle, in quanto Anita mi fece svoltare subito a sinistra; così ci inoltrammo in un chiostro con passaggi laterali coperti da enormi arcate dalle quali potevamo vedere guerrieri che si combattevano corpo a corpo con le spade, chi a terra e chi in volto, mentre altri si allenavano nel tiro con l'arco con bersagli che sembravano molto piccoli. 

Poi, giungemmo nei pressi di una scalinata nera, un po' stonante con il resto della fortezza, di un colore grigio scuro. All'inizio della salita, sui lati v'erano le statue raffiguranti una figura maschile e una femminile con la corona, forse il re e la regina, ma quelli appena morte o i primi? Smisi di pensarci nel momento in cui il fiato iniziò nuovamente a mancarmi, a causa della lunghezza eccessiva della scalinata, il cui termine portava a un lungo corridoio buio, dalle cui piccole finestre filtrava un filo di luce. 

Mi defilai per guardare attraverso esse e, soffrendo di vertigini, mi stupii di quanto fossimo in alto. Anita mi invitò a seguirla. Giungemmo così di fronte a tre ingressi ad arco, ma lei scelse quello al centro senza esitare, conoscendo a memoria quello che sembrava un vero e proprio labirinto. Ci passarono di fianco molti soldati, unici abitanti di quel luogo a quanto pare. Ancora inchini, ancora saluti.

Ero imbarazzato. Punto. 

Sullo scalino nascosto nella notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora