Come al solito non sapevo che scrivere nei miei resoconti. Il dottore mi aveva detto che erano miei personali e che nessuno li avrebbe letti ma io facevo sempre attenzione a scrivere cose neutrali e positive perché temevo che la preside o i professori l'avessero letti. Mi preparai per andare da lui anche oggi, dovevo cercare almeno all'inizio di trascorrere più tempo possibile con lui per conoscerlo meglio.
Mi misi un leggings in similpelle con un maglione largo e gli stivali bassi. Mio padre mi accompagnò di nuovo e stavolta Zielinski era in giardino che giocava col cane. Appena mi vide si rabbuiò e attaccò il cane alla sua catena. Aprì il cancello e mi aspettò appena dentro la sua proprietà.
"Salve signor Zielinski, come andiamo?" Gli chiesi sorridendo.
"Bene, non mi lamento. Vieni entriamo.." entrammo in casa e si mise seduto al tavolo come nostra abitudine. "Che fai, iniziamo o no?" Mi domandò guardando l'orologio.
"Oggi niente questionario, ho voglia di qualcosa di diverso" gli annunciai "mi porti in un posto che ama" gli chiesi avvicinandomi.
"Che amo? Meglio le domande dai, siediti.."
"No, decido io. Andiamo Zielinski, dove vuole portarmi?"
Scosse la testa, non era d'accordo e si vedeva.
"Devo portare prima Mia al parco. Vieni con me?"
"Non se ne parla. Non può portarla domani?"
"Tu non puoi tornare domani?"
"No, sono qui per una cosa seria. Le ho già detto che da questo progetto ne va della mia vita scolastica, deve essere perfetto"
"Proprio per questo devi venire con me e Mia. La perfezione non esiste, sono i piccoli momenti a darci la sensazione che tutto sia perfetto"
"Che sciocchezza, la perfezione esiste eccome" guarda i tuoi occhi, stavo per dire ma mi trattenni giusto in tempo "se prendo cento alla maturità, quella è perfezione" annuì poco deciso, come se le mie fossero solo chiacchiere.
"Vieni o no?" Si avviò verso la porta e io scossi la testa.
"L'aspetto qui"
"No. Mi vuoi conoscere? Vuoi scrivere qualcosa di vero su quel taccuino del cazzo o solo stronzate?"
"Non ho mai scritto stronzate e moderi i termini"
"Vieni e mi conoscerai davvero" alzò la voce e mi convinse, lo seguii.
Andammo in auto al parco della Rimembranza, bellissimo e pieno di persone. Tolse il guinzaglio al cane che corse via felice, poi tornò da noi scodinzolando. Saltava con le zampe su Piotr e lui le lanciava un osso per farla giocare, poi lei glielo riportava. Una delle tante volte che tornò con l'osso lo portò a me invece che a lui. Lo mise ai miei piedi e mi guardò con gli occhioni che per la prima volta potei definire dolci, la lingua penzolante e grondante di bava, le orecchie abbassate. La guardai ma non mi mossi. Dopo qualche secondo di attesa Piotr prese l'osso e glielo lanciò lontano.
"Lascia stare Mia, è tempo perso" disse riferendosi a me.*
Pensavo di smuoverla, di farla finalmente liberare da quella scopa di legno che sembra aver piantato non dico dove. Invece niente, continuava a comportarsi da principessa sul pisello, a trattare con arroganza me e Mia. Decisi che non mi sarei più sforzato di andare d'accordo con lei, tanto era tutto inutile. La assecondavo nelle sue richieste, le davo ciò che voleva senza però farle conoscere il vero me. Tanto a che sarebbe servito? A niente, ve lo dico io. Lei era qui solo per avere il cento alla maturità, non le interessava creare un rapporto almeno buono con me. E al diavolo se era sexy da morire, mi stava scadendo anche sotto quell'aspetto.
"Ora andiamo a mangiare fuori" le annunciai. Lei ne fu contenta e saltò subito nella mia auto.
"Finalmente.. ma il cane?" Domandò sgranando gli occhi disgustata.
"Ora la porto a casa"
"Ah bene.. e dove andiamo a cena?" Mi chiese prendendo il taccuino.
Ero partito con l'intenzione di portarla in un ristorantino nascosto tra le salite di Marechiaro che in pochi conoscono e che io adoro ma ora mi era passata la voglia. Non volevo più espormi con lei, non ne avevo proprio il desiderio.
"Andiamo da Terrazza Colabritto, ti va?" Le nominai uno dei ristoranti più rinomati e chic della città e lei ne fu subito entusiasta. Che superficialità, mi deluse ancora di più che con Mia.
Portai il mio Labrador a casa e andammo al ristorante, mi feci dare il tavolo con la vista sul lungomare più libera, le dissi di prendere ciò che voleva senza farsi problemi e lei annuì senza farselo ripetere due volte. Dire che era arrivista e approfittatrice era poco. Ma alla fine era meglio così, se ciò che ci andavo a perdere erano solo soldi mi andava più che bene.
"Prendo un saté di purea di patate vellutate con polipo all'insalata e ricci di mare. Grazie" disse al cameriere che appuntò tutto sul palmare. Sembrava molto più esperta di me in questo tipo di ristoranti, io non ci venivo spesso.
"Per me spaghetti ai frutti di mare, grazie"
"Da bere?" Ci chiese. Guardai Carolina che si illuminò e mi mostrò sulla carta dei vini uno Chardonney del 2007 da duecentoventi euro a bottiglia.
"Questo Chardonnay del 2007 e acqua naturale, grazie"
"Perfetto, a tra poco" si congedò e ci lasciò soli.
Fu abbastanza imbarazzante all'inizio. Io non parlavo, lei guardava il cellulare e fotografava tutto per fare le storie su Instagram. Poi, mi stupì iniziando lei un discorso senza che ci fosse quel taccuino di mezzo.
"I suoi familiari non vengono mai qui da lei?"
"Sì, soprattutto mio fratello Pawel, viene almeno un paio di volte l'anno quando non lavora"
"Ah capisco. Siete legati?" Mi domandò poggiando la guancia su una mano e ascoltandomi attentamente.
"Tantissimo. Mi manca ogni giorno" dissi a sguardo basso.
"Dai che appena può viene, non ci stia male" mi sorrise leggermente, quasi a rincuorarmi.
"Puoi darmi del tu per piacere? Mi fai sentire un vecchio"
"Non è questione di vecchio, è questione che non la conosco ed è più grande di me. E' rispetto"
"Per me il rispetto è altro, dammi il tu, te lo sto chiedendo io"
Scosse la testa come se le avessi chiesto di fare chissà quale trasgressione e continuò a fare di testa sua.
"Cos'è per lei il rispetto?" Mi chiese.
"Il rispetto sta nel modo in cui si trattano gli altri, nel modo in cui ci si pone, in cui ci si comporta.. non sta nel lei, nel voi, nel 'signore'.. il rispetto è altro"
"Mhmh" annuì e abbassò la testa, poi arrivarono le nostre portate.
Mangiammo e parlammo ancora, mi raccontò della sua scuola, che era sempre piena di compiti, che era la migliore della scuola e che ci teneva ad esserlo, che per lei la scuola era l'unico posto sicuro della sua vita e che il mondo al di fuori del suo liceo la terrorizzava. Non mi sembrò più tanto sicura a fine serata, la vidi con occhi diversi.
La riportai a casa prima di mezzanotte perché entro quell'ora doveva stare a casa.
"Grazie per la bella serata, lei non è tanto male signor Zielinski" disse nascondendo un sorriso.
"Neanche tu Carol, e potresti essere anche meglio" le dissi, lei annuì e mi salutò con la mano entrando in casa sua.Me ne tornai a casa e cercai di dormire il più possibile, nonostante avessi la testa piena di pensieri e parole.
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Atelophobia ❆ Piotr Zieliński
FanfictionAtelofobia (dal greco in greco ατελής, atelès, "imperfetto, incompleto" e φόβος, phóbos, "paura") è la paura di non essere abbastanza capaci o di essere imperfetti. L'atelofobia è classificata come un disturbo d'ansia, che influenza le relazioni per...