25- La guerra

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"Ti sei calmato?"
"Sono calmissimo e lo sono sempre stato"
"Mercoledì non lo eri per niente. E' successo qualcosa a lavoro?"
Scossi la testa guardandola male, davvero credeva di poter fare la mia amica del cuore ora?
"Non sei la mia psicologa"
"Si ma anche meno eh, quest'acidità lasciala da parte"
"Fatti gli affari tuoi e vedrai che non sono acido"
"Volevo solo aiutarti.. ti ho chiesto del lavoro perché ho visto le tue statistiche e.."
Le mie statistiche? Questa è pazza davvero.
"Cosa?"
"Sono pietose Piotr. Un centrocampista d'attacco come te che in venticinque partite ha fatto solo quattro gol e un assist.." parlò nel suo italiano perfetto mettendo ancora più distanza tra di noi.
"Ma da quando in qua capisci di calcio tu? Torna a leggere I promessi sposi e non mi rompere le palle che ho altro a cui pensare"
"Piotr, per piacere. Lo faccio per te, voglio che ti impegni di più così da riuscire meglio nel tuo lavoro"
Poteva sembrare così, poteva sembrare che fosse in buona fede, che volesse spronarmi. Ma io sapevo che non era affatto così, lo leggevo nei suoi occhi.
"Non sono il modello di studio perfetto che volevi, vero? Non ho fatto tutti i gol che secondo i tuoi calcoli avrei dovuto fare, non sono stato perfetto. E tu questo non lo puoi proprio tollerare.."
"Lo sto dicendo per te Piotr, seriamente" si toccò i capelli nervosamente e abbassò lo sguardo.
"No, tu non fai niente per gli altri, tu vuoi che io sia la tua cavia perfetta, vuoi che io ti faccia risplendere, che ti faccia ricevere i complimenti dei tuoi insegnanti, del dottore, della preside. Ma sai una cosa Carolina.." scosse la testa e io mi avvicinai di più a lei puntellandole il mio indice sul petto più volte "non sono perfetto, eccomi.." allargai le braccia mostrandomi a lei "sono questo, un centrocampista incompiuto che nasconde le sue debolezze dietro gli occhi di ghiaccio e mia cara, non sarai certo tu, per i tuoi interessi, a cambiarmi. Mi dispiace"
"Lo sapevo, con te non si può parlare. Sei troppo permaloso e non capisci ciò che voglio dirti"
"Forse non sono intelligente quanto te per questo non ti capisco"
"Beh sì, può essere" prese dalla sua borsa il taccuino e si mise seduta al tavolo del salone "iniziamo?" chiese mettendosi gli occhiali.
"No, ho un impegno"
"Piotr, dai, ora stai esagerando"
"Parlo seriamente, ho un appuntamento con Dries. Mi sono dimenticato di dirtelo"
"Vengo con voi, di sicuro non me ne vado a casa" si rimise in piedi e posò il taccuino.
"Come vuoi" alzai le spalle e presi le chiavi dell'auto.
"Che dovete fare?"
"Tra poco lo vedi" risposi e lei sbuffò.
Passai a prendere Dries e ci avviammo verso un paese verso il casertano.
"Dries, puoi dirmi dove siamo diretti?"
"Non glielo dire" risposi e il mio compagno di squadra rise e fece segno di no a Carolina.
Dopo una ventina di minuti arrivammo e parcheggiammo.
"Cosa sarebbe questo?" disse con un'espressione disgustata "mi si rovineranno le scarpe" sbuffò.
"Te ne compri un altro paio" risposi io senza guardarla.
Entrammo in quella specie di campo e lei subito si attaccò a me.
"Sono tutti legati, vero?"
"Purtroppo sono tutti in gabbia" disse Dries.
"Perché venite qui?"
Il canile in cui io e Dries ci recavamo ogni mese era enorme e ospitava quasi duemila cani.
"Per dare una mano" dissi io accarezzandone uno attraverso la recinsione.
"Venite spesso?"
"Ogni mese"
"Aiutate con i soldi?" Ci chiese prendendo per l'ennesima volta il taccuino.
Avevo perso il conto delle volte che mi aveva deluso, ma questa volte più di tutte le altre volte. Prima che Dries potesse rispondere, lo feci io.
"Può sembrarti strano ma non siamo tutti superficiali come te, non abbiamo solo soldi da offrire. Veniamo qui, li curiamo, diamo loro del cibo, ci giochiamo. Offriamo loro il nostro tempo e sì, se ti interessa scriverlo, anche i nostri soldi. Ma ti assicuro che è la cosa meno importante" dissi e la vidi mortificarsi.
"Veniamo qui perché ci fa piacere aiutarli, questo intende dire Piotr" Dries cercò di addolcire ciò che avevo detto e mi diede anche una gomitata, ma ero incazzato e nemmeno me ne accorsi.
"Io credo che i proprietari badino più ai vostri soldi che alle carezze e al tempo" rispose lei, fissandomi negli occhi come a sfidarmi.
"Se sono come te, sicuramente" dissi e la lasciai con Dries.

*

Orami il nostro era un rapporto di guerra. Facevamo di tutto per ferirci a vicenda nonostante tutto ciò che avevamo condiviso negli scorsi due mesi.
"Sono solo realista"
"Sei perfida, non realista"
"Tu vivi nel mondo dei sogni Piotr, svegliati e ti accorgerai che siamo in un mondo di squali pronti a divorarci se non divoriamo noi loro"
"Può essere, soprattutto se il mondo è fatto di gente come te" rispose.
"Svegliati e cresci" sputai acida.
"Va bene ragazzi, ora basta eh.." il belga ci divise e smettemmo di dirci cattiverie gratuite. Almeno per qualche secondo.
"La smetto perché con gente come lei è meglio non averci a che fare. L'avevo capito dalla prima volta che ti ho incontrata, da come trattavi me e Mia.."
"Che vuoi dire?"
"Una persona che non ama gli animali non può essere una brava persona"
"Non sai niente di me, non ti azzardare a giudicarmi"
"Dico solo quello che ho visto per come ti ho conosciuta"
"Ragazzi, ora basta davvero. Andiamo a casa?"
"Sì è meglio" disse Piotr e da solo si avviò verso la sua auto con la testa bassa e le mani in tasca.
Accompagnò prima Dries e poi me. Durante il tragitto non dicemmo una parola, quando scesi dalla sua auto non ci salutammo nemmeno. Sgommò via senza darmi nemmeno il tempo di girarmi dietro.
Appena entrai a casa, senza mangiare né fare altro, corsi in camera mia e mi misi a studiare. Lo studio era come un calmante per me, mi permetteva di tenere il cervello occupato e non pensare. Da poco ero diventata anche capitana della squadra di scacchi della nostra scuola e mi stavo impegnando per portare la squadra di pallavolo in finale della lega studentesca.
Qualsiasi cosa pur di non pensare.
Con Stefano le cose proseguivano bene, mi sembrava più attento a me e alle mie necessità.
"Stasera sei bellissima, che hai fatto ai capelli?"
"Li ho fatti mossi, non avevo tempo di stirarmeli"
"Sei stupenda" ripeté.
Non voglio dire che i suoi complimenti mi dispiacevano ma non mi facevano sentire meglio, mi erano indifferenti. Più passavano i giorni, più mi sentivo triste e malinconica e iniziai a permettergli di toccarmi come voleva. Volevo solo riempire i vuoti, annebbiare la mente, smettere di pensare.
Aveva ragione Piotr, ero banale e superficiale e mi vergognavo da morire di me stessa ma senza di lui ero entrata in un vortice e non riuscivo ad uscirne.

Atelophobia ❆ Piotr ZielińskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora