8- L'allenamento

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Quella mattina mi passò a prendere alle nove precise, come da accordi. Salii nella sua Porsche nera e sfrecciammo verso Castelvolturno. Ero abbastanza agitata e forse lo notò.
"Come si chiamava quella canzone che hai cantato ieri sera? Mi piaceva" mi domandò guardando fisso la strada davanti a noi.
"Oggi sono io di Alex Britti, è la mia preferita in assoluto"
"Bella davvero.. anzi.." prese il suo cellulare e me lo passò "mettila su Spotify che la riascoltiamo"
Rimasi col cellulare tra le mani, immobile.
"Il codice è 20 06 60, sbloccalo e metti l'app" disse.
"Non voglio sapere le tue cose, sbloccalo tu" glielo passai e lui rise piano.
"Non ho nulla da nascondere e il codice te l'ho già detto, sbloccalo"
"Se insisti.." lo sbloccai e misi Spotify cercando la canzone di Britti. "Cosa significa questo codice?" Ero curiosa di sapere qualsiasi cosa lo riguardasse.
"La data di nascita di mia madre" rispose guardandomi per un istante con un sorriso dolce sulle labbra.
"Ah bello.." mi colpì quella cosa, non me lo aspettavo. Erano tante le cose di lui che non mi aspettavo, mi stava sorprendendo molto.
"Alza la voce.." mi chiese quando partì la canzone e io lo feci. Appena arrivò la mia parte preferita iniziai a cantarla usando il mio pugno chiuso come microfono e girandomi spesso verso di lui che mi guardava divertito.
"Come vorrei poter parlare senza preoccuparmi, senza quella sensazione che non mi fa dire che mi piaci per davvero, anche se non te l'ho detto.." mi fermai quando si tolse la sciarpa per il caldo scoprendo il collo chiarissimo. Ebbi come una pugnalata, smisi immediatamente di cantare e deglutii rumorosamente. C'era una macchia rossastra sulla parte bassa del collo che il giorno prima non aveva, ne ero sicura perché l'avevo visto senza maglia e me lo ricordavo benissimo, non potevo dimenticare quell'immagine che anzi era impressa nella mia mente indelebilmente. Il problema non era tanto che stanotte era stato con chissà chi, che pure mi turbava e non poco, il problema per me era che mi aveva deluso.
"Cos'hai sul collo?" Gli chiesi dopo qualche secondo. La canzone scorreva in sottofondo ma ormai non ci facevo più caso.
"Dove?" Si toccò ma non capì a che mi riferivo perché al tatto non c'era niente di strano.
"Una macchia rossa.. un succhiotto" dissi con un filo di voce, in imbarazzo. Diventò subito paonazzo, si rimise la sciarpa e disse che non era niente.
Scossi la testa e lui si accorse che me l'ero presa a male.
"Non eri quello del 'non credo al sesso senza amore'? Stanotte per caso ti sei innamorato e non lo so?" Gli chiesi innervosita.
"Ho detto che non preferisco il sesso senza amore, ma quando non ho alternative me lo faccio bastare"
"Hai l'alternativa di fare da solo" sputai, vergognandomene subito. Scosse di nuovo la testa e fece una risatina ironica.
"Non puoi capire" disse.
"Capisco, capisco eccome.. sei come tutti gli altri" incrociai le braccia in disappunto.
"Non è questa la questione, la questione è che sono uomo e devo in qualche modo far fronte ai miei bisogni fisiologici"
"Che paroloni.. non sei un cane, non devi per forza farlo"
"Invece sì, devo. Conosco il mio corpo e so che se non mi sfogo dopo un po' divento intrattabile e con il lavoro poi.."
"Non ti sfoghi? Ma che schifo è, Piotr? Sono allibita"
"Pensa ciò che vuoi ma non puoi capire, ma poi perché ti scandalizzi tanto, cosa pensavi che stessi facendo ieri quando sei venuta da me?"
"Non lo so io.. pensavo fosse davvero un'amica" risposi, accorgendomi di essere davvero stupida e ingenua.
"Sei solo una ragazzina"
"Sarò anche una ragazzina ma se dico di avere dei valori poi mi dimostro coerente con essi, non vado con il primo che capita"
"Clara non è la prima che capita, la conosco da parecchio e onestamente non mi va di essere giudicato da te per una cosa che so di aver bisogno di fare"
Clara.. già mi stava antipatica a pelle.
"Non ti sto giudicando, sto solo dicendo che non sei coerente"
"Pensala come vuoi, ma io so che non è così" rispose guardandomi negli occhi dato che eravamo appena arrivati e aveva parcheggiato. Annuii per chiudere il discorso e uscimmo dall'auto. Mi guardai nel riflesso della carrozzeria lucida della Porsche e mi vidi ridicola. Piotr era qualche passo avanti a me che mi aspettava.
"Piotr.." lo chiamai e si voltò distogliendo lo sguardo dal cellulare che aveva tra le mani.
"Dimmi" rispose.
"Sto bene così o sono fuori luogo?" Gli domandai. Mi guardò da capo a piedi, si prese più tempo del dovuto, temetti che mi dicesse che ero orrenda e ridicola. Mi sentii sotto osservazione, i suoi occhi addosso mi facevano venire i brividi, mi piaceva avere le sue attenzioni. Poi salì fino ai miei occhi e guardandomi dritto nelle pupille annuì.
"Sei perfetta" disse solo, e mi dimenticai dei litigi, della delusione e di tutto il resto del mondo.

*

"Sto bene così o sono fuori luogo?" Mi domandò passandosi una mano sulla gonna in velluto per lisciarla. In auto avevo visto che aveva una gonna leggermente più corta del solito, avevo visto il maglioncino a costine a collo alto che le aderiva perfettamente addosso, avevo visto tutto ma non avevo potuto soffermarmi bene per non sembrare un maniaco. Ora me l'aveva chiesto e potevo farlo, quindi lo feci per bene. La guardai attentamente, la scrutai. Le sue gambe lunghe e snelle si imboscavano sotto la gonna in velluto nera che arrivava a metà coscia e che le disegnava una vita stretta e fianchi pronunciati. Il lupetto a costine sottili beige le donava particolarmente accentuando le sue curve mozzafiato. I capelli, oggi lisci come la seta, le scendevano fino ai fianchi e il frontino le donava un'aria da studentessa maledettamente sensuale. Mi dovetti concentrare per non fare pensieri perversi sul suo corpo o peggio ancora sulle sue labbra appena colorate con un lucido rosato.
"Sei perfetta" risposi, temendo di aver esagerato ma poi sorrise e arrossì. Mi ringraziò e disse che ero troppo gentile. Non risposi e insieme ci avviammo verso l'entrata del centro sportivo. Ero ancora in imbarazzo per la storia del succhiotto e nonostante lei non fosse nessuno per farmi ramanzine sull'argomento, era l'ultima persona che volevo se ne accorgesse. Mi sforzavo di essere un bravo ragazzo con lei, perché fondamentalmente lo ero, ma avevo anche io i miei vizi e i miei bisogni che di sicuro non andavo a raccontare a lei. La cosa che mi aveva colpito di più era il suo sguardo deluso alla vista di quella macchia sul mio collo. Ero dispiaciuto che mi avesse giudicato male ed ero deciso a non farlo capitare più. Ci tenevo alla sua opinione, soprattutto ora che stavamo legando.
"Maronna mia, guarda chi ci ha portato Zielinski!" Disgraziatamente Insigne fu il primo a vederci e ad accoglierci. Mi salutò con un abbraccio e lo stesso fece con Carolina, presentandosi. Lei sembrò spiazzata da quella confidenza, quasi impaurita.
"Piacere, io sono Carolina Crescenzini e sono qui col signor Zielinski" disse chiamandomi così di nuovo dopo tanto tempo che non lo faceva.
"Che pezzo di ragazza Zielì, non ce l'avevi detto, come mai?" Mi domandò malizioso.
Carol mi guardò attendendo la mia risposta e io non sapevo che inventarmi.
"Ti ho detto quello che dovevi sapere, il resto non ti deve interessare" risposi giusto in tempo perché poi arrivarono Arek e tutti gli altri ragazzi. La presentai a tutti e poi anche al mister e allo staff tecnico. La feci accomodare a bordo campo su una panchina. Lei si mise lì e iniziò a scrivere sul solito taccuino. Ogni tanto la guardavo, lei invece guardava solo me senza farsi distrarre da altro. Mi piaceva che fosse lì per me, mi dava una carica ancora maggior del normale. Esultò ad un mio gol in partitella, mi urlò 'Bravo!' battendo le mani e facendo ridere tutti. Si rimise seduta e sorrise in imbarazzo. Alla fine la raggiunsi e la ringraziai del supporto.
Ci seguii fino agli spogliatoi dove la accostò Arek.
"Stasera vado a cena da Piotr, ci sei?" Le chiese. Lei abbassò un attimo lo sguardo e poi mi cercò con la coda dell'occhio scuotendo la testa. Non l'avevo ancora invitata, sperai che non si fosse offesa.
"Sì dai resta anche tu" le chiesi ma di nuovo scosse la testa.
"Devo studiare per forza, non posso più rimandare" rispose e nonostante sia io che Arek ci offrimmo di aiutarla con lo studio se fosse venuta con noi, rifiutò sempre dicendo che non poteva concentrarsi a dovere con noi due scemi. Mi promise che la prossima volta ci sarebbe stata e dopo essermi fatto la doccia ed essermi cambiato tornammo da me dove pranzammo e poi continuammo con le domande del progetto. Verso le cinque la riaccompagnai a casa.

Atelophobia ❆ Piotr ZielińskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora