10- Il mediocre

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Avevo appena finito gli allenamenti mattutini quando il cellulare iniziò a squillarmi in tasca. Era una chiamata in entrata da parte di un numero anonimo, risposi dopo qualche squillo.
"Chi è?"
"Ciao Piotr.. sono Carolina.."
"Carolina? Cioè davvero mi hai chiamato con l'anonimo?"
"Sì ma ora non è importante questo"
"E cosa?"
"Potresti passare a prendermi a scuola? Da me non c'è nessuno e mi annoio da sola. Sto con te così ci anticipiamo pure il lavoro"
"Va bene, pranziamo fuori va bene? A casa non ho nulla devo fare la spesa"
"Se per te non è un problema.."
"Non lo è"
"Va bene allora ti mando la mia posizione"
"Sì via email.."
"Senti, il mio numero non lo do a chiunque, quindi non mi rompere. Scriviti l'indirizzo su google maps e vienimi a prendere"
Mi aveva davvero trattato così? Ero sconcertato, sembravamo tornati come all'inizio non mi piacque per niente.
"Dici"
"Liceo Sannazzaro, tutto attaccato con due enne e due zeta"
"Ok, tredici minuti e sono da te" staccai la telefonata senza nemmeno aspettare la sua risposta. Ci ero rimasto male per quel chiunque, non mi sentivo una persona importante per lei anche perché ci conoscevamo da poco ma nemmeno uno chiunque. Evidentemente mi sbagliavo e non avevo capito niente fino ad oggi.
All'una e un quarto preciso ero fuori il suo liceo, lei mi vide da lontano, salutò le sue amiche e venne verso di me lentamente quasi come a mostrarmi a loro. Mi salutò urlando quasi il mio nome e salì nella mia auto come se avesse la moviola. Mi innervosii ancora di più, non mi piaceva essere usato.
"Finita la sfilata?" Le chiesi quando entrò e si mise comoda.
"Scusa hai ragione, ma quelle mi stanno proprio antipatiche e che c'è di male nel farle soffrire un po'?" Mi spiegò con l'aria dolce, addolcendo anche me.
"E io le farei soffrire?"
"Scherzi? Sei un calciatore, hai quest'auto magnifica e costosa, sei bello e soprattutto appartieni a me. Certo che le fa soffrire" spiegò sempre più soddisfatta.
"Quindi non sono più uno chiunque in questo caso?"
Sbuffò e si avvicinò a me con il viso.
"Non sei uno chiunque e mai lo sarai, ma il mio ragazzo è geloso non posso darti il mio numero" disse.
"Però parliamo con le email, che cambia?"
"Vuol dire che non useremo nemmeno più quelle" incrociò le braccia guardando dritto davanti a lei.
"Fai tutto tu come al solito"
"Basta litigare ho già avuto una giornata schifosa, vorrei stare bene almeno con te, per piacere" mi supplicò con gli occhi tristi e il labbro inferiore tremante.
"Perché schifosa?" Le domandai e iniziò a parlare come un fiume in piena.
Mi disse che era stata interrogata in latino e che aveva preso nove ma che non era il voto a cui lei ambiva, voleva almeno un nove e mezzo disse. Mi spiegò che la professoressa di matematica le aveva assegnato quattro capitoli da studiare a casa senza neanche spiegare, che aveva organizzato l'assemblea del suo istituto per domani e che era un periodo stressante.
"Sono stanchissima e siamo solo a lunedì" sbuffò passandosi le mani sul viso.
Le appoggiai una mano su un ginocchio coperto da un leggings nero elasticizzato.
"Ora ti porto a mangiare e ti passa tutto, promesso" dissi, lei annuì e per la prima volta non si allontanò al mio tocco. Fui io a tirare via la mano per non esagerare ma se avessi potuto l'avrei lasciata lì senza dubbio. Mi voltai un attimo verso di lei che dopo qualche secondo saltò letteralmente dal sediolino mettendosi le mani in faccia.
"Non mi guardare per piacere, oggi sono orrenda" disse. Mi venne da ridere per la sua insicurezza e per la stronzata che aveva appena detto.
"Ma stai zitta, naturale sei ancora più bella" le accarezzai il viso guardandola negli occhi che non abbassò dall'imbarazzo ma tenne fissi nei miei.
"Sembro una di un istituto tecnico, guardami" si indicò mettendosi in ginocchio sul suo sedile e allargando le braccia.
"Ti ho guardata già bene e stai benissimo. Se sono tutte così le ragazze del tecnico presentamele che un pensierino ce lo faccio volentieri"
"Sei proprio un cretino, davvero" mi tirò uno schiaffo dietro la testa e scese dall'auto offesa.

*

Ci sedemmo al tavolino del Mc Donald's di piazza municipio e prendemmo due menù grandi con doppie patatine.
"Non pensavo ti piacesse qui" mi disse una volta seduti.
"Perché no?"
"Non lo so, tu sei più chic.. più da Chardonnay e ricci di mare" rispose col sorriso riferendosi alla nostra prima cena.
"Infatti non ho mai mangiato qui, qualche volta però mi sono fatta portare a casa le loro cose, le schifezze ogni tanto mi piacciono"
"Anche a me piacciono, di ogni genere" disse quella frase con un tono di voce che mi fece accapponare la pelle, fu come un messaggio subliminale, come se avesse voluto dirmi qualcos'altro. Forse mia mamma aveva ragione, forse dovevo essere più spinta con lui. Ma non ci riuscivo, non era proprio da me. Stavo con Stefano da più di sei mesi e non volevo che mi toccasse, quando mi baciava non vedevo l'ora che la smettesse e odiavo restare da sola con lui. Figuriamoci se mi mettevo a provarci con uno perfetto come Piotr, con uno grande e famoso come lui. Devo dire però, che anche lui mi stava mandando diversi messaggi per farmi capire che ero di suo gradimento. Mi diceva sempre che ero bella, che ero perfetta, voleva il mio numero, mi aveva fatto conoscere i suoi amici. Non so se era così con tutte o se magari stavo fraintendendo ma io un interesse da parte sua lo vedevo.
"Hai parlato col tuo ragazzo?"
"Di cosa dovrei parlargli?"
"Del fatto che non lo vuoi"
Scoppiai a ridere.
"E chi lo avrebbe detto?"
"Tu, hai detto che non sei sicura di ciò che provi per lui"
"Esatto, non ho detto che non lo voglio più"
"Se non sei sicura vuol dire che non lo vuoi"
"Non è sempre così"
"Secondo me sì"
"È invece ti dico di no" riabbattei. Ci fu silenzio, poi strinse gli occhi e si sporse verso di me.
"Sei sicura di volerti diplomare col cento?"
"Certo, sicurissima ma che c'.."
"Sei sicura di voler fare la dottoressa?"
"Al cento per cento" risposi ma non capivo a che voleva arrivare.
"Sei sicura di non volermi dare il tuo numero?"
"Sì e ti ho anche spiegato il mot.." mi interruppe e continuò.
"Sei sicura di voler stare col tuo ragazzo?"
"No perché ultimamente mi stanno succedendo delle cose che nemmeno io riesco ben a decifrare e che quindi.." mi fermò di nuovo ma stavolta mettendomi due dita sulle labbra e premendo leggermente.
"Se devi trovare scuse e giustificazioni vuol dire che non lo vuoi"
"È complicato, lascia stare" incrociò le braccia e annuì, poi tornò ad avvicinarsi a me.
"Invece tuo padre che ha contro di lui?"
"Mio padre non mi impedisce di stare con lui finché è una cosa tra di noi, diciamo. Non vuole che diventi una cosa ufficiale.."
"E perché?"
"Perché non lo reputa alla mia altezza"
"Perché?"
"Non lo so per tante cose. Tipo fa economia all'università di Caserta che è una facoltà che ha la nomea di raccogliere gli scarti di tutte le altre facoltà a numero chiuso, più prestigiose. Poi non so, non è di buona famiglia come me, non si è fatto una posizione nel mondo del lavoro, non è nessuno e secondo mio padre mai lo sarà. Lo chiama il mediocre"
"Wow, bel caratterino papà eh.." si interruppe e poi continuò dopo qualche secondo "anche io se avessi una figlia femmina vorrei il meglio per lei ma non può impedirti di amare qualcuno perché non è del tuo livello sociale. Per fortuna tu a quello non lo ami, quindi il problema non si pone" disse diretto, colpendo nel segno.
"Non ne sai niente tu, possiamo cambiare discorso?"
"Come vuoi" fece un'alzata di spalle e mangiò tutto il suo panino. Alla fine del pranzo andammo da lui e visto che c'era il sole ci mettemmo un po' in giardino a bordo piscina.
"Piotr però per piacere la puoi legare? Ho paura lo sai" dissi riferendomi al suo cane enorme che era sdraiato ai piedi della sua sedia.
"Ma non ti fa niente, lasciala stare per fatti suoi"
"Non ci riesco, mi viene l'ansia, attaccala per favore"
"Si va bene un attimo" si alzò sospirando e legò l'animale alla sua catena. Più tardi entrammo dentro e iniziammo a lavorare al progetto. Stemmo insieme fino alle sette e mezza, poi mi riaccompagnò a casa.
Pensai e ripensai tutta la serata alle parole di mia mamma. Dovevo davvero farmi avanti? Dovevo davvero dargli il mio numero e provarci con lui? Pensai anche alle parole di Piotr su Stefano. Era vero che non lo volevo più? Cosa avrei dovuto fare? Ero intasata di pensieri e non chiusi occhio fino alle tre quando poi crollai esausta.

Atelophobia ❆ Piotr ZielińskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora