42- L'esame

628 48 14
                                    

L'ansia mi assalì dalle prime ore del mattino. Pensai di chiamare Piotr ma poi cambiai idea perché non volli sembrare la solita pazza da manicomio. Iniziai a ripetere tutto il programma di tutte le materie alle sei del mattino e alle nove, quando Piotr passò a prendermi, ero pronta per andare a scuola. Ero la terza del secondo gruppo che sarebbe stato esaminato oggi, quindi il mio turno sarebbe arrivato più o meno sotto mezzogiorno.
"Sei tranquilla?" Mi domandò mentre ci avviavamo verso la scuola.
"Per niente, ma quando inizierò a parlare mi calmerò, faccio sempre così"
"Okay.. andrà tutto bene, sei la migliore"
"Lo so" annuii cercando di riacquistare un minimo della mia proverbiale sicurezza almeno nell'ambito scolastico. Parcheggiammo e scendemmo dall'auto.
"Sto bene?" Mi indicai e lui mi guardò con un sorriso dolce.
"Stai benissimo" disse. Feci un respiro profondo e andammo verso l'aula.
Avevo messo un pantalone nero a zampa con una camicetta bianca e una giacca, un tacco doppio e non troppo alto, capelli sciolti e trucco appena accennato.
"Sei la più bella, non c'è nessuno come te" continuava a ripetermi lui. Ormai aveva capito come ero fatta, aveva capito che avevo bisogno di continue rassicurazioni, avevo bisogno di nascondere la mia insicurezza dietro la perfezione. Se tutto fosse stato perfetto, nessuno si sarebbe accorto delle mie insicurezze.
Entrai in aula, Piotr si mise seduto accanto a me, ogni tanto mi stringeva il ginocchio senza dare troppo nell'occhio, ogni tanto mi incoraggiava a stare calma. Poco prima di mezzogiorno arrivarono i miei genitori e Martina, una ragazza che avevo conosciuto da poco ma con cui avevo molte cose in comune.
"Crescenzini Carolina, è il suo turno" mi sentii chiamare e subito mi alzai in piedi raggiungendo la giuria. Mi fecero presentare e poi iniziai a parlare del mio argomento. Mi chiesero perché avevo scelto proprio questo tema: 'La perfezione' dissero, è un'utopia, una situazione irraggiungibile e mi chiesero di spiegare le mie motivazioni. Partii parlando delle sculture del rinascimento italiano, della perfezione degli uomini e delle donne rappresentate da Donatello e da tutti gli altri, toccai argomenti come l'universo e la perfezione con cui si muove e ci permette la vita e terminai con l'organismo degli esseri umani. Poi introdussi Piotr. Parlai di come una persona che non può essere definita perfetta, se messa in un contesto o in situazioni a lui gradite può dare il meglio di sé sfiorando la perfezione. Parlai del nostro progetto, spiegai le motivazioni, lessi dal mio taccuino i passi salienti dei nostri sei mesi insieme. Chiesero a Piotr cosa fosse per lui la perfezione e un po' mi spaventai sapendo come la pensava, per lui la perfezione non esisteva e non volevo che disconoscesse la mia tesi. Ma non lo fece e anzi, mi stupì. Si girò verso di me e rispose.
"La perfezione per me è vedere Carolina alzarsi ogni giorno con un obiettivo prefissato in testa da raggiungere e studiare giorno e notte per farcela, la perfezione sta nel modo in cui ci applichiamo per far sì che una cosa si avveri. La perfezione sta nella tenacia, nella voglia di fare, di conoscere, di stupire. La perfezione secondo me, possiamo raggiungerla tutti, nonostante la nostra imperfezione" spiegò come se fosse un novello filosofo tra i consensi dei professori. Lo ringraziai e tornarono a farmi domande sul mio tema. Parlai delle poesie foneticamente e tecnicamente perfette, di D'Annunzio e la sua ossessione per la perfezione. Parlai della matematica che guida la nostra vita con regole perfette e poi parlai dell'uomo inteso come persona che, pur essendo imperfetto di natura, poteva raggiungere una perfezione relativa. Furono tutti d'accordo con me, e decisero di farmi domande aggiuntive sul resto del programma. Domande a cui risposi sempre con precisione e completezza.
"Per me va bene così" esordì il presidente di commissione.
"Anche per me" e poi "anche per me va bene" e ancora "va bene così". Furono tutti d'accordo, il mio esame era finito. Il primo ad alzarsi e applaudire fu lo stesso presidente, seguito dal resto della giuria e poi anche Piotr, la preside, i miei genitori e gli altri presenti. Mi fecero tutti i complimenti e ci fecero uscire per discutere sul voto finale.
Mi sentii finalmente libera, urlai dalla gioia, saltai addosso a Piotr che fu lesto a schivare un mio bacio che avevo dimenticato di non potergli dare. Tornammo a casa mia e festeggiammo con le lasagne di mia madre. I miei genitori mi regalarono un collier con una pergamena come simbolo del diploma e un pandora associato.
La sera poi, io e Piotr andammo a cena fuori e per la prima volta mi portò a ballare con lui. In città faceva caldo, ballammo attaccati l'uno all'altro come se ci dessimo refrigerio ma era l'esatto contrario: eravamo fuoco e benzina e non riuscivamo a staccarci.
"Ti amo" le sue labbra si schiusero lentamente, riuscii a leggere distintamente quell'affermazione e per poco non scoppiai a piangere. "Sono orgoglioso di te e lo sarò per sempre, ti amo Carol, davvero".

Atelophobia ❆ Piotr ZielińskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora