28- La città eterna

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Suo padre mi venne a prendere a casa preciso come un orologio svizzero, Carolina era seduta dietro e mi rivolse un semplice saluto che ricambiai. Ci accompagnò alla stazione e mi riempì di raccomandazioni su sua figlia.
"Mi raccomando Piotr, tienila d'occhio che non è abituata a stare lontana da casa"
"Si stia tranquillo, è solo un giorno"
"Lo so però tu promettimi che starai attento"
"Promesso dottore.. a domani" scendemmo dall'auto e ci avviamo verso il nostro treno.
"Mio padre è sempre esagerato"
"Sei l'unica che ha, è comprensibile"
"Sì, beh, non posso stare con lui per sempre però.."
Annuii alle sue parole senza dire altro. Salimmo nel treno e ci sedemmo ai nostri posti. Eravamo uno di fronte all'altra e notavo il suo imbarazzo evidente. Provò un paio di volte a dire qualcosa ma poi non lo fece. Io mi misi le cuffie e guardai una serie tv sul mio Ipad, lei si addormentò. La svegliai quando arrivammo e chiamai un taxi per farci portare al nostro hotel.
"A che ora è la conferenza?" Le domandai mentre eravamo seduti nel taxi.
"Alle sei oggi pomeriggio e poi domani mattina alle nove"
"Okay. Ci vediamo alle cinque nella hall?" Chiesi.
"Non andiamo in giro? Volevo vedere il Colosseo, Fontana di Trevi, il Pantheon.." disse con aria triste.
"Mhmh" annuii annoiato "ci vediamo alle undici allora, ci facciamo un giro e pranziamo fuori. Va bene?"
"Sì perfetto" sorrise leggermente e si mise i capelli dietro le orecchie.
"A dopo allora" mi voltai per andare in camera mia ma mi prese un braccio e me lo strinse forte, facendomi voltare.
Ci guardammo negli occhi qualche secondo, poi lei parlò.
"Mi dispiace" mormorò "di tutto" concluse con lo sguardo più sincero che le avessi mai visto.
"Anche a me dispiace che pensi cose così viscide di me. A dopo" risposi e me ne andai in camera mia.
Cercai di rilassarmi un po', spensi le luci, chiusi le tende e provai a riposare ma senza risultati. Non facevo altro che sperare che arrivassero presto le undici per rivederla. Ero deluso da lei e dal suo comportamento ma la volevo, era l'unico mio desiderio. Volevo stare con lei, passare le ore insieme, andare in giro. Ero strano e ne ero consapevole ma non volevo trattenere i miei sentimenti e non essere me stesso. Scesi nella hall alle undici meno un quarto e lei era già lì: mi sorrise appena mi vide, era bellissima. Si era cambiata d'abiti, ora aveva un dolcevita beige e un pantalone stretto nero con degli anfibi. Appena mi vide si alzò e si mise il cappotto.
"Mi sono anticipata un po'.." mi disse.
"Anche io" sorrisi "andiamo? Abbiamo tanto da vedere"
"Sì andiamo"
Mi affiancò e ci incamminammo subito verso il centro della città. Ci fotografammo al Colosseo in tutte le pose più buffe possibili, facemmo giri sui calesse trainati da cavalli, foto con finti gladiatori. Esprimemmo desideri a Fontana di Trevi, ammirammo la maestosità di piazza San Pietro. Alle due, in enorme ritardo, ci fermammo in una trattoria che affacciava proprio sul centro della città e ordinammo le specialità della casa. Nell'attesa tra il primo e il secondo piatto rimise in mezzo l'argomento della sua amica.
"Sono stata una stupida ad accusarti di quelle cose.. mi dispiace davvero" esordì.
"L'ho capito che sei dispiaciuta, ti chiedo solo una cosa per un eventuale prossima volta: accertati che le cose di cui mi accusi siano vere senza fare inutili scenate"
"Lo so e Piotr, io non sono mai stata così. Non ho mai usato quei termini volgari, non ho mai alzato la voce con nessuno.. è solo che con te.." si fermò e si spostò nervosamente i capelli dal viso.
"Con me?"
"Non te lo so spiegare.. sono gelosa, ho paura di quelle che ti girano attorno, ho paura delle ragazze che potresti frequentare. Ho come una morbosità con te, voglio sapere tutto, tenere tutto sotto controllo.." si fermò un attimo e abbassò lo sguardo "e non so il perché.."
"Io e te non stiamo insieme e tu sei fidanzata" risposi.
"Non me ne importa niente di Stefano, niente Piotr. Non lo penso mai, non mi manca, non immagino niente con lui"
"Però ci stai insieme Carol, sei tu in difetto non io"
"Tu non sei stato con nessuna in questi mesi?"
"Ma che c'entra questo? Nelle settimane che siamo stati davvero insieme no, pensavo e desideravo solo te e credimi, ho dovuto lottare con il mio corpo per non dartelo a vedere ma ti immaginavo in qualunque modo e non parlo solo del sesso. Da quando ci siamo allontanati sono stato solo con Clara ma anche lei si è accorta che avevo la testa altrove e abbiamo deciso di non vederci più" le feci la cronaca delle mie disavventure romantiche e lei si rabbuiò subito.
"Non la sopporto quella, poteva baciarti e toccarti quando io a stento potevo rivolgerti la parola" incrociò le braccia e mise il broncio.
"Non è colpa sua. Io e te avevamo deciso di allontanarci e lo sai.."
"Certo che lo so, e so anche che sono una cretina"
"Perché?"
"Perché Piotr.." si fermò e raccolse le idee, stava per continuare quando qualcuno si intromise.
"Ecco a voi il conto" il cameriere arrivò con lo scontrino e la interruppe.
"Sì grazie" lo pagai e vidi Carolina saltare letteralmente dalla sedia.
"Dobbiamo andare, sono le quattro e mi devo ancora preparare" spiegò alzandosi e mettendosi il cappotto. Non continuammo il discorso, semplicemente non ne parlammo più. Tornammo in hotel e ci preparammo per la conferenza.

*

Alla conferenza ci fecero domande di ogni genere, ci chiesero se andassimo d'accordo, se avevamo imparato qualcosa l'uno dall'altra, se avremmo ripetuto quest'esperienza. Come sempre Piotr fu di poche parole, ma quelle che usò, furono sempre decise e pertinenti. Si disse felice ed orgoglioso del nostro percorso, raccontò che non era stato facile all'inizio conciliare i nostri caratteri e i nostri stili di vita, spiegò che però da persone intelligenti quali siamo ci eravamo sforzati di trovare dei punti in comune e di lavorare su quelli. In un paio di circostanze lodò la mia caparbietà e la mia diligenza, in altri momenti mi guardò con uno sguardo quasi orgoglioso. Poi quando toccò a me, mi chiesero se ora seguivo il calcio e cosa ne pensavo. Spiegai, facendoli ridere, che seguivo Piotr più che il calcio, ma che sì, effettivamente mi ero molto avvicinata al mondo del pallone grazie a quel progetto. Dissi che avevo rivalutato i calciatori e tutto il mondo calcistico, che prima avevo dei pregiudizi che ora grazie a Piotr e alla sua semplicità avevo superato.
La conferenza fu un successo, ci ringraziarono e si complimentarono per essere stati così disponibili. Uscimmo dal centro congressi alle otto passate e Piotr mi propose di andare ancora in giro invece che tornare in hotel. Non me lo feci ripetere due volte e accettai.
"Roma di notte è più bella" disse mentre camminavamo per le vie larghe e costellate di storia. Ovunque ci girassimo c'erano testimonianze di epoche passate. Ci facemmo altre foto, girammo in vespa fino a piazza di Spagna e poi a piazza Navona. Cenammo a lume di candela in un ristorante con vista sul Colosseo che gli aveva consigliato un suo compagno di Nazionale. Fu tutto squisito e stupendo, a partire da lui. Parlammo di tutto, ridemmo, scherzammo, tornammo seri e poi ridemmo ancora. Averlo di fronte a me, occhi negli occhi, mi trascinava in un altro mondo e mi sentivo come se avessi tutto ciò che mi serviva per essere felice. Dopo il ristorante camminammo ancora per la città, senza meta, senza motivo. Volevamo solo stare insieme. quando si fece mezzanotte tornammo in hotel e lui mi accompagnò fuori la mia camera. Mi abbracciò e ci demmo la buonanotte. Se ne andò e io crollai tra le lacrime. Non potevo rinunciare a lui, non potevo rinunciare all'unica persona che mi aveva dato la felicità da diciassette anni a questa parte. Mi sistemai, mi sciacquai la faccia e uscii dalla mia camera per andare da lui. Quando uscii lo trovai seduto a terra fuori la mia camera. Rimasi senza parole, lui guardava me, io guardavo lui. Si alzò e in imbarazzo si bagnò le labbra prima di parlare.
"Non riuscivo a dormire.."
"Nemmeno io"
Silenzio. Solo rumori di cuori impazziti e respiri pesanti.
"E non volevo che questa serata finisse.." continuò.
"Nemmeno io" ripetei.
"Cosa stavi dicendo a pranzo?" Chiese palesemente nervoso.
"Che sono una cretina.."
"Perché lo sei?"
"Perché ti avevo per me e non ho saputo meritarti"
"Stronzate"
"No, sono stata una cretina, ho buttato tutto all'aria e ho distrutto quel poco di buono che stavamo costruendo e io mi sento male se solo ci penso perché Piotr, tu sei l'unica persona che per me vale davvero la pena di.." non mi fece terminare la frase, fu una frazione di secondo, me lo ritrovai attaccato alle mie labbra.
"Shhh ora basta" mi sussurrò sulle labbra e mi baciò così appassionatamente che sentii il suo calore fino a dentro il cuore. Entrammo nella mia camera e ci chiudemmo la porta alle spalle. Passammo la notte a baciarci e a dirci cose dolci, aggrovigliati come se non volessimo lasciarci mai più.
"I giorni senza di te mi sembravano infiniti, non facevo che pensarti e avrei voluto solo abbracciarti e dirti che ti rivolevo con me" mi disse accarezzandomi i capelli.
"Perché non me l'hai detto?"
"Perché mi dicesti che stavi andando male a scuola per colpa mia, perché eri tornata con quel coglione, perché mi sentivo deluso"
"Anche io non facevo che pensare a te, in continuazione. Sono tornata con Stefano per non pensare a te, per distrarmi ma è stato inutile" spiegai. Mi baciò la fronte e mi strinse ancora di più a lui.
"Ora non ci pensiamo più, siamo qui e non faremo gli stessi errori della prima volta"
"Nessun errore, te lo prometto" gli baciai le labbra e ci addormentammo abbracciati.

Atelophobia ❆ Piotr ZielińskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora