"L'hai lasciato?"
"Ho dovuto, è andato a casa mia e mia mamma gliel'ha detto"
"Meglio così, no? Cioè se non volevi stare più con lui, era giusto che lui lo sapesse"
"Sì" annuii sbuffando alle parole della mia nuova coinquilina, Jaqueline. In realtà la storia con Piotr era molto più complicata, e non era esattamente vero che non lo volevo più, anzi. Ancora adesso ero combattuta dentro di me, ancora adesso sentivo la sua mancanza ma sapevo che per volare con le mie ali dovevo allontanarmi da tutto ciò che mi teneva legata ad un posto. Volevo essere libera di vivere questa esperienza di studio all'estero al massimo possibile, di provare tutto ciò che c'era da provare e per farlo non volevo dare conto a qualcuno che mi aspettava a mille chilometri di distanza. Non era da me e poi stare così lontana da lui mi avrebbe solo mandata in crisi. Avrei sofferto di gelosia morbosa, lo avrei stancato talmente tanto con le mie fissazioni che alla fine mi avrebbe lasciata lui, quindi ci ho solo evitato perdite di tempo inutili.
Ero qui già da qualche settimana e mi stavo ambientando. L'università mi sembrava ottima, i compagni di corso anche. La vita qui era molto diversa da quella che facevo a Napoli; non avevo cameriere, non avevo privilegi, qui ero una delle tante e nonostante non ci fossi abituata, iniziava a piacermi. Potevo comportarmi come più volevo, non dovevo avere paura di mancare di rispetto a mio padre o a mia madre, dovevo solo essere me stessa.
"Stasera andiamo alla festa di Cedric? Dai ti prego" congiunse le mani e si sporse verso di me restando sul suo letto parallelo al mio.
"Non mi piacciono queste feste, per poco l'ultima volta un tizio non mi vomitava addosso" feci un'espressione disgustata e lei sbuffò sonoramente.
"Questa non è una festa come le altre e Cedric non è uno studente come gli altri" iniziò a spiegare, facendo la voce sempre più maliziosa.
"Perché chi è?"
"Il più figo ed intelligente dell'Università. È una festa esclusiva, ci si entra solo su invito" ammiccò ancora e poi diede un gridolino di gioia.
"Su invito? Sembra quasi il festival di Cannes" dissi con aria scocciata.
"Diciamo che è il festival di Cannes della Sorbona"
"Mh.. e come mai noi saremmo tra le invitate? Nemmeno lo conosciamo" mi alzai dal letto e presi il libro di letteratura francese che dovevo studiare.
"Noi a lui no, ma a quanto pare lui a noi sì" diede ancora un urlo e mi mostrò l'sms con cui questo fantomatico Cedric ci aveva invitate. La stanza 120, così ci aveva chiamate, era la benvenuta a questa festa che si sarebbe tenuta in una villa di sua proprietà poco fuori al Campus.
"Allora ci andiamo?"
"Non lo so.."
"Dai Carol, per piacere" mi pregò ancora e decisi di accettare solo per accontentarla.
"Va bene ma torniamo presto che domani alle dieci ho lezione"
"Siiiii" urlò e mi abbracciò "massimo alle tre rientriamo, te lo prometto"
Passammo le due ore successive a decidere cosa mettere e come truccarci. Alla fine lei optò per un vestitino di cotone a metà coscia e con le mezze maniche con dei tacchi alti, io invece preferii un pantaloncino a vita alta in cotone nero con una canotta e una giacca sopra. Misi anche io i tacchi e alle dieci, come da invito, ci presentammo a quella festa. La musica si sentiva già dal vialetto ma non era eccessiva. La porta era chiusa e non c'era nessuno fuori al giardino. Bussammo e ci aprì una ragazza dai capelli rossi e ricci, con un anellino tra le narici e la matita nera che le disegnava degli occhi da cerbiatta magnetici.
"Stanza?"
"120" disse subito Jaqueline e la rossa dopo aver controllato la lista e aver trovato la nostra stanza, ci fece entrare.
C'erano ragazzi già in ogni posto del salone che era grande e che era stato preparato per accogliere gli invitati. Prendemmo subito dello ginger e seguii la mia coinquilina che salutava chiunque conoscesse anche solo di vista. Le persone continuavano a venire ma non c'era caos, tutto era perfettamente organizzato. Bevvi un bicchiere di birra e mi misi a parlare con dei ragazzi sui divanetti. Non mi accorsi nemmeno delle ore che passarono, erano le due inoltrate e non avevo ancora voglia di scappare via.
"Vuoi andare?" Mi chiese Jaqueline alle due e trentacinque.
"No, restiamo ancora un po'" annuì d'accordo con me e continuò a parlare con un ragazzo seduto accanto a lei.
"Domani hai lezione?" Una voce dalle mie spalle mi fece sobbalzare. Aveva parlato in italiano ma con un forte accento francese. Mi voltai e mi trovai di fronte un ragazzone di quasi un metro e novanta coi capelli rasati e la pelle scura. Aveva una camicia nera casual su dei jeans scuri e le mani in tasca.
"Sì, alle dieci"
"E che ci fai ancora qui? Non hai paura di non svegliarti poi domani?" Mi chiese, sempre in italiano.
"Come fai a sapere che sono italiana?"
"Si vede" mi spostò i capelli dalle spalle e mi guardò da capo a piedi.
"Da cosa?"
"Ho vissuto un anno in Italia, a Venezia, riconosco le italiane"
"Ho capito.. piacere comunque, io sono Carolina" allungai la mano verso di lui che me la strinse.
"Cedric, piacere"
"Oh quel Cedric? Il proprietario di casa?"
"Mhmh" annuì "ti va di fare un giro?"
"Dove?"
"In giardino, fuori. Qui non riesco a parlare bene, c'è troppa gente" si avvicinò leggermente a me e alzò di un tono la voce.
"Va bene" risposi e prima di allontanarmi dissi a Jaqueline dove poteva trovarmi nel caso mi cercasse. Cedric mi fece strada fino al giardino sul retro e portò con sé una birra e una Coca-Cola.
"Ti piace Parigi?"
"Come potrebbe non piacermi?"
"Potrebbe visto che vieni da Napoli"
"Napoli è bella ma Parigi è Parigi"
"Sono due città molto diverse però, o no?"
"Sicuramente, Parigi è una metropoli, mi piace molto"
"Capisco.."
"Che ne sai che sono di Napoli?"
"Mi avevano detto che era arrivata una napoletana e appena ho sentito il tuo accento l'ho capito"
"Sei un investigatore, buono a sapersi"
"Sì, più o meno sì" rise mostrandomi la sua dentatura perfetta e poi fece tintinnare le nostre bottiglie di vetro prima di fare un sorso con la sua birra.
"Chi ti dice che non volevo anche io la birra?"
"Se la vuoi dentro c'è, te la vado a prendere"
"Mi hai preso la Coca-Cola però.."
"Beh sarebbe stato abbastanza fraintendibile se a quest'ora avessi portato una ragazza da sola in giardino e le avessi offerto una birra, sapendo che ne hai già bevute"
"Solo un paio di bicchieri"
"Ti ripeto, se vuoi te la vado a prendere"
"No, no.." abbassai lo sguardo "va bene così"
"Vedi? So già tutto di te" accavallò le gambe e mi guardò serio.
"È una cosa abbastanza inquietante, devo preoccuparmi?"
"Le ragazze qui di solito si preoccupano se non mi interesso a loro, non se lo faccio"
"Io non ti conosco, non mi fido di uno sconosciuto" dissi. Rispose annuendo e alzando l'angolo delle labbra in un mezzo sorriso.
"Ora non sono più uno sconosciuto, o sbaglio?"
"Un quasi scono.." non riuscii a terminare la frase che Jaqueline mi interruppe.
"Carol andiamo? Sono le tre e mezza poi domani non ci svegliamo" disse tutto d'un fiato accorgendosi troppo tardi che ero impegnata con Cedric "oppure restiamo un altro po', okay, si dai. Ci vediamo dopo" terminò voltandosi e provando ad allontanarsi.
"No Jaque, andiamo che è tardi e poi questo tizio ha qualcosa di inquietante" mi alzai e la seguii con la risata di Cedric in sottofondo.
"Che fai napoletana, scappi?"
"Non scappo"
"Puoi scappare e anche nasconderti, ma ormai non hai scampo" disse alzandosi, con lo sguardo più serio e deciso che avessi mai visto sul viso di un ragazzo.
"Ciao Cedric, ci vediamo in giro" lo salutai agitando la mano e me ne andai a casa.
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Atelophobia ❆ Piotr Zieliński
FanfictionAtelofobia (dal greco in greco ατελής, atelès, "imperfetto, incompleto" e φόβος, phóbos, "paura") è la paura di non essere abbastanza capaci o di essere imperfetti. L'atelofobia è classificata come un disturbo d'ansia, che influenza le relazioni per...