12- L'invito

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Era di nuovo sabato, ed ero di nuovo nervosa. Ieri con Piotr eravamo andati a correre insieme perché lui doveva farlo e mi costrinse ad andare con lui. Parlammo molto della sua infanzia in Polonia, dei suoi amici, della sua famiglia. A fine corsa, erano le sette passate, mi fece sentire le nostre voci registrate sul suo iPhone. Rimasi di sasso, lui scoppiò a ridere e mi prese in giro. Mi chiese di nuovo il numero per inviarmi la registrazione su whatsapp e rendermi più facile la scrittura sul mio taccuino. Gli dissi di no una decina di volte, insisté il doppio delle volte. Alla fine me lo feci inviare via mail nonostante le sue lamentele. Ormai la mia era una sfida più che altro, non era vero che il mio ragazzo era geloso, neanche lo sapeva. Volevo solo vedere Piotr supplicarmi di darglielo e prenderlo in giro. Mi piaceva sentirmi l'oggetto dei suoi desideri anche se magari per lui era solo un gioco.
Mi svegliai alle otto per studiare, avevo capitoli su capitoli di storia; versioni di latino e greco, sistemi di algebra che mi attendevano sulla scrivania ma tergiversavo e rimandavo in continuazione. Verso le dieci iniziai e a mezzo giorno smisi. Pranzai e poi Stefano venne a prendere per andare in giro.
"Che ne dici se una di queste domeniche vieni da me a pranzo con la mia famiglia?"
"Con la tua famiglia?" Mi fermai nel mezzo della strada, mi sorrise e mi strattonò verso di lui.
"Ti ho spaventata?"
"No, spaventata no.. ma.. lo sai che in questo periodo ho tanto da fare con la scuola.." abbassai lo sguardo e risposi.
"Lo so, infatti non voglio rubarti tempo, però magari invece di andare in giro così solo io e te, vieni a casa"
"Non lo so, ma quando poi?"
"Non questa settimana, non voglio affrettare le cose.. tra un paio di settimane.." si fermò e guardò il suo cellulare "facciamo il tre febbraio, va bene?"
Oggi era diciotto di gennaio, quindi tra quindici giorni. L'ansia mi assalì, non ero psicologicamente pronta ad una cosa del genere ma non glielo dissi.
"Mhmh.. va bene" annuii e cambiammo argomento. Prima di riaccompagnarmi mi chiese di restare da soli ma gli dissi che avevo ancora molto da studiare e che dovevo assolutamente tornare a casa, così, sbuffando mi riaccompagnò.
La domenica la passai a letto fingendo malesseri che non avevo, l'unico malessere in me era la mia ansia costante. L'unica cosa che feci fu guardare Napoli - Parma che finì in goleada per noi e il primo dei quattro gol fu segnato da Piotr. Urlai come una pazza al suo gol e ripresi le forze che per tutta la giornata mi erano mancate. Pensai di mandargli un'email ma poi non lo feci per non disturbarlo. Andai a dormire presto, mi svegliai alle sei mezz'ora prima che suonasse la sveglia. Mi preparai e andai a scuola con anticipo.
"Quando ce lo porti il tuo calciatore?" Roberta, la compagna di classe più invidiosa ed antipatica che avevo, mi avvicinò con aria amichevole.
"Non è in programma che voi lo conosciate, stiamo bene da soli al momento" le feci il sorriso più falso che seppi fare e lei con uno scatto girò le spalle e senza rispondere andò a mettersi al suo posto.
Alla terza e quarta ora avevo il compito di algebra e nonostante avessi studiato e sapevo fare le espressioni, iniziai a sudare quando entrò la professoressa in classe. Ci diede i nostri compiti da svolgere, spiegò qualche minuto il da farsi e si sedette alla scrivania a leggere il Mattino. Io ero al primo banco e lei era proprio di fronte a me. Guardai i sistemi algebrici e mi dissi che sarebbe stata una passeggiata, poi alzai lo sguardo e mi ritrovai Piotr di fronte. Quasi saltai dalla mia sedia e fortunatamente era solo la sua immagine su un giornale cittadino. Rimasi a guardarlo qualche secondo, poi tornai al mio compito ma mi successe una cosa strana che ancora adesso non so spiegare: i numeri si accalcarono, si offuscarono, si annebbiarono. Non ricordavo più come svolgere gli esercizi, non ricordavo nessuna regola. Chiusi gli occhi per concentrarmi ma non cambiò niente. Iniziai a scrivere e cancellare, scrivevo e cancellavo ogni numero, ogni rigo. Questo mi aiutò perché mano a mano le cose mi vennero in mente. Consegnai alla professoressa giusto un minuto prima della fine delle sue due ore.
Presi la borsa e scappai da Piotr.

*

Ci mettemmo sul divano, ormai era la terza settimana di progetto e eravamo entrati in confidenza.
"Parlami del tuo primo anno in Italia.. ad Udine, giusto?" Mi chiese aprendo il taccuino.
"Sì esatto.. di Udine ho bellissimi ricordi, mi hanno accolto tutti molto bene nonostante fossi molto timido e non capissi una lettera d'italiano. Però lì sono nate amicizie che.." mi interruppi quando la guardai e mi accorsi che non stava scrivendo nulla anzi, pensava a tutt'altro. Guardava nel nulla e si mangiucchiava il tappo della sua Bic nera.
"Carol.. tutto bene?" La scossi e lei tornò in sé.
"Sì tutto apposto, scusa. Oggi è stata un'altra giornata nera e non solo oggi.."
"Giornata impegnativa a scuola?"
"Anche, sì" annuì con aria stanca.
"E cos'altro oltre la scuola?"
"Stefano.." disse solo e incrociò i miei occhi tenendosi il labbro inferiore tra i denti.
"Che vuole?"
"Farmi conoscere la sua famiglia"
"Ah bello, una cosa importante.." le sorrisi per non darle a capire cose sbagliate, non volevo che pensasse che volevo che lo lasciasse.
"Sì sicuramente ma.. non lo so.." scosse la testa e sbuffò buttandosi con le spalle contro la spalliera del divano.
"È un passo che prima o poi dovevate fare, no? Altrimenti perché stareste insieme?"
"Sì lo so, solo che.." si interruppe di nuovo ma poi continuò "cosa dico a mio padre, di che parlerò con i suoi genitori.. cioè siamo così diversi.."
"Tutti siamo diversi ma te la caverai, non è niente di impossibile"
"Non mi piace cavarmela, è un verbo che non mi si addice. Voglio che sia perfetto"
"Allora sforzati per farlo essere" alzai le spalle, non la capivo.
"Sì lo so solo che ho così tanto da studiare, da ripetere.. e poi non sono pronta" disse, finalmente onesta.
"Allora digli di no, facile"
"Gli ho già detto sì" rispose.
"Allora digli che hai cambiato idea"
"Ma come faccio, mi sento uno schifo" piagnucolò con le mani sul viso e io la tirai a me.
"Ti fa brutto dirglielo?"
"Certo che sì"
"Allora vacci. Le opzioni sono queste. Ma poi quando devi andarci?"
"Il tre di febbraio, tra quindici giorni ha già organizzato tutto" piagnucolò di nuovo.
"Ah che peccato, c'è Napoli - Juve altrimenti dicevi che avevi da fare con me" a quella frase saltò come se si fosse seduta su un pungiglione.
"A che ora?"
"Alle otto e mezza"
"A chi posso chiedere per avere tre biglietti? Mio padre voleva prenderli" si mise i capelli dietro le orecchie e mi guardò fisso.
"Te li procuro io, tranquilla"
"Okay poi mi dici l'importo e ti do i soldi"
Risi.
"L'importo lo so già"
"Cioè?"
"Zero, siete miei ospiti"
"Ma non intendevo questo Piotr, lo sai.."
"Siete miei ospiti e basta"
"Va bene grazie. E non c'è un modo per sottrarmi dal pranzo? Che so un tour di Castelvolturno o cose così.."
"Potrei farlo" annuii "però non ti cambierebbe molto, la settimana dopo o prima dovrai comunque andarci a pranzo da lui"
"Quella dopo.. sì facciamo così.. almeno guadagno tempo" sorrise, sembrò di nuovo lei.
"Come vuoi"
"Ora continuiamo o si fa tardi.."
Ci intrattenemmo su quel divano tra domande, risate e prese in giro fino alle otto poi la riaccompagnai a casa.
Quando stavo con lei poi mi sentivo sempre bene, come se fosse una terapia per me. Certo ultimamente mi parlava sempre più spesso del suo stupido ragazzo e non nego che mi infastidiva ma non potevo aspettarmi altro. Negli ultimi tempi mi piaceva ancora di più ma sapevo che era una fissa mia che dovevo farmi passare e che non mi avrebbe portato da nessuna parte.
Eravamo solo un progetto, lei la studentessa e io il caso di studio e questo saremmo stati per sempre.

Atelophobia ❆ Piotr ZielińskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora