32- Le paure

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Fortunatamente non la portai con me a Londra perché fu una trasferta disastrosa. Dopo mezz'ora eravamo già sotto di due gol e ciò che peggiorò ancora di più la situazione fu che non giocammo praticamente mai il nostro calcio.
"Come va?" Si appoggiò sul mio petto e iniziò a disegnarmi dei cerchietti sull'addome lasciandomi dei bacetti leggeri.
"Potrebbe andare meglio.."
"C'è sempre il ritorno, no?"
"Sicuramente, ma ieri ho fatto schifo" dissi onesto. Era stata una delle mie partite più brutte degli ultimi anni.
"Non solo tu ma tutta la squadra" rispose alzando lo sguardo verso di me e facendomi ridere.
"Dovresti incoraggiarmi, dirmi: 'Ma no amore, non è andata così male..' ; non confermare che faccio schifo"
"Tesoro sono sincera, ieri non hai dato il meglio di te, così come tutta la squadra. Ma sono sicura che vi riprenderete presto, già dalla prossima"
"Beh per forza" le baciai la fronte e mettemmo una serie tv.
Dopo una decina di minuti si alzò dal divano.
"Vado un attimo in bagno, torno subito" mi baciò le labbra e le diedi un leggero schiaffo sul sedere.
"Okay" annuii e lei si allontanò.
Stavo rispondendo ai messaggi di mio fratello su whatsapp quando un urlo mi fece sobbalzare.
"Piotr, aiuto, ti prego aiutami!" Sentii. Saltai in piedi e raggiunsi di corsa Carolina.
"Piotr ti prego prenditela, prenditela! Portala via, per piacere!" Era appiattita contro il muro del bagno, tremava, aveva il pantalone ancora slacciato e gli occhi fissi su Mia che ricambiava lo sguardo scodinzolando con la lingua penzolante.
"Mia, vieni via" mi bastò chiamarla una volta per portarla fuori da quella stanza.
Quando ritornai nel bagno si era sistemata ma era ancora tremolante e rossa di paura.
"Va tutto bene?" Le chiesi quando uscii superando i e tornando in salone.
"Ti ho detto mille volte che la devi legare quando ci sono io, ti devo scrivere una raccomandata per fartelo capire?" Mi disse alzando la voce.
"Me ne sono dimenticato, mi dispiace. Ma l'hai vista anche tu, non è aggressiva, vuole solo giocare"
"Non me ne importa niente Piotr, la devi legare quando sono qui. Okay?"
"Sì ho capito, prima o poi però questa paura devi fartela passare, Mia fa parte della mia famiglia e sarà per sempre così"
"Non posso farmela passare, non la comando io" disse con gli occhi fissi nei miei.
"Stai piangendo?" Mi avvicinai di più e mi inginocchiai ai piedi del divano "perché stai piangendo?"
"Perché tu non capisci, non puoi capire.."
"Se me lo spieghi magari capisco.." le asciugai il viso e mi misi seduto accanto a lei "non abbiamo segreti io e te, no?" Scosse la testa e tirò su col naso.
"Non mi piacciono i cani non perché sono disamorata o senza cuore.."
"Non lo penso, sai che quando l'ho detto ero arrabbiato"
"Lo so, ma so anche che può davvero sembrare così. Invece non è la verità"
"Lo so. E qual è la verità?" annuii, immaginavo ci fosse qualche altro problema alla base di quella sua paura e speravo stesse per raccontarmelo.
"Quando avevo quattro anni, il Rottweiler di un vicino di mia nonna che era scappato dal loro giardino mi azzannò la coscia.." tirò di nuovo su col naso e si alzò in piedi "qui" si abbassò leggermente il pantalone e mi mostrò una cicatrice di qualche centimetro sulla parte alta della coscia, appena sotto al gluteo destro.
"Non lo sapevo Carol, mi dispiace.."
"Lo so che non lo sapevi, è una cosa che non racconto quasi mai. Fortunatamente riuscirono a portarlo via e la ferita non fu grave, ma da quel momento non riesco a superare la paura dei cani, anche se sono piccoli" sospirò e guardò fuori dalla finestra verso la cuccia di Mia che se ne stava tranquillamente sdraiata nel giardino.
"Sono davvero desolato, non immaginavo.."
"Ti prometto che più in là ci proverò a far amicizia con lei ma ora non ci riesco, soprattutto se improvvisamente entra nel bagno mentre faccio la pipì"
"Hai ragione, è una monella. Quando te la sentirai, io voglio aiutarti se tu lo vuoi. Senza fretta"
"Va bene" annuì e mi abbracciò forte a lei.
Ero deciso ad affrontare con lei qualsiasi cosa, a superare paure e timori insieme. Dovevamo solo fidarci l'uno dell'altra e tutto sarebbe andato per il meglio.

*

"Crescenzini!" La professoressa di storia dell'arte mi chiamò quando stavo per andarmene, alla fine della quinta ora di un venerdì comune.
"Professoressa, mi dica" mi avvicinai e le sorrisi dolcemente.
"Volevo sapere come andava il progetto col calciatore.."
"Con Piotr, si chiama Piotr"
"Sì, con lui. Come va?"
"Bene, sempre meglio. Questo per lui è un periodo un po' impegnativo come d'altronde lo è per me. Però nonostante questo stiamo cercando di ritagliarci il giusto tempo da dedicare al progetto. Ci teniamo e non vogliamo abbandonarlo"
"Mi sembra una strategia perfetta. Hai già pensato al titolo della tesina per la maturità?"
"In realtà ci sto ancora pensando, sono indecisa tra due opzioni. Devo ancora scegliere quale verrebbe meglio con Zielinski come oggetto di studio"
"Va bene, quando decidi fammelo sapere che sono curiosa" mi accarezzò affettuosamente una spalla e poi se ne andò salutandomi con una stretta di mano.
Me ne andai nell'aula che avevano adibito a sala pranzo, dovevo rimanere a scuola per un progetto extracurriculare su Leopardi. Avevo accettato perché Piotr era partito per Verona dove doveva giocare in trasferta e quindi non ci saremmo potuti vedere. Mangiai il mio panino con bresaola e filato, mi lavai i denti e raggiunsi l'aula assegnataci.
"Con Zielinski come va? Gli hai fatto solo i pompini o gliel'hai proprio già data?" Un ragazzo che conoscevo di vista, di una quarta, mi passò accanto e mi disse questa cosa facendo ridere il resto della classe. Arrossii, mi si seccò la gola, non risposi. Mi voltai verso la professoressa e seguii la lezione. Alla fine del pomeriggio, dopo tre ore piene di spiegazioni e poesie, quando la professoressa ci salutò e andò via, raggiunsi quel ragazzo che appena mi vide iniziò a ridacchiare.
"Sei per caso geloso?" Gli chiesi mettendomi di fronte a lui incrociando le braccia. Si fece serio, ci pensò e dopo poco rispose.
"Che ti stai succhiando i milioni di Zielinski e non solo?" Rispose.
"Vorresti che succhiassi qualcosa di tuo?"
"Beh male non sei, se vuoi sono qui" esordì ridendo spavaldo davanti ai suoi stupidi amici "però i suoi milioni non ce li ho" concluse alzando le spalle.
"Ma neanche il suo cazzo" indicai tra le sue cosce e lui sbiancò e serrò le mascelle.
"Ua Pè, ti ha steso" una voce alle sue spalle mi diede coraggio ma lui lo zittì subito. Non lo lasciai parlare, continuai io.
"Piotr è solo un mio compagno di progetto, non ci faccio sesso se è questo che volete sapere"
"Perché parli del suo cazzo allora?"
"Perché gli occhi ce li ho e noto certe cose" guardai di nuovo tra le sue cosce e risi "poi le voci girano Peppe, stai attento a chi frequenti" gli feci l'occhiolino e andai via tra gli sguardi ammirati del suo gruppetto.
Cosa mi era preso? Qualche mese fa avrei girato le spalle e me ne sarei tornata a casa, invece ora no. Avevo risposto per le rime, essendo anche volgare, e avevo vinto io. Mi sentivo più forte e avevo capito, finalmente, che se sai usare bene le parole, non c'è niente che non puoi superare. Nessuna paura, nessun bullo o circostanza.
Tornai a casa soddisfatta e il giorno dopo raccontai tutto a Piotr che se la rise e si disse orgoglioso di me per poi, giusto un minuto dopo, minacciare questo Peppe di volergli rompere la faccia. Mi chiese di presentarglielo, mi giurò che non l'avrebbe passata liscia. Lo convinsi a desistere e tornammo al nostro weekend in giro per la città.
Ero sempre più presa da lui e dalla nostra storia, non riuscivo più a farne a meno.

Atelophobia ❆ Piotr ZielińskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora