24- Il giocattolo

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"Ti va di andare a prendere un frullato?" Le chiesi dopo un po' che mi faceva domande senza la minima distrazione.
"No, dobbiamo lavorare"
"Sto rispondendo da un'ora e mezza, sono stanco. Andiamo dai.." le presi una mano e la tirai leggermente per farla alzare ma si ritrasse.
"Non abbiamo ancora finito" alzò finalmente lo sguardo e mi guardò negli occhi giusto il tempo di dire quelle quattro parole.
"E che ce ne frega Carol? Continuiamo dopo, dai vieni.."
"Dopo"
"Ora"
"Dopo e basta" rispose decisa non ammettendo repliche.
"Va bene, come vuoi" mi misi seduto accanto a lei e continuammo con le domande, poi dopo un'altra mezz'ora provai ad avvicinarla per darle un bacio sulle labbra ma si allontanò e saltò in piedi andando in cucina per bere.
C'era qualcosa che non andava in lei, era chiaro. Non capivo cosa e non riuscivo nemmeno ad immaginarlo dato che fino all'ultima volta che era stata qui eravamo stati benissimo insieme.
La seguii in cucina e lei, quasi a sfuggirmi, tornò in salone sul divano.
"Si può sapere che hai?" Le chiesi spazientito, quando per l'ennesima volta aveva rifiutato un mio bacio "c'è qualcosa che non va?" Domandai.
Lei scosse la testa, sempre a sguardo basso.
"No, tutto come sempre"
"Come sempre non direi. Nei giorni scorsi non eri così Carol.."
"Ero sbagliata" farfugliò.
"Eri sbagliata? Perché?"
"Perché sto perdendo di vista la cosa più importante"
"Che sarebbe?"
"Il progetto, la scuola, la maturità. Sei una distrazione troppo grande che non posso permettermi" rispose corrugando la fronte, schietta più che mai.
"Sono una distrazione troppo grande? Questo sono per te?"
"Sì" disse decisa, senza pensarci neanche un secondo.
"E ora non ti piace più questa distrazione?"
"Mi piace fin troppo ed è questo il problema" si avvicinò a me e poggiò la sua testa alla mia "devo concentrarmi sullo studio Piotr, sto andando malissimo a scuola e non posso farlo. Soprattutto non posso farlo preferendo una cotta inutile e passeggera che non significa niente. Il mio futuro è più importante" terminò.
Non so bene cosa mi successe, ma so che per certo mi si ruppe qualcosa dentro. Quelle parole, dette da lei in quel modo, mi ferirono. Essere definito una cotta inutile e passeggera proprio non me lo aspettavo. E io che come uno stupido ci stavo mettendo il cuore..
"Mi dispiace averti inutilmente distratta, non succederà più" risposi, visibilmente deluso.
"Piotr non fare così.. lo sai che sto dicendo la verità, sai che tra di noi è una storia impossibile" si fermò ma appena mi vide aprire la bocca, continuò "sono minorenne e tu un calciatore famoso, sarebbe uno scandalo. E poi parliamoci chiaro, sono solo il tuo giocattolo del momento, presto ti stancherai di me e passerai a cose più divertenti" disse e stavolta mi fece davvero male.
Non aveva capito niente di me, niente. Rimasi senza parole, avrei voluto risponderle che si sbagliava, che lei mi piaceva davvero, che se avessi voluto solo un giocattolo ne avrei trovate altre che mi sarebbero servite di più, che con lei volevo altro. Ma non lo feci, non lo feci perché la vidi convinta di ciò che stava dicendo e anche solo risponderle mi avrebbe fatto mancare l'aria.
Aveva detto che per me lei era un giocattolo con cui divertirsi ma a questo punto, forse, era il contrario ed era lei a considerarmi un suo giocattolo da buttare quando non si vuole più.
"Hai ragione è impossibile e pericoloso, non ne vale la pena" risposi. Lei sorrise e mi strinse leggermente il braccio come a rincuorarmi.
"Torniamo alle domande?" Chiese e io come se non stessi morendo dentro, annuii.

*

Da quella volta che gli parlai, cercando di sembrare il più sicura possibile, le cose tra di noi cambiarono. All'inizio continuò ad invitarmi a cena, da Arek o allo stadio ma io non accettai mai e lui smise di farlo. I nostri divennero solo incontri per il progetto scolastico, io facevo domande e lui rispondeva. Non andammo più a prendere gelati, né in riva al mare.
Mi mancavano ogni giorno i suoi baci, le sue battute stupide, i nostri viaggi improvvisati, le cene, le pizze, i film, il rispetto che aveva verso di me nel non spingermi a fare cose che magari lui desiderava fare con me. Mi mancava ridere e scherzare insieme durante il giorno, mi mancava ogni cosa di lui. Fu per questo, forse, che mi ricongiunsi con Stefano. Piansi un mare di lacrime quando ci incontrammo, lacrime che io sapevo non riguardare lui ma Piotr. Mi perdonò e mi promise di lasciarmi libera di vivere la mia età senza mettere di mezzo le famiglie. Tornammo insieme e iniziammo a rivederci un paio di volte a settimana. Cercai di essere più sciolta quando stavamo insieme ma non ci riuscivo, trovavo sempre una scusa per allontanarmi giusto in tempo per non restare troppo tempo da sola con lui e scappare a casa. Lo trovavo troppo mieloso, troppo pesante. E poi non volevo cancellare del tutto i ricordi con Piotr che conservavo gelosamente. Anche se non mi rendeva felice, stare con Stefano era l'unico modo per non pensare in continuazione a Piotr, per questo tornai con lui.
A scuola le cose tornarono ad andare bene, recuperai in algebra e ricominciai a studiare notte e giorno. I miei unici momenti di pausa dallo studio erano durante i miei pomeriggi da Piotr. Mi accoglieva sempre col sorriso, che poi andava sempre più scemando. Vedevo che si sentiva in difficoltà in questo nostro nuovo rapporto ma non gli diedi mai la possibilità di modificarlo in qualche modo. Volevo che restasse così perché non volevo perdere il nuovo equilibrio che mi ero costruita.
"Ho bisogno di una pausa, oggi sono stanchissimo" disse un pomeriggio verso le sei.
"Non abbiamo ancora finito"
"Ti ho chiesto cinque minuti"
"E io ti ho detto che non è possibile" risposi, non volevo che si distraesse né che distraesse me.
"Sono a casa mia e faccio come voglio" disse lui alzandosi dalla sua sedia e andandosene in cucina.
"Piotr, non fare il bambino capriccioso, tra un'ora vado via e fai quello che vuoi. Ora dobbiamo lavorare"
"Ho già lavorato troppo per oggi"
"E quindi?"
"Quindi per me puoi andare"
Rimasi a bocca aperta, non mi aspettavo mi cacciasse di casa.
"Mi stai cacciando?"
"Vedila come vuoi. Ti ho detto che ho bisogno di una pausa, non riesco più a tenere la concentrazione"
"Devi resistere solo un'ora"
"Ho già detto di no, o mi sbaglio? Vado a farmi una doccia, ci vediamo"
"Non puoi andartene Piotr, dobbiamo finire! Ho altre undici domande da farti!" gli corsi dietro su per le scale e lo fermai prima che entrasse in bagno.
"Non puoi andartene così, manca ancora un'ora" gli dissi guardandolo negli occhi e piantandogli le unghie nei bicipiti.
"Chiama Stefano e approfittane per stare con lui quest'ora, io non lo dico a nessuno" rispose acido facendomi un occhiolino, si tirò via il braccio e mi sbatté la porta in faccia.
Era una scenata di gelosia? Perché aveva messo in mezzo Stefano in una situazione che non gli riguardava assolutamente?
"Ti stai comportando come un bambino Piotr, un bambino che fa i dispetti perché gli hanno portato via il suo giocattolo preferito" urlai attraverso la porta.
"Posso avere tutti i giocattoli della città, a quel giocattolo non ci penso nemmeno più" rispose lui, con la voce bassa e atona.
"Allora perché stai facendo questa scenata stasera?"
"Perché mi hai rotto il cazzo tu e questo fottuto progetto. Perché non te ne vai e mi lasci in pace?" Stavolta urlò e poi sentii solo il getto d'acqua della doccia.
"Me ne vado ma non finisce qui, non ci si comporta così" andai via innervosita dal suo comportamento.
Tornai a casa e quasi per fargli un dispetto uscii davvero con Stefano.

Atelophobia ❆ Piotr ZielińskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora