6. È più carino Gabe

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Trascorro l'intero pomeriggio a leggere libri che mi ero dimenticata di aver nascosto per evitare che mio padre me li buttasse.

Ha sempre visto male il mio rinchiudermi in camera per leggere fino a tarda notte. Così, per non permettere ai miei libri di finire nell'immondizia, li ho nascosti.

Verso sera comincio a studiare. Dovrei aver già finito, ma la voglia di fare oggi non è passata a salutarmi.

Sbuffando per quella che sarà la milionesima volta in due ore soltanto, scendo in cucina e trovo mio padre seduto al tavolo da pranzo con una birra in mano.

Prima di avvicinarmi, metto su un piccolo sorriso di cortesia.

«Buonasera. Com'è andata al lavoro?»

«Non ci sono andato. Il tuo preside mi ha chiamato, oggi.»

Mi blocco di colpo, appoggiando la bottiglia sul bancone e riponendo il bicchiere.

Tengo lo sguardo basso. «Perché? C'è qualcosa che non va?»

«No, tutto bene. Ha detto che studi molto e che sei la migliore del tuo anno.» beve un sorso di birra dalla bottiglia in vetro.
«Poi ha detto che il lavoro da tutor che ti ha assegnato ti sarà molto utile per gli esami finali.»

Cerco di regolare il mio respiro per nascondere la mia agitazione, e prego che non gli abbia detto che la persona a cui faccio da tutor è un ragazzo.

«Quindi dai ripetizioni a un certo Gabriel Rain?»

Merda.

Avvicino il bicchiere alle labbra, alzando le spalle. «Sì, un tipo del mio corso. Ci vediamo solo a scuola, per studiare.»

Lui non sposta lo sguardo da me, sollevandosi dalla sedia e avanzando nella mia direzione. Una volta al mio fianco, appoggia l'avambraccio sul bancone e mi osserva intensamente, con le sopracciglia folte e scure accigliate e le labbra serrate.

«Ripetizioni. Non devi vederlo per nient'altro.»

«Certo.» rispondo.

«Non essere ingenua, Sophie.» alza un angolo della bocca, raddrizzando la schiena e afferrandomi un braccio. «Quello che faccio è per farti vedere che il mondo è orribile e anche le persone. Devi tenere la testa sulle spalle.»

Quello che fai lo fai per te stesso.

«Non renderti ridicola provando qualcosa per un ragazzo. Ti ho insegnato a soffrire per cose più grandi.»

Annuisco.

«Ora vai a studiare. Le persone stupide non arrivano da nessuna parte.»

«Va bene.» rispondo solo, avviandomi di sopra e scomparendo per il resto della giornata.

Passo la serata a studiare per il compito di domani, e, come ogni giorno di verifica, ripasso seduta al mio banco.

La classe è vuota.

Kyle oggi non è venuto per una visita medica, e io mi sento un po' meno sicura quando non ho lui accanto.

Ripeto l'ultimo paragrafo di storia, prima di chiudere. Mancano ancora cinque minuti, che sfrutto per andare in bagno.

Mi alzo, dopo aver raccolto la mia roba, e cammino per il corridoio pieno di studenti. Ma appena arrivata alla porta del bagno, inciampo in un ostacolo e cado a terra. Ne osservo la causa con rabbia.

«Esilarante.» Gabriel si mette a ridere, mentre io giaccio ancora sul pavimento.

«Ti guardo e mi viene voglia di picchiarti, sempre.» gli dico, facendolo sorridere quasi con fierezza. Senza rendermene conto, striscio accanto a lui e allungo anch'io i piedi in avanti.

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