42. Meravigliosa

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«Poi niente. È sbucato davanti a me esclamando: "sorpresa!" E io l'ho abbracciato.» dico, disegnando sul banco.

Kyle, accanto a me, alza gli occhi al cielo. «Sophie.»

«Gli ho detto quanto un padre gentile sia stato e l'ho invitato ad una cena con dei koala.»

«Sophie, sono serio.»

Lascio cadere la matita sul banco, alzando lo sguardo sul mio migliore amico. Lo osservo, stanca. «Mi ferisce. Fa solo questo. Comincio a non poterne più di quest'incubo.»

Il ricordo di quel giorno è sempre presente nella mia testa, come se lo stessi vivendo in questo momento, ma nel mio sogno succede tutto in ospedale. Ogni notte mi sveglio urlando, e piangendo, e sono davvero stanca.

Fino a quando continuerò ad avere quest'incubo frequente? Perché dovrei sognare il volto preoccupato di mio padre, quando so che è una menzogna?
Forse questo sogno è solo un modo per sottolineare il fatto che sono debole, che non supererò mai questa cosa, che mio padre sarà sempre il mio peggior incubo e che avrò sempre paura di lui.

Ma non voglio averne.

Voglio solo poter dormire in pace e non rischiare di svegliarmi la notte tra le lacrime e le urla, e la costante sensazione di essere in pericolo.

Vorrei non avere tanta paura, ma mi sta uccidendo.

«Passerà, piccola.» Kyle mi riporta alla realtà.

Appoggio il mento sul palmo della mano, guardando il banco vuoto davanti al mio. «Lo so. Grazie, Kyle.»

«Comunque, come mai Gabriel non c'è?» mi chiede, guardandosi intorno stranito.

Mi viene istintivo sorridere. «Ieri mi ha detto che è dovuto rimanere a lavorare fino a una certa ora del mattino. Sicuramente arriverà in ritardo.»

Il giorno che ho passato la notte da lui non è stato al lavoro. Ha dormito con me tutta la notte, affermando che non mi avrebbe lasciata da sola anche se la polizia aveva detto di rimanere in posti sicuri e sconosciuti a mio padre, come casa di Gabriel.

Per un semplice fatto lavorativo ho deciso di stare da Kyle e non da lui, e perché il signor Thompson vuole avermi sotto la sua protezione.

«Io non capisco come faccia.»
Mi volto verso Kyle. Nella sua espressione scorgo una nota di ammirazione. «Cioè, come fa a lavorare fino a tardi e dormire quelle che saranno una o due ore prima di scuola? Inoltre, ora è addirittura migliorato nello studio.»

«Quello è merito mio.» mi vanto scherzosamente, facendolo ridere. «E concordo. Gabriel non è umano.»

«Puoi ben dirlo.» esclama, divertito.

«Non elogiarlo troppo. Non studia, ha solo una buona memoria.» gli dico, liquidando le sue parole con un gesto della mano.

A Gabriel basta ascoltare le mie spiegazione e il giorno seguente le ricorda per filo e per segno. È fortunato, il ragazzo.

Kyle ride. «Che fidanzata ingrata.»

Già. Fidanzata.

A volte penso che sia così strano questo termine affibbiato a me, ma allo stesso tempo mi piace. Anche questa è una cosa che non capisco: com'è riuscito Gabriel a farmi cambiare idea sull'amore? Come, se per tutta la vita ho cercato di tenermi lontana dalle persone per paura che, se fossero diventate importanti, io le avrei perse? Come posso volerlo amare, se ho cercato di tenere questo sentimento il più possibile nascosto?

«Tu pensi che sia okay?» chiedo improvvisamente a Kyle, lasciandolo confuso. «Intendo, io e lui. Cosa pensi?»

Ricordo che, tempo fa, credeva che Gabriel mi avrebbe cacciata nei guai, che non sarebbe stato sano avere a che fare con lui. Ora non so cosa pensi.

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