capitolo 54

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Il mio unico pensiero? Correre.
Non facevo più caso al dolore dato dai rami che graffiavano la mia faccia, al respiro che diventava sempre più affannoso mentre il cuore batteva così forte che avevo timore potesse scoppiare, non facevo più caso alle gambe che urlavano di fermarsi; ero consapevole che l'unico motivo per cui ero ancora in piedi, invece che accasciata al suolo, era l'adrenalina che mi scorreva costantemente nelle vene e la consapevolezza che se mi fossi fermata sarei morta.

Esausta mi concessi un secondo di tempo per appoggiarmi all'albero più vicino, non avevo idea di quanto distanziamento avevo creato fra me e loro, ma una parte di me sapeva che non c'era speranza; anche se continuavo di questo passo loro non si sarebbero arresi, volevano il sangue, il mio sangue.

Sentii prima il sibilo poi comparve la freccia; quel suono singolare ma allo stesso tempo familiare mi diede il tempo di schivare il colpo, quando mi girai per fissare il tronco dell'albero vidi che al centro era conficcata una lunga freccia rossa nell'esatto punto in cui mi trovavo qualche secondo prima. Neanche il tempo di riprendermi che ne arrivò un altra seguita a ruota da un'altra ancora, feci per scappare ma,per la fretta, inciampai su un tronco caduto che impediva il passaggio; cercai di rialzarmi sentendo i passi avvicinarsi velocemente, ma il piede era rimasto incastrato. Col fiato corto mi girai in modo da poter vedere il pericolo e cercare in qualche modo di difendermi. Fu a quel punto che vidi la freccia, anche questa rossa, che puntava inesorabilmente verso di me senza che io potessi fermarla, mi avrebbero presa e con ogni probabilità mi avrebbe ferito gravemente, quel tanto che bastava per frenare quella ridicola fuga, perchè lo era, ridicola, non avevo nessuno straccio di piano e in un momento così tragico come quello non riuscivo a pensare lucidamente, sentivo con chiarezza solo il dolore acuto che proveniva dalle gambe che attutiva ogni mio pensiero o ragionamento. 

Doveva davvero finire in quel modo? il mio destino era quello di stare al fianco di un elfo egocentrico per tutta la mia esistenza? c'era sempre la possibilità, non remota, che compiuto il rituale non gli sarei servita più a niente, a quel punto poteva benissimo decidere di...

Vidi tutto come se fosse al rallentatore: mentre la freccia compiva l'inevitabile percorso e le mie speranza scomparivano del tutto, una forza sconosciuta mi spinse per terra, in tempo per evitare il colpo; la caduta mi mozzò il fiato, e una fitta lancinante al fianco  mi fece risvegliare dal mio torpore, alzai lo sguardo, cercando di localizzare chi mi avesse salvato la vita, la risposta non si fece attendere siccome una figura vestita completamente di nero si avvicinò a me e mi prese con sicurezza il polso. Il mio primo istinto fu quello di ritrarmi ma quando incrociai lo sguardo dell'elfo sentii un tuffo al cuore, anche se metà volto era coperta da una fascia nera riconobbi con chiarezza gli occhi rimasti scoperti: erano mozzafiato, mille tonalità di grigio diversi che, invece di essere velati da uno strato di indifferenza, erano colmi solo di pura preoccupazione, la mia attenzione fu attirata però da un particolare nell'occhio sinistro, la mia mano si protese incerta verso la così famigliare cicatrice ma, accorgendomene la lasciai sospesa in aria, senza sapere se continuare ciò che avevo iniziato o ritrarla. Poi però ricordai la dura verità, lui non era buono, lui era un nemico che lavorava per Dorlas, dovevo fuggire da lui e in fretta, ormai sentivo le urla dei soldati, non erano molto lontani. 

Mi alzai velocemente ma l'elfo mi fermò subito,tirandomi per il polso. 

-lasciami, lasciami andare- mi maledissi mentalmente per il tono penoso di voce che mi uscii 

-no- 

-non ti basta quello che mi hai già fatto? non basta vedermi con il cuore spezzato, vero, no certo che no, lo so di essere stata una stupida a credere a te e alla tua storia. Ma ora ho capito la lezione e non mi arrenderò tanto facilmente, se vuoi fermarmi dovrai prima combattere perchè non tornerò da lui tanto facilmente- mi preparai già mentalmente ad una lotta, non aveva nessun tipo di armi ma questo non mi avrebbe fermato.

- perchè hai baciato Dorlas?- tutta la mia concentrazione scomparve in un attimo, che cosa aveva detto? lo guardai pensando che fosse un altro tipo di tattica ma quello che vidi fu... gelosia? poi capii, certo, dovevo ammettere che era un bravissimo attore. era strana, tutta quella situazione, dalla mia bocca usci una risata sprezzante.

- bravo, complimenti, continua ancora con il personaggio che ti sei costruito, ma ormai non ci casco più. ho smesso di soffrire per colpa tua.- un sospiro uscì dalla sua bocca, sembrava stanco, solo in quel momento notai le pesanti occhiaie che gli incorniciavano lo sguardo, probabilmente era il risultato di svariate notti in bianco.

-Elettra...dobbiamo andare-

-e davvero credi che mi fiderei di te?- 

-no, non potrei mai chiedertelo, ma qui non sei al sicuro e ti posso giurare sulla mia vita che questa non è una trappola. Guardami, Elettra, so che puoi vedere che non sto mentendo, ti prego, vieni con me poi, se non vorrai più vedermi scomparirò. Solo per questa volta credimi- 

Ero consapevole della mano dell'elfo ancora stretta alla mia e questo mi procurava dei fastidiosi brividi piacevoli, in più la mia parte razionale era come svanita nel nulla, non capivo perchè ma volevo credergli, sapevo che c'era un alta probabilità che fosse un'altra trappola e che le parole di Scar potevano essere solo un altro copione imparato a memoria, ma quando lo guardai, vidi solo sincerità oppure era davvero bravo a mentire. Prima che avessi il tempo di pensare alle varie possibilità sentii la mia testa fare un cenno affermativo e subito dopo Scar mi stava trascinando velocemente da una parte all'altra del bosco, lontano dai soldati e forse lontano da Dorlas. 

Erano ormai dieci minuti buoni che continuavamo a correre ininterrottamente ma non avevo il coraggio di parlare, vedevo a tratti il volto di Scar, almeno quando si girava per vedere se qualcuno ci aveva inseguiti, cosa davvero improbabile siccome l'elfo ci stava facendo fare molte deviazione in più con l'intento di far perdere ogni nostra traccia, mentre correvo sentivo il sudore colarmi dalla fronte, sapevo di essere sfinita e che da un momento all'altro sarei crollata. Stavo proprio per avvertirlo quando Scar si fermò di colpo, davanti a lui si stagliava, quasi del tutto nascosta dagli alberi una casa, che aveva tutta l'aria di essere abbandonata, ma comunque in buone condizioni, solo allora l'elfo sciolse la presa dal mio polso, quello che provai non mi piacque per niente, sentivo già la mancanza del suo calore, ero una causa persa. All'improvviso Scar si girò verso di me, notai che anche lui aveva delle piccole gocce di sudore sulla fronte

-qui dovremmo essere al sicuro, nessuno dei soldati di Dorlas conosce così bene questo bosco da addentrarsi fino a qui. Entra-

-ti aspetti davvero che io ti creda? magari dietro quella porta mi aspetta Dorlas in persona- mentre parlavo l'elfo si tolse il pesante mantello che aveva alle spalle e la benda, solo allora mi accorsi che aveva tagliato i capelli e di molto, ora risaltavano molto di più il colore dei suoi occhi e la spigolosità dei suoi zigomi. 

-mi dispiace deluderti ma non sono Dorlas- mi girai di scatto al suono di quella voce, ferma all'ingresso della casa c'era Althea con un sorrisetto beffardo stampato sul volto 


Il pericolo di sognareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora