7. Il mio mondo che crolla

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"Secondo me non è così difficile da comprendere", commenta Susan, portando alla bocca una forchettata di pasta al sugo, gli occhi chiari che mi osservano, attendendo una mia risposta.

"Mi stai dicendo che tu lo faresti, Sus? Dirlo sembra facile, ma farlo è tutta un'altra cosa", domando, cercando di spiegarle il mio punto di vista.

Spesso ci ritroviamo ad avere idee contrastanti, ma per noi non è mai stato un problema.
Lo vediamo entrambe come un modo per vedere le cose da due prospettive completante diverse.

"Prima di tutto, credo che questa metafora del ponte sia abbastanza banale.
Il professor Beckham, secondo me, troppo spesso prende sul serio le affermazioni che i filosofi ci hanno lasciato.
A prescindere da cosa trovi dall'altra parte della sponda, il ponte è vecchio, e non è sicuro. Potrebbe portarti alla morte", commenta Susan, scrutandomi, per cercare di capire se sono d'accordo con lei.

Lei, al contrario di me, ha sempre visto le cose dalla prospettiva logica.
È una di quelle persone che pensa molto in modo razionale, e crede soltanto a quello che può dimostrare scientificamente.
Come la matematica: due più due fa quattro, è inutile discuterci, perché è così.
E in parte sono d'accordo, da una parte capisco il suo punto di vista, perché fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.
Ma la matematica e la scienza sono una cosa, le emozioni e i sentimenti un'altra.

"È una metafora, Sus. Il ponte è interpretato come un mezzo di passaggio tra due stati d'animo diversi, dove in mezzo trovi la paura.
Sta a te decidere se attraversarlo o meno, no?", spiego, mangiando la pasta nel mio piatto di plastica, gentilmente offerto dalla mensa scolastica.

"Va bene, allora. E se il ponte esistesse davvero? Mettiamo che tu sei qui", comincia, muovendo le mani sul tavolo bianco che ci divide, portandole una all'opposto dell'altra.

"E... Tyler è qui", continua, e io alzo gli occhi al cielo.

"Perchè deve sempre far parte dei nostri discorsi?", ribatto, scettica.
Sto cercando di pensarci il meno possibile da quel giorno in cui mi ha riaccompagnata a casa, ma Sus non rende le cose così semplici.

"L'ho solo preso come esempio, che c'è che non va? Va bene, allora. Mettiamo che c'è la persona che ami di più al mondo al posto di Tyler, ok?", domanda, con un sorriso vagamente malizioso sul volto.

"Va bene, va bene, vai avanti", dico, incitandola a continuare senza fare storie.

"Comunque", comincia, "mettiamo che tu sei innamorata pazza di questa persona.
Lui è proprio dall'altra parte della sponda, tu riesci a vederlo davanti a te.
Sai che senza di lui non puoi vivere e... "

"Come sei romantica oggi, Sus!", esclamo battendo le mani alla mia amica, procurandomi solo occhiate accusatorie da parte sua.

"Non mi interrompere!", grida, e chiude gli occhi per riprendere la concentrazione, cosa che fa sempre quando l'ordine che cerca accuratamente di mantenere viene scomposto.

"Quindi, dall'altra parte della sponda c'è una persona molto importante per te. Il ponte è vecchio, e non sai se potrebbe cadere da un momento all'altro mentre lo attraversi, ma tu sai che senza lui non puoi vivere.
Ma sai anche che potresti morire per raggiungerlo.
Preferiresti continuare a guardarlo da lontano, senza però poterlo avere accanto a te, o rischiare e provare a raggiungerlo, anche se sai che potresti non arrivare mai?", chiede, tutto d'un fiato, e con l'espressione impaziente di avere una riposta.

"Secondo me la risposta è soggettiva. Ci sono persone che farebbero di tutto pur di stare accanto alla persona che amano, ed altre che, per salvare se stessi, rinunciano alla felicità.
E non dico che l'una sia più giusta dell'altra, sono solo scelte di vita, non bisognerebbe giudicare. Prima di tutto, secondo me dovremmo prima capire quanto questa persona è importante per noi, se ne varrebbe davvero la pena", commento pensierosa.

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