46. "Mamma"

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Dan è il fratello di Tyler e, da quello che mi ha raccontato, si sono sentiti per telefono, ma non si vedono da due anni.

E soprattutto, dopo che Dan ha abbandonato Tyler, non sono rimasti in buoni rapporti.

Io rimango immobile dove sono.
Non so cosa fare e, soprattutto, non so se affiancare Tyler, anche se so che adesso non è molto stabile.

E forse è proprio per questo che me ne sto qui impalata.

"Da quanto tempo, fratellino", dice Dan avvicinandosi al fratello, con un ghigno sul volto che conosco già.

A quanto pare è di famiglia.

Tyler non dice una parola, e non si muove.
È immobile nello stesso punto in cui si è fermato, e sta guardando in cagnesco quello che dovrebbe essere suo fratello.

Se non l'unico membro della famiglia che gli è rimasto, tra l'altro.

"Non di certo per colpa mia", sibila Tyler.

"Beh, mi sembra che anche tu non te la passi male", commenta girandosi verso di me, e squadrandomi da capo a piedi.

"Non ti azzardare neanche a guardarla", sibila di nuovo, ma lui non sembra neanche ascoltarlo.
Anzi, sembra solo enormemente divertito dalla scena davanti a se.

"Lei chi è, fratellone?
La tua puttanella da quattro soldi del momento?", dice con un sorriso amaro sul volto, e si avvicina sempre di più al fratello.

Tyler stringe i pugni, si sta trattenendo, glielo leggo negli occhi, ma non ce la farà a trattenersi ancora per molto.

"Non me la presenti? Magari possiamo condividerla insieme", dice quasi offeso, e si mette una mano sul cuore ridendo, come se il fatto che non mi abbia presentata a lui gli faccia fisicamente male.

A quel punto Tyler non ci vede più, e tira un pugno in faccia a suo fratello.

La signora della reception, che ha evidentemente assistito a tutta la scena, si alza di scatto e viene verso di noi il più in fretta che può, cercando di mantenere la situazione sotto controllo.

Quando realizzo che Tyler non intende fermarsi, corro verso di lui e cerco di bloccargli il braccio, anche se è difficile perché è molto più forte di me.

Quando sente il mio tocco, si gira e incrocia i miei occhi.

Cerco di fargli capire con questo sguardo tutto l'amore che provo per lui, che io sono qui, e che, nonostante tutto, è suo fratello che sta picchiando.

A quanto pare sembra capirmi, perché dopo qualche secondo si ferma, ancora ansimante.

"Sei impazzito, Tyler? Che diavolo ti prende?!", urla Dan, tenendosi la mano sul labbro ferito e sanguinante.

"Prova a parlarle un'altra volta in questo modo e un labbro spaccato sarà l'ultimo dei tuoi problemi", ringhia Tyler.

Gli lancia un'ultima occhiata furiosa, mi prende per mano e mi porta lontana da lì, anche se io non capisco bene cosa stia succedendo.

Riesco soltanto a sussurrare un "Mi scusi" alla gentilissima signora della reception, che mi rivolge un sorriso comprensivo e torna a sedersi alla sua scrivania, ancora preoccupata.

Io e Tyler ci fermiamo davanti all'entrata che porta alle rampe delle scale, e gli ci vuole un attimo per calmarsi.

Io onestamente non so davvero che dire.
Non mi aspettavo che il fratello di Tyler fosse un tale stronzo.

Mi ricorda molto Tyler quando l'ho conosciuto, che affogava il dolore.
Ma almeno lui adesso è cambiato.

Giuro che se avessi potuto qualche cazzotto glielo avrei dato anche io, anche se non avrebbero fatto molto.

Quando sembra calmo, si avvicina a me e dice quasi in un sussurro:
"Mi dispiace da morire,nocciolina.
Per quello che ha detto e... per come ho reagito.
Ma non potevo starmene fermo a guardare."

"Lo capisco, Tyler, davvero, e non scusarti per qualcosa che non hai detto tu. Non puoi prenderti la responsabilità degli errori di tuo fratello"

"Lo so, ma tu sei qui per colpa mia, ti ho trascinata io con me nel mio inferno.
Ho fatto di tutto per non essere egoista e per non trascinarti giù con me, ho fatto di tutto per starti lontano, ma alla fine sei comunque qui.
Quindi se è di qualcuno la colpa è mia."

"Non è vero, invece, smettila di prenderti la colpa.
Ho scelto io di seguirti fino a qui, e l'ho fatto perché ti amo", sussurro, e le lacrime minacciano di rigare le mie guance.

A quelle parole alza lo sguardo di scatto ed incrocia il mio.
"È così, Tyler", dico con le lacrime agli occhi, e la voce che trema per l'emozione.

Non glielo avevo mai detto così, guardandolo negli occhi.
Anzi, non glielo avevo mai detto.

Personalmente credo che se vuoi davvero essere sincero e farlo capire alla persona che ti sta davanti, non puoi far altro che guardarla negli occhi e dirgli tutto quello che provi.

Perché è proprio vero che gli occhi sono lo specchio dell'anima.

"Anche io ti amo, nocciolina.
Più di ogni altra cosa al mondo"

Si avvicina a me, e le nostre labbra si incontrano.

Adesso, in questo preciso istante, sento che questo contatto fisico mi è sempre mancato.

Che me ne sono sempre privata, inutilmente.
Ma soltanto con lui.

Sento davvero che Tyler mi ama, e non potrà mai farmi del male.
In questo momento ho la piena certezza che posso aprirmi con lui come non ho mai fatto con nessuno in vita mia.

Perché credo che, a questo punto, sia l'unico che può capirmi davvero.

Il bacio è lento e appassionato, ma quando ci stacchiamo, siamo entrambi senza fiato.

Eppure, non riusciamo a staccare gli occhi dall'altro.





Improvvisamente, una voce si diffonde in tutti gli altoparlanti dell'ospedale, ed annuncia che l'orario di visita finirà tra dieci minuti.

Asciuga le lacrime che hanno rigato le mie guance, e mi rivolge un sorriso di incoraggiamento, anche se quello che in questo momento ne avrebbe bisogno è lui, non io.

Io e Tyler camminiamo uno di fianco all'altro per i corridoi in cerca della stanza 412.
Quest'edificio è enorme, e trovarla sembra impossibile.

Per fortuna dopo qualche minuto la troviamo proprio in fondo al corridoio, e ci fermiamo di scatto, quasi spaventati dal numero inciso sulla porta.

Prima di entrare, prende un respiro profondo.
"Io sono qui ad aspettarti", gli dico per incoraggiarlo.

"Non entri con me?", domanda perplesso, quasi preoccupato all'idea di entrare lì dentro da solo.

"Tyler, è tua madre, e non la vedi da anni.
Io non voglio interferire", sussurro.

"Nocciolina, sarà felicissima di conoscerti, te lo assicuro. Vieni con me, ti prego"

Ci penso un attimo, perché non so se sia la cosa giusta da fare.
Ma se me lo chiede, vuol dire che ha bisogno di me al suo fianco.

"Va bene", cedo infine.
Se mi vuole lì con lui quando rivedrà la madre dopo anni, allora io ci sarò.

Mi avvicino a lui, mentre bussa e apre piano la porta.

Entra prima lui, seguito da me.

Quando la signora nel letto si accorge che siamo entrati, e riconosce il figlio che non vede da così tanto tempo, le vengono subito le lacrime agli occhi, e posa piano una mano  davanti alla bocca per coprire i singhiozzi che cominciano a farsi sentire.

"Tyler", sussurra piano, la voce rotta dal pianto.

"Mamma"

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