52. Guai in vista

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Questa mattina io e Tyler ci siamo svegliati presto entrambi per racimolare le nostre cose ed andare in aeroporto il prima possibile.

E poi, nessuno dei due voleva rimanere in quella casa ancora a lungo.

Conteneva per la maggior parte brutti ricordi, che entrambi cerchiamo da anni di lasciarci alle spalle.

La scorsa notte è stata una delle più importanti della mia vita, e questa volta voglio rendermene conto.

Sento che adesso potrei anche andare avanti.
Dimenticare no, perché so che sarebbe impossibile.

Non posso rimuovere dalla mia testa certi ricordi, ma posso fare in modo che facciano meno male.

E poi, onestamente, sono parte di me.
Belli o brutti che siano, mi hanno resa quella che sono oggi e non voglio negarlo.

Per le nove siamo di nuovo in aeroporto, e se ripenso soltanto a qualche giorno fa, quando siamo arrivati qui, mi spunta un sorriso.

Quante cose sono cambiate in questi tre giorni.

Il nostro volo per Denver parte alle undici, quindi dobbiamo aspettare ancora qualche ora.

Atlanta mi è piaciuta come città, anche se il cibo non è il massimo, ma già dalla prima vota che sono venuta ho seminato ricordi non proprio felici.

Mentre aspettiamo, facciamo un giro per in negozi che ci sono nell'areoporto.

Quando ci imbarchiamo, l'aereo è pieno di gente, al contrario del volo di andata, dove c'eravamo solo noi.

Per fortuna io mi sono messa vicino al finestrino perché Tyler, che è nel sedile al centro tra i tre, dovrà subirsi per tre ore le urla di un bambino che è stato diviso dalla madre perché io loro posti non erano in fila.

Vedo i suoi occhi che, a ogni gridolino del bambino, si fanno sempre più disperati.
È così tenero.

Dopo un ora di viaggio, mi dice:
"Nocciolina, non ce la faccio più, mi sta uccidendo.
Sto odiando ogni bambino su questa terra", dice Tyler con gli occhi socchiusi per il fastidio.

Anche io li sento, ovviamente, anche se non direttamente nelle mie orecchie, ma sono quasi piacevoli.

"Quindi non ti piacerebbe diventare padre un giorno?", chiedo innocentemente.

Tanto abbiano ancora due ore di viaggio che ci aspettano.

Per quella mia domanda improvvisa, Tyler alza la testa, ma non sa bene cosa rispondere.
Mi sta guardando come se fossi un alieno appena spuntato sulla terra.

"Perché questa domanda proprio adesso?", mi chiede con un sorriso sul volto.

Cavolo, quanto è bello.

"Così, mi passava di mente.
Ma tu non cambiare discorso."

"In realtà, non ci ho mai pensato. Ma immagino sia stato perché non avevo mai trovato davvero una persona con cui condividere questo genere di cose.
Ma ora che ce l'ho, qui affianco a me, forse potrei farci un pensierino.
E tu?", domanda con il sorriso di un bambino che sta chiedendo alla mamma di giocare con lui.

"Un giorno, mi piacerebbe diventare madre.
Adoro i bambini, sono così teneri.
Però... non lo so.
Credo che avrei la costante paura di non essere una brava mamma, e di non saper rendere felici i miei figli"

"Saresti la mamma più brava del mondo, nocciolina", dice, e io gli sorriso.

"Comunque sia, se mai deciderò di farli, vorrei che il padre fosse sempre presente e che, insieme alla donna che ama, desse questo amore anche ai suoi figli", concludo pensierosa.

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