12. Il mio senso della giustizia

28.2K 776 248
                                    

Apro piano gli occhi e immediatamente la testa comincia a pulsarmi.
Cerco di alleviare il dolore massaggiandomi le tempie con i pollici, ma non migliora.
Guardo dritta davanti a me, e vedo un soffitto estraneo, quando mi ricordo improvvisamente di tutto quello che è successo la sera prima.

Chiudo gli occhi, per cercare di scacciare quelle immagini dalla mia testa, e cerco una distrazione.

Mi sporgo leggermente fuori dal letto per controllare se Tyler è ancora qui, ma il pavimento è vuoto, e mi assale il panico.

Possibile che se ne sia andato?
Non credo che lo farebbe.
Ma io non lo conosco molto, in fondo.

Oddio, lo farebbe?

Mi alzo di scatto e cerco di orientarmi un po' per le varie stanze.
Ieri ero svenuta quando sono arrivata qui, quindi non ricordo nulla.
Per fortuna la casa è abbastanza piccola, e non è così difficile orientarsi.

Arrivo in quello che dovrebbe essere un soggiorno con il cuore che batte più forte, decorato con un gran divano blu scuro al centro della stanza, ed un mobile con una televisione davanti.

Mi avvicino e mi guardo un po' intorno, con ancora il mal di testa che si fa sentire.
Mi giro e vedo un'altra stanza: spero che sia quella giusta.

Dato che la porta è aperta, entro e vedo Tyler girato di spalle con la testa bassa, intento a preparare qualcosa ai fornelli, e mi rilasso.

Appena si accorge della mia presenza si gira si scatto, e gli spunta un sorriso sulle labbra.
"Perché dormi così tanto? Pensavo fossi andata in coma", dice, mentre si avvicina piano a me.

Improvvisamente, non so perché, faccio una cosa che mai mi sarei aspettata di fare in tutta la mia vita da sei anni a questa parte.

Mi avvicino piano a lui, come per contenere la sua reazione a questo mio gesto, e gli stringo le braccia intorno al petto, cercando di trovare in questo abbraccio la forza che mi serve per affrontare la giornata.

Sento che all'inizio è rigido, evidentemente spiazzato da quello che ho fatto, ma poi stringe le braccia intorno a me, ed appoggia la testa sulla mia.
Mi sorprendo per questo suo piccolo ma strano gesto.
Non ho mai visto Tyler fare una cosa del genere e, onestamente, non credevo fosse in grado di dimostrare a qualcuno il bene che prova attraverso un gesto affettivo.

"Come mai queste improvvise dimostrazioni d'affetto?", chiede divertito ma anche felice, una volta che ci stacchiamo.

"Credevo che te ne fossi andato", ammetto, sentendomi improvvisamente stupida per quello che ho pensato.

Lui mi guarda un po' male, ma alla fine abbozza un sorriso.
"Secondo te lo farei?", domanda, cercando di trovare nei miei occhi la risposta prima che possa dargliela io.

"Non lo so... Probabilmente no", ammetto, e quando sente queste parole, si rilassa.
Si gira di nuovo verso i fornelli, e mette su un piatto due grandi pancake.

"Vieni qui", mi ordina, e mi avvicino a lui, cercando di capire cosa stia facendo.

"Credevo non sapessi neanche come si accendono i fornelli", scherzo, ed abbozza un sorriso offeso.

"Se voglio mangiare, mi tocca cucinare", ammette, ed un'espressione triste prende il posto del suo sorriso.
Solo ora noto che vive da solo, perché nella casa c'è solo una camera da letto.
Chissà dov'è la sua famiglia.
Magari è qui per studiare, e li raggiungerà quando avrà terminato gli studi.
Decido di non chiedergli nulla perché stamattina mi sembra di buon umore, e non voglio rovinare questi momenti insieme.

All'improvviso mi ricordo di mia madre, e mi assale il panico.

"Puoi prestarmi il tuo telefono? Dovrei chiamare mia madre", domando, con voce preoccupata.

Non mi toccareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora