23. "Sei il suo fidanzato?"

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"Che cosa penseresti se ti dicessi che sto uscendo con qualcuno?", domanda Susan, alzando gli occhi azzurri dal libro di scienze su cui sta studiando da circa un'ora.

"Che cosa intendi, scusa?", chiedo, cercando di capire dove vuole arrivare.

"Andiamo, hai capito.
Mi ci vedresti... uhm... fidanzata?", domanda, mentre un leggero rossore di imbarazzo le colore le guance, cosa che mi fa tremendamente ridere.

"Cosa c'è che non va, scusa?"

"Nulla, solo... non ti sembrerebbe strano?"

"No, Sus, mi sembra normale che una ragazza come te si fidanzi. Che c'è di strano?", dico, quasi ridendo per il discorso che sta facendo.

Torna a guardare il libro appoggiato sulla scrivania davanti a se, ma noto che non sta leggendo.

"Chi è?", domando, mentre mi alzo dal mio angolino a terra vicino al termosifone, e mi incammino verso la sua scrivania.

"Non credo tu lo conosca, è dell'ultimo anno, fa parte della squadra di lacrosse", ammette, cercando di mascherare l'entusiasmo.

Annuisco per cercare di rassicurarla, perché so che in queste cose è sempre stata molto insicura, ma non credo sia una buona idea.
Non promettono mai nulla di buono i ragazzi più grandi, di solito ti usano come distrazione.
So che da buona amica dovrei dirglielo, ma non voglio ferirla, quindi me ne torno per terra, concentrandomi sul mio libro di filosofia.

"E tu? Come va tra te e Tyler?", domanda Susan dopo qualche minuto.

"Bene, siamo buoni amici", ammetto, non staccando gli occhi dal mio libro.

"Allora di cosa parlate tutte le volte che ti riaccompagna a casa?", continua, e un sorriso malizioso si fa largo sul suo volto.

Questa settimana è stranamente iperprotettivo, e cerca di starmi vicino il più possibile, anche se non ne capisco bene il motivo.

Passiamo molto tempo insieme, e devo dire che stare con lui è bello.

Ma più tempo passiamo insieme, più io mi sento in colpa.

Ha detto che mi aspetterà, ma so che nel profondo è preoccupato e sarebbe meglio se sapesse subito.

Ma io non ho il coraggio.
Ho paura di come potrebbe reagire.

In realtà, ho paura che mi guarderà con occhi diversi, mi guarderà con compassione.

Ma io non voglio che provi pena per me, non voglio che qualcuno provi pena per me.
Non ho bisogno della compassione di nessuno.

"Nulla di interessante, in realtà. Mi riporta solo a casa", dico, cercando di porre fino alla conversazione.
Per fortuna si arrende e torna a concentrarsi sul suo libro di scienze, tracciando ogni tanto qualcosa con la matita.


Qualche ora dopo saluto Susan e me ne torno a casa per cena, mentre il buio mi accompagna sulla strada deserta.
Quando arrivo nel vialetto di casa mia vedo parcheggiata la macchina di Tyler, e mi assale il panico.

Giro con cautela la chiave nella toppa, cercando di temporeggiare, ed appena sento scattare il mio cuore inizia a battere più veloce.

"Sono a casa", dico mettendo piede in corridoio, staccando le chiavi dalla toppa.

Qualche secondo dopo, mia madre mi raggiunge all'ingresso e mi dice, abbassando la voce:
"Abbiamo ospiti"

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