37. Lottare per qualcuno

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Non riesco a distogliere lo sguardo da quegli occhi verdi, perché ho paura di non rivederli mai più.
E so che le mie paure sono fondate, perché adesso conosco Tyler.

Mi sono mancati così tanto, anche se sono passati solo pochi giorni, ma prima il solo pensiero di poterli dimenticare faceva male.

Lui mi è mancato così tanto.

Io non so che dire, e neanche Tyler sa che dire.
Ma è proprio vero che a volte il silenzio vale più di mille parole.

A risvegliarci ci pensa Paul, che chiede, come se nulla fosse:
"Dove sei stato per tutta la settimana, Evans? Hai deciso di farti bocciare?"

Tyler non risponde subito, come se le parole gli fossero arrivate in ritardo.
Poi, magicamente, dopo qualche secondo sembra risvegliarsi dallo stato di trance in cui era caduto.

In cui eravamo caduti.

"Ti preoccupi per me, biondino?"dice Tyler.
Il ghigno sul volto è tornato, così come il suo caratteraccio, e la cosa mi preoccupa.
Se ho imparato davvero a conoscere Tyler può significare solo una cosa: sta soffrendo.

"No, anzi.
Sono stati i giorni più felici della mia vita", commenta tenendogli testa.

"Non ho dubbi", lo sento sussurrare, lanciandomi un'occhiataccia.
Si va a sedere al suo banco, e non dice più una parola per tutta la lezione.

Non mi ha detto nulla, ha fatto finta di niente, come se nulla fosse successo, come se io non fossi nulla per lui.

Appena finisce la lezione e suona la campanella, fila via dall'aula senza neanche aspettare che il professor King se ne vada.
Io trascino i miei piedi fuori dal banco e mi avvio verso gli armadietti per posare i libri, dopodiché vado in mensa.

"Tyler è tornato", dice Susan piano.
Sta cercando di valutare la mia reazione, e mi dispiace deluderla, ma oggi non otterrà nulla da me.

"Ho sentito che il coach lo ha minacciato di cacciarlo dalla squadra, perché è mancato agli allenamenti per tutta la settimana", continua.
Sta cercando di farmi reagire, e di scatenare un me una reazione, invece di continuare a farmi fissare il piatto.

"Ele, parla", sussurra la mia amica, quasi preoccupata.

"Va bene, Sus, parliamone.
Non ha spiegato a nessuno il perché?", domando ironica, solamente per accontentarla.

"Ha detto che ha avuto problemi familiari, ma non ha aggiunto altro", commenta indifferente, e torna a concentrarsi sul suo piatto, colmo di polpette, ma con il sugo, almeno.

Mi paralizzo.
Davvero è per questo che non è venuto?
Tyler ha incontrato la sua famiglia?
Quindi suo fratello?
Se è vero, deve essere stato difficile, per come me ne ha parlato, e non c'era nessuno accanto a lui.

Perché avrebbe dovuto farlo, poi?
Mi giro a guardarlo, e vedo che ha un'espressione triste.

È rivolto verso un suo amico, che gli sta parlando, ma ancora una volta, sembra che lui non lo stia ascoltando veramente, sembra perso nei suoi pensieri.
Chissà a cosa sta pensando.
Chissà perché ha incontrato la sua famiglia, chiunque essa sia.
Che cosa gli avranno detto?

Sposta lo sguardo e, non curandosi minimamente del ragazzo davanti a lui che gli sta parlando, pianta il suo sguardo nel mio.
È strano come, ogni singola volta che i nostri occhi si incontrano, sembra sempre la prima volta, come se fossimo rimasti a quel primo giorno di scuola, meno consapevoli, più spensierati, entrambi rinchiusi nei nostri mondi, aspettando che qualcuno venisse a prenderci.

Eppure, sembrava davvero così vuoto quel mondo.
Ma adesso, mente guardo questi occhi verdi, non mi sento sola.

Con uno sguardo vorrei potergli far capire che  io ci sono.
Anche se non posso stargli vicino fisicamente, voglio esserci per lui, come lui ha fatto per me, a modo suo.

Con questo sguardo vorrei potergli dire tutto quello che sento dentro.
A quel punto sono sicura che capirebbe.

Distolgo lo sguardo, perché so che cederei.
So che mi ci perderei davvero, dentro quegli occhi verdi, e non sarebbe la prima volta.

Mi alzo in fretta salutando Susan e mi avvio verso l'uscita.

Un'altra cosa che ho imparato di Tyler è che quando decide una cosa è così per lui e basta.

Se ha deciso di starmi lontano, io non posso fare nulla per impedirglielo.

Devo lasciarlo leccarsi le ferite.
L'unica cosa che posso fare è aspettare.

Ma è difficile vivere con il costante pensiero che possa stare male, che non abbia nessuno che gli stia vicino.

Il corridoio è deserto all'ora di pranzo per fortuna, almeno posso sbrigarmi a scappare.

Mi avvio verso il mio armadietto per prendere i libri per la prossima lezione, ma sento qualcuno dietro di me.

Mi giro e vedo Tyler appoggiato all'armadietto accanto al mio, e mi si prende un colpo.

Mi ha seguita fuori dalla mensa?
Perché?

Continuiamo a guardarci, ma nessuno dei due sembra avere intenzione di spiccicare parola.

"Che c'è, Tyler?"
Comincio io a parlare, tanto so che lui non direbbe nulla comunque.

Continua a non dire niente.
Aspetto qualche secondo ma perdo la pazienza quasi subito.
Stufa, prendo i libri, chiudo l'armadietto e faccio per avviarmi verso l'aula della prossima lezione, ma Tyler si muove di scatto per sbarrarmi la strada.

"Nulla. Volevo solo sapere come stavi", dice improvvisamene, come se avesse paura che me ne andassi se lui non rispondesse.

Chiede a me come sto, quando è evidente che quello che sta male è lui?

"Sparisci per una settimana dopo avermi detto che mi ami e quando torni vuoi sapere come sto?!", sbotto.

"Mi dispiace, nocciolina.
Sarei voluto venire prima, ma ho avuto qualche problema"

"Del tipo?", domando, cercando conferma in quello che mi ha detto Susan a mensa.

Tyler sembra pensarci un attimo, come per valutare se dirmi la verità o no, ma quando capisce che non servirebbe a nulla mentire, si decide finalmente a parlare.

"Mio fratello mi ha chiamato, si è messo nei casini e gli serviva una mano, tutto qui", commenta tranquillamente, come se nulla fosse.

Mi sta dicendo che se ne è andato per una settimana per aiutare il fratello ad uscire dai casini?
Lo stesso fratello che l'ha abbandonato?

"Una volta mi hai detto che tuo fratello ti ha abbandonato. Quindi, stiamo parlando dello stesso fratello?"
Cerco di usare il tono più calmo che trovo, perché non voglio farlo arrabbiare e farlo andare via ora che è qui.

"Non sono affari tuoi, nocciolina", mi dice acido.

A quanto pare le mie parole non hanno l'effetto desiderato.
Anzi, sembra che abbiano colpito nel centro.

"Puoi smetterla di fare finta che ti importi qualcosa di me, non ci crede nessuno"

Come fa a dirmi queste cose guardandomi negli occhi?
Dopo tutto quello che abbiamo passato, che abbiamo affrontato insieme, pensa davvero che non mi importi nulla di lui?

Pensa davvero che per me gli ultimi mesi della mia vita non abbiano significato nulla?
Che lui non abbia significato nulla?

In questo momento, vorrei dirgli tutto quello che non ho avuto il coraggio di dire quella sera, quando mi ha detto che mi amava.

Vorrei dirgli che non è colpa sua se sono così infelice, ma so che non posso, perché poi dovrei spiegargli il vero motivo.

Vorrei dirgli che non è vero che mi ha fatto soffrire più di chiunque altro.

Vorrei dirgli che è lui che mi ha dato la forza per lottare.

E che come lui può lottare per me, io posso lottare per lui.

Non mi toccareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora