50. La verità

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Tyler all'inizio mi guarda perplesso, ma quando capisce di cosa sto parlando, sembra risvegliarsi da un brutto incubo.

"Nocciolina, non sei obbligata a farlo. Ti aspetterò, qualunque cosa costi"

"No, Tyler, voglio farlo adesso.
E scusami davvero se te lo dico egoisticamente, sapendo tutto quello che stai passando, ma non ce la faccio più a tenermelo dentro. Ti chiedo solo di non interrompermi, qualunque cosa succeda", mormoro. Cerco di deglutire il nodo che sento nella gola. "In qualunque stato io sia."

La voce mi trema, non riesco a stare ferma, non riesco a guardarlo negli occhi.

In mente ho solo una cosa adesso.È una scena, sono delle sensazioni, sono dei sentimenti, che si ripetono nella mia testa in loop con la forza di uno schiaffo.
E non riesco a pensare ad altro. 

"Non hai nessuna colpa.
Se ti farà stare meglio dirmelo, non posso far altro che accettarlo ed ascoltarti"

Annuisco, cercando di convincermi di quelle parole.
Più che altro, mi ci aggrappo con tutte le mie forze.

In questo momento sento che sono l'unica cosa che mi danno la forza di parlare.

Mi alzo dal divano, cammino avanti e indietro per la stanza, con la speranza di calmarmi, ma non funziona affatto.

Tyler vede che sono nervosa ma decide di non dire nulla e lasciarmi il mio tempo. Riesco a sentirlo alle mie spalle perfino respirare. 

Poi, finalmente, prendo una sedia, la poggio davanti al divano, e mi ci siedo sopra, con le mani tremanti in grembo, inquieta.

"Io... ", comincio, ma non so da dove iniziare.

"Avevo undici anni. Marty era piccolissima, e Jordy... Beh, lui non c'era.
Era a casa di alcuni suoi amichetti di scuola. Avrà avuto più o meno quattordici anni.
Sai come sono le estati da piccoli, si passano al mare, a giocare con i tuoi amici... ", comincio, cercando di far capire la situazione a Tyler.

È seduto con i gomiti sulle ginocchia e le braccia incrociate sulle gambe.

Sento che mi sta guardando, sta cercando di decifrare le mie emozioni, le mie reazioni, qualsiasi cosa che possa suggerirgli come mi sento in questo momento.

Ma non c'è bisogno di cercare. In questo momento mi sento vuota.

So che dovrei dirglielo guardandolo negli occhi, ma cambierebbe tutto.

Quello che sto dicendo stanotte diventerà reale.

Non sarà successo solo nella mia testa, ma qualcun altro potrà avere la conferma che non mi sono inventata nulla.

Che non mi sono rinchiusa in un angolo remoto della mia mente senza un motivo.

"Ero in spiaggia con mia madre, ma mi ero allontanata. C'era questo mio amichetto del mare, Alex, che mi aveva chiesto di giocare con lui con i racchettoni che la madre gli aveva comprato per il suo compleanno. Era così felice di mostrarmeli, Tyler", dico, la voce ridotta ad un sussurro. "Di farmi vedere quanto la madre ci tenesse a lui. Era il figlio di una cara collega di mia madre del lavoro, e avevo passato con lui e la sua sorellina Chloè tutte le estati da quando ero molto piccola. Siamo andati in cerca di un posto dove non ci fosse tanta gente, dove potevamo giocare senza disturbare e senza essere disturbati."

Mentre pronuncio queste parole, cerco disperatamente nella mia mente un ricordo a cui aggrapparmi per non crollare, anche se sento già quell'orribile nodo in gola che ti fa capire che devi arrenderti alle lacrime.

Ne cerco uno felice e, stranamente, ne trovo soltanto risalenti agli ultimi sei mesi della mia vita. E sono con tutti con Tyler.

Ed è proprio questo pensiero che mi da la forza di andare avanti.

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