47. Devo lasciarmi andare

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La madre di Tyler è stesa nel letto.

Ha il viso pallido e stanco, gli occhi chiari, azzurri come quelli di Dan, dello stesso colore della sfumatura di quelli di Tyler.

Sono bagnati di lacrime per il figlio che non vedeva da anni e ha perso i capelli, portatile via dalla malattia che la sta strappando con forza alla vita.

Io sono immobile nella stanza, aspettando che qualcuno parli, dica qualcosa.

"Sei veramente tu?", chiede piano, come se avesse paura che potesse scomparire da un momento all'altro.

"Sono io", sussurra Tyler, immobile in mezzo alla stanza.

Dalla voce sento che si sta trattenendo dal mettersi a piangere anche lui, ma vuole essere forte per la madre.

"Quanti anni sono passati? Quattro, cinque?
Perché non ti sei fatto vivo?", domanda piangendo, ma non sembra un rimprovero.

Sembra che voglia solo sapere che cosa ha fatto il figlio in tutti questi anni in cui non c'è stato.

"Mi dispiace da morire.
Io... non volevo tornare qui... dove tutto era cominciato... volevo andare avanti.
E ti ho lasciata qui da sola, facendo l'egoista, come sempre"

"Non è vero, figlio mio.
Hai fatto solo quello che era giusto.
Siamo stati noi gli egoisti, io e tuo padre. Dopo tutto quello che avevamo passato, che avevate passato, abbiamo deciso di farvi soffrire ancora di più", sussurra, e chiude gli occhi, per far scendere tutte le lacrime che gli appannano la vista al solo ricordare il passato.

Vedo che Tyler non sa che dire, non sa che fare, non sa come comportarsi.

"Ma non ha importanza adesso, non pensiamoci più, okay?", aggiunge asciugandosi le lacrime, e sforzandosi di fare un gran sorriso.

"Allora, chi è questa bella ragazza?", chiede girando lo sguardo lentamente verso di me, per quanto la malattia glielo permetta.

Tyler sembra riprendersi, e si muove silenziosamente nella stanza, mettendosi vicino a me, prendo la mia mano.

"Lei è noc... È Ele, è la ragazza che amo", dice piano Tyler, correggendosi, e cercando di decifrare la reazione di sua madre.

A sentire queste parole, mi si scalda il cuore, e a quanto pare, anche alla madre di Tyler.

Sembra quasi sul punto di piangere di nuovo quando dice:
"È vero, cara?", chiede, rivolta verso me.

"Si, signora", rispondo, con la voce che trema.

"Oh, puoi chiamarmi May. Ho solo cinquant'anni, in fondo.
Mi offendi se mi trovi così di brutto aspetto", dice scherzando, cercando di sdrammatizzare la situazione, con un gran sorriso sul volto.

Un medico entra nella stanza, e ci annuncia che l'orario di visita è finito.

"Avrei così tante cose da chiedervi", commenta pensierosa.

Quando vedo che Tyler non accenna a parlare, rispondo io per lui:
"Siamo qui anche domani, May.
Passeremo sicuramente", le dico sorridente, cercando di rassicurarla, e lei annuisce felicemente.

Non mi toccareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora