25. Lo stesso di sempre

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È venerdì, e la realtà si avvicina di più, minacciando di battersi contro di me.
La partita è domani, e nessuno mi ha invitata.
Ovviamente me lo aspettavo, ma questo non significa che non mi importi, anzi, mi importa e come.

Susan ha ricevuto ieri la proposta da un giocatore di football e, anche se all'inizio voleva dirgli di no, alla fine ha accettato.
Non mi piace molto, anzi, non mi ispira affatto, ma non voglio rovinarle l'entusiasmo, quindi immagino che dovrò farmelo andare bene.

Io non penso neanche di andarci, comunque, sembrerei soltanto patetica a presentarmi da sola.

"Con chi vai alla festa di sabato?", domanda Paul sorridendomi, risaltando i suoi occhi nocciola e i suoi corti capelli biondi.

Non lo picchio solo perché è sempre stato gentile con me ma, se sento ancora qualcuno parlare di questa stupida festa, non mi tratterrò dal prenderlo a pugni.

Cerco di mantenere la calma e rispondo, con il tono più indifferente del mondo:
"Non penso di andarci. Andrò a vedere la partita per far compagnia a Susan e poi me ne ritornerò a casa. E poi, non mi ha invitata nessuno", ammetto, cercando di nascondere l'imbarazzo che sicuramente si può leggere nei miei occhi in questo momento, motivo per il quale mi odio.

"Non c'è bisogno di andarci in coppia con qualcuno. Ci si può andare anche da soli", mi dice, cercando di tirarmi su di morale, notando che la cosa mi rattrista un po'.

"Non sarebbe un po' da... sfigati?", chiedo dubbiosa.

Insomma, è una festa per coppie.
Che senso ha andarci da soli?

"Non per forza. Ti potresti davvero divertire", mi incoraggia, e io annuisco poco convinta.
Non ci andrei mai da sola, perderei l'unico briciolo di orgoglio che mi è rimasto e che ho coltivato con tanta pazienza.

Arriviamo nell'aula di inglese e, mentre mi siedo, lo vedo fare una cosa strana.

Si guarda un po' intorno alla ricerca di qualcosa e, quando sembra aver trovato quello che gli serve, si dirige verso una piccola mensola dietro la cattedra, su cui è appoggiato un vaso di fiori finti.

Estrae i fiori dal vaso e si incammina verso di me, con un gran sorriso sul volto.

Quando arriva davanti al mio banco, si inginocchia ridendo e chiede:
"Ele Cassidy, ti piacerebbe accompagnarmi alla festa di domani sera?"

Rimango spiazzata da quelle parole, ma cerco di non darlo a vedere.

Sorridi, sorridi, sorridi.

Sei felicissima che lui ti abbia invitata!

Cerco di improvvisare un sorriso ottimista ed entusiasta poter, provando a mostrarmi al settimo cielo.

Io davvero non mi capisco, erano giorni che aspettavo questo momento e, ora che è arrivato, non mi sento affatto felice.
Dovrei essere al settimo cielo perché Paul mi ha invitata, perché è un ragazzo d'oro, gentile e paziente con tutti.

Eppure, non riesco a smettere di pensare a...

"Allora, che ne pensi?", domanda ansioso, inginocchiato davanti a me.

"Puoi alzarti, ora", gli dico ridendo, e lui si alza, piazzandosi davanti a me.

"Allora, ci verrai?"

Non mi toccareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora