39. Un passato difficile

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Tyler è accovacciato a terra, e intorno a lui c'è il caos.
Sospetto anche dentro di lui.

Ha distrutto tutto quello che c'era intorno a lui e adesso, forse le uniche cose rimaste intatte siamo noi.

Sono in piedi accanto alla porta, ma non ho il coraggio di muovermi.

"Tyler... ", sussurro piano, sperando mi senta.
Alza la testa, e in un primo momento sembrerebbe sorpreso di vedermi lì.

Sorpresa che lascia subito il posto alla rabbia.
Noto che ha il viso stanco, gli occhi rossi, e l'espressione triste.

Mi maledico per averlo lasciato solo tutto questo tempo.
Come ho fatto a pensare di smettere di lottare per lui?
Come ho fatto a pensare di lasciarlo così?

"Va via, nocciolina", dice, lo sguardo piantato nei miei occhi, come per voler sottolineare le sue parole con durezza.

"Non ti lascio qui da solo"

"Ho detto di andartene!", urla all'improvviso.

Io sussulto per la paura, e lui se ne accorge, ma non sembra che in questo momento gli importi tanto se mi ha spaventata o no.

"Non mi escludere di nuovo, Tyler, ti prego Voglio solo starti vicino... ", sussurro trattenendo le lacrime.

"Non ho bisogno di te"

Questa fa male, e lui lo sa.
Ed è propio per questo che l'ha detto, perché pensa che ferirmi servirà per farmi andare via.

Ma ormai ho imparato a capirlo, ho imparato a decifrare le sue parole, e so che questa è una richiesta d'aiuto.

Non mi perdo d'animo, e mi avvicino ancora di più a lui.

Mentre mi avvicino, i nostri occhi non perdono mai il contatto.
Lui non dice niente, non ribatte più, non prova più a mandarmi via.

Vedo nei suoi occhi la rassegnazione, vedo che si è arreso.

Ma non a me, si è arreso a se stesso.

Abbassa la testa, come se si vergognasse di tutto questo, si vergognasse di se stesso.

"Tutto questo mi dice il contrario", dico, riferendomi al caos che ci circonda.

Adesso sono io che devo essere forte, per lui.
Per quando lui lo è stato con me.

Mi inginocchio davanti a lui e gli poso le mani tremanti sulle guance per farmi guardare negli occhi.

Ci vedo tanta tristezza, tanta rabbia, tanto rimpianto.
Tyler è fatto così: questo è il suo modo di chiamare aiuto, di sfogarsi, di lottare contro se stesso e le sue paure.

"Che cosa è successo, Tyler?", chiedo dolcemente.
Questo contatto fisico con lui è strano per me, è nuovo, e per certi versi fa male.

Ma non so se in modo positivo o negativo.
Perché anni fa, quando qualcosa mi ha cambiata nel profondo, ho cominciato a pensare che non sarei stata mai in grado di condividere certe cose con una persona, come fanno tutti intorno a me.

Ma quando ho conosciuto Tyler, ho capito che forze lui sarebbe potuto essere la mia eccezione.

Sapevo già che non sarebbe stato facile, sia per me che per lui, e all'inizio ho mollato.

L'abbiamo fatto entrambi.

Ma è difficile fingere di stare bene quando c'è una persona, ovunque essa sia, che riesce a leggerti dentro come è successo a noi.

Perché tanto quella persona ti troverà sempre. Vi ritroverete sempre.

Possiamo scappare quanto vogliamo, ma alla fine ci ritroveremo sempre qui, tristi o felici, arrabbiati o meno, insieme.

Non mi toccareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora