15.

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Ero al centro di un grande prato, il sole illuminava tutto attorno a me e potevo sentire l'odore di carne sul fuoco. Lasciai vagare lo sguardo intorno a me cercando di trovare qualcosa di familiare, ma...nada. Poi, comparve dal nulla una specie di tempio bianco, con grandi colonne in marmo. Sentii delle voci provenire da lì e decisi di avvicinarmi ancora un po'. Mi appostai dietro ad una delle colonne origliando.

-Io... Dovevo difendermi- implorava una voce tra i singhiozzi -Sarei morta!-

-Non è consentito l'uso delle armi in questo tempio!- sbraitó una voce maschile e grave.

-Padre, sarebbe morta- intervenne la voce di una ragazzina, approssimai la sua età attorno ai dieci anni, ma non ne ero sicura.

-Ha violato le sacre leggi! Ha disonorato il volere degli Dei!- la sgridó il padre della ragazza.

-Ti prego, papà!- imploró ancora la ragazza cercando di fermare i singhiozzi, senza riuscirci.

-Mi dispiace...- la voce del signore si addolcì, ma solo per un attimo.

Mi affacciai cercando di vederci qualcosa e avrei preferito non farlo. Seduta con la veste bianca ormai ridotta a brandelli una ragazza dai capelli scuri si teneva il viso tra le mani e accanto a lei una ragazza più piccola le massaggiava la schiena; lei aveva i capelli raccolti in una treccia laterale molto ordinata, mentre la ragazza bruna portava una coda alta. A pochi passi da loro, in piedi, c'erano tre uomini due dei quali in armatura e uno con un mantello rosso.

-Io, re di questo Regno, condanno a morte mia figlia Elena, vestale del tempio di Vesta, per aver spezzato il suo antico giuramento- proclamó con voce solenne, non esprimeva emozioni, niente affetto o risentimento, niente di niente. Le due guardie scollarono la ragazza bionda da sua sorella, presumo, e portarono via quella bruna. La ragazzina crolló sulle ginocchia e urló conto il padre. Stavo per saltare al collo di quel bimbominchia del padre per tagliargli la testa, ma avevo le gambe incollate al suolo e mi muovevo con estrema lentezza. Mi sentii gli occhi pizzicare e lasciai le lacrime scorrere. Mi sentivo come la ragazzina bionda: impotente e fragile. Io odio essere impotente e fragile, non ci riesco proprio. Cercai di alzarmi, ma ero incollata con il "super attack", così decisi di aprire gli occhi e non vidi più il prato di fronte a me. Il paesaggio era cambiato: ero in una specie di camera in pietra, ovviamente, senza uscita. Accanto a me una ragazza piangeva disperata, cercai di avvicinarmi a lei per aiutarla, rassicurarla, ma le mie mani la attraversarono. Non sapevo chi delle due fosse il "fantasma di turno", ma visto che lei non mi aveva visto era probabile che lo fossi io. Mi asciugai le guance con i palmi delle mani e mi misi in piedi. C'era un piccolo buco nel muro, disegnai la sua circonferenza con il dito. Mi guardai intorno e vidi che non c'era niente, un po'd' acqua, del cibo, assolutamente nulla. Il messaggio era chiaro: doveva morire. Mi imbestialii, non è possibile che le donne non potevano (e tutt'ora, in alcuni paesi) non possono rivendicare i propri diritti. Scommetto l'occhio della mia testa che se fosse morta scorticata dalla manticora, il re avrebbe trovato il modo di condannarla. Immaginavo già cosa sarebbe successo: "Per tutti gli Dei! Perchè si è lasciata uccidere e non si è difesa? Ora chi pulirà il sangue?". Come mi stavano urtando i nervi non potevate nemmeno immaginarlo. Da quella fessura, come se non bastasse, iniziarono ad entrare chili e chili di sabbia e terra. La ragazza subito corse verso di me (attraversandomi) per cercare di tappare quel buco, ma non ci fu niente da fare. Ormai la sabbia ci era arrivata al collo e continuava a salire, sopra di noi il soffitto in pietra minacciava di schiacciarci. In un attimo i miei polmoni erano pieni di sabbia e mi risvegliai con la strana sensazione di non poter respirare.

la profeziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora