CHAMPAGNE
QuattroVoglio tocar per te
Settembre
Filippo è un disordinato del cazzo. Non solo, Filippo è anche un pigro di merda per quanto riguarda le pulizie, ma non è colpa sua. È così occupato con le registrazioni per l'album che non ha il tempo per fare il bravo padrone di casa - eppure sua madre glielo aveva detto: sta' attento a lasciare tutto in ordine ogni volta che esci.
Già, magari lo avesse fatto - il cantautore sospira raccogliendo tutte le bottiglie vuote tra le braccia e buttandole nella spazzatura. Porca miseria, che cazzo di casino.
Farebbe meglio a spa - cosa ci fa una mutanda sul pavimento del salotto? Sospira ancora e getta tutti i panni nel mobiletto di fronte al divano.
Ha invitato Einar a casa dopo quasi una settimana di messaggi e deve essere pronto ad accoglierlo, fargli capire che non vive in una fottutissima giungla.
Mentre il cantautore è impegnato nelle faccende domestiche, Einar ha sbagliato strada tre volte - si è perso tre volte. Non è di certo colpa sua se Milano è così incasinata e complicata e le linee della metro si assomigliano tutte: i colori non lo aiutano, i colori lo confondono. Per non parlare di quel labirinto di corridoi sotterranei infiniti, della gente sempre di fretta (ma cosa avranno mai, i milanesi, da fare così di corsa per tutto il giorno? Ma la conoscono la parola leggerezza? Cazzata, Einar, non la conosci più nemmeno tu), di indicazioni per una via o per l'altra (che, una volta arrivato in superficie, si rivelano essere la parte opposta della strada - o forse, come gli è successo, quasi la parte opposta della città). Sbagliando, comunque, si è imbattuto in un negozietto etnico e ha comprato della birra e degli arachidi da portare a casa di Filippo. Sì, a casa di Filippo, dove è finalmente arrivato (in ritardo di una ventina di minuti e dopo aver borbottato in spagnolo contro l'intero servizio pubblico milanese) con la confezione delle birre sotto braccio e in mano il pacchetto degli stuzzichini. Allunga un dito e suona al citofono (Fanti) con una voglia di vedere il cantautore tanto grande da confonderlo fastidiosamente: per un attimo ha pensato di non accettare l'invito, ha pensato che sarebbe stata una tentazione troppo grande alla quale resistere, essere a casa solo con lui, no? E poi - taci. Taci, cazzo. Taci: sei fidanzato con Joele e - ah, e come mai non glielo hai detto, al tuo ragazzo, che stai andando a casa di Filippo, eh, Einar? Taci. Cazzo, vocina - taci.
Spinge il pesante portone (sperando di spingere via anche i pensieri) della palazzina ed inizia a salire le scale, tutto vestito sportivo ma con la giacca allacciata fino al collo - fa sempre freddo lì, possibile?
Filippo sospira non appena suona il campanello: la casa sembra decente ed il ritardo di Einar è stato quasi una manna dal cielo - fosse arrivato in orario, sarebbe stato un disastro.
"Ciao." dice, una volta aperta la porta. Lo squadra dal basso verso l'alto e si lecca le labbra - Dio, Dio, calmo, cazzo, calmo.
"Niño -" lo saluta quello imbronciandosi già, ancora sulla porta di casa (birre e arachidi tenuti stretti, così come la voglia di saltargli addosso) "- mi sono perso tre volte - ¡tres! Perché la metro è così difficile da capire? Joder."
Filippo si sposta per farlo passare, trattenendo una risata. "Ma come cazzo hai fatto a perderti? Dalla stazione è facilissimo arrivare qui." scuote il capo, divertito. "Devo scriverti le indicazioni per bene, la prossima volta."
"Facile? Estai scherzando" sbuffa il cubano consegnandogli birra e arachidi dopo essere entrato - oh, che bella casa: luminosa e moderna. Si guarda attorno con aria curiosa e si sfrega le mani, infreddolito.
Il cantautore lo guida verso il divano, posando sul tavolino di fronte al divano la birra e le noccioline. "Grazie per la birra e gli arachidi, comunque."
"De nada" gli risponde lui e si lascia cadere sul divano senza abbandonare la giacca - ci si sistema un po' meglio dentro. "Anzi, devi ringraziare la seconda volta che ho sbagliato metro. Ma como es posible che non si capisca mai in che direzione vadano aquellos jodidos trenes?"
Quello ride ancora e gli si siede affianco. "È tutta questione di abitudine: devi farlo e rifarlo finché non ti abitui."
"Me viene in mente un chico che a Cuba provò a fare e rifare qualcosa finché non ci si abituò" gli risponde Einar voltandosi un po' per poterlo guardare negli occhi con un sorrisetto malizioso - Dio, inizia bene. "Proprio no me ricordo cosa, però."
Filippo lo fissa negli occhi, divertito e si finge curioso. "Davvero? E com'era questo chico?"
"Gli piaceva el cubalibre. E il sesso" ride il cubano, gli occhi blu luminosissimi. "Non so se più el cubalibre o el sexo, però" e fa finta di pensarci su, le dita che picchiettano sul mento. "Forse il sesso, sai?"
Quel fantastico sesso che il cantautore ha cercato di continuo senza riuscire a trovare nulla che ne fosse all'altezza. "Mica scemo questo qui." e gli si fa più vicino.
"Per niente" ride Einar ed allunga una mano ad accarezzargli i capelli, le dita a scivolare tra le ciocche - lo osserva per bene e sorride un po', notando, però, quanto Filippo paia provato. "Sei stanchissimo" fa - vicino, si è ritrovato molto più vicino a lui. Troppo vicino.
"Non così tanto." risponde Filippo, tirandolo a sé, per abbracciarlo. "Sei davvero bello." nota, baciandogli una guancia.
Quello gli si accoccola meglio tra le braccia (il fruscio della giacca contro il suo corpo) e lo stringe a sé, sorridendo - la mano ferma tra i suoi capelli. "Anche tu" sospira allora, che quasi si è arreso a se stesso e ha buttato fuori questo piccolo pensiero.
E l'altro lo bacia ancora, sulla tempia e di nuovo sulla guancia, incapace di trattenersi.
Einar alza lo sguardo per incontrare i suoi occhi, sorride dolcemente, la mano ad accarezzargli il viso. "Ciao" fa di nuovo, come se solo in questo momento stessero davvero entrando in contatto - toccandosi.
"Ciao." sorride l'altro, strusciando la punta del naso contro lo zigomo. Glielo bacia, poi, e gli bacia anche il naso.
Quello socchiude gli occhi rilassandosi e sentendo finalmente meno freddo - un respirone. "Ho registrato el video per il provino. Mi ha aiutato Jo a fare tutto" spiega, che Joele è stato davvero meraviglioso: lo ha aiutato in tutto, ha usato i suoi giorni di festa per dargli una mano, per scegliere le canzoni con lui, per sostenerlo - per permettere che tutto diventasse vero. Dio, quanto gli deve. Gli deve davvero tanto. "Vuoi vederlo?" chiede un secondo dopo.
"Assolutamente." dice e lo stringe. "Fa' vedere."
"Espera - tengo una idea mejor" si tira su Einar, che gli è venuto in mente che forse potrebbe - "Hai una chitarra? Voglio tocar per te" fa e forse lo sa, che si sta incasinando con le sue stesse mani.
Filippo lo guarda, sorpreso ed annuisce. "Te la prendo." fa e va a prenderla, tornando un minuto dopo. "Eccola."
Quello si sfila la giacca e poi prende la chitarra tra le mani e la rigira un po' osservandola per bene, accarezzandola come se fosse il corpo di - oh. Si siede sul bracciolo del divano, le gambe accavallate e lo strumento appoggiato sulle cosce: pizzica le corde per qualche attimo, sistema qualche accordo e poi si schiarisce la voce. "Vado?" fa alzando gli occhi a guardare Filippo.
"Prego." esclama lui, ammirandolo.
Einar prende un grosso respiro, poi torna ad abbassare gli occhi sulle corde della chitarra.
"Facciamo un viaje che ne dici? Imagina le cicatrici, estrade de Parigi, le lacrime e il Tamigi" inizia, mischiando quasi con naturalezza la propria lingua al testo italiano. "Sarò lì, a fianco a te, dai, credime che passerà" fa una piccola pausa, la testa che si muove lentamente da una parte all'altra e il cuore che batte fortissimo - la caviglia che segue il ritmo. Aveva pianto la prima volta che Filippo gli aveva cantato quella canzone, stesi sul letto della villetta di Cuba. Fa tanto male, aveva ammesso e dopo si era abbandonato a lui, spaccato in due dalle emozioni e dai ricordi. Adesso un altro respiro, per poi riprendere. "Che vuoi che sia, te trucchi una otra volta - andiamo via. El cielo en questa stanza sembri te, eh. Me prenderò yo cura de te" canta, la voce elegante, pulita e le dita che si muovono con cura sulle corde tese - la caviglia che dondola lentamente, finché, a canzone finita, le note scemano lasciando i due in assenza di rumori.
Filippo lo ascolta in silenzio, completamente rapito: ha voglia di alzarsi e baciarlo, baciarlo tanto tanto. Baciarlo e levargli il respiro. Baciarlo e... - si alza e gli si avvicina, gli prende il viso tra le mani ed appoggia la fronte contro la sua.
"Dimmi che posso baciarti." mormora, ché la sua interpretazione è stata incredibile. "Voglio baciarti, dimmi di sì."
Il calore che si dipana ovunque nel corpo di Einar è inquantificabile ed indescrivibile: lo stomaco gli si è ribaltato insieme al cuore e il respiro gli si è spezzato - a dividerli pochi centimetri e forse una chitarra. Basterebbe dire di sì, lasciare che le loro labbra si ricongiungano dopo così tanto tempo, troppo tempo. Basterebbe un bacio, un bacio soltanto e - Dio, no. No. No.
Einar si alza in piedi e sfugge delicatamente alla presa di Filippo, a quella trappola erotica nella quale si è infilato da solo - si volta di spalle e si stropiccia il viso con le mani (lì dove lo ha afferrato Filippo, però, la pelle brucia ancora) frustrato. Gli manca il respiro e deve calmarsi, che il suo corpo sta reagendo a quel momento in maniera spropositata - ma si può essere davvero spropositati se si parla di Filippo? No, cazzo, no.
"Ti ho storpiato un po' le parole, ma -" dice allora, ancora di schiena "- la versione del casting è en italiano quasi puro."
Il cantautore si passa le mani sul viso e sospira un po', prima di respirare profondamente. Va tutto bene, tutto bene.
"Mi piace come la canti." fa, deglutendo, come se non gli avesse appena chiesto di poterlo baciare - troppo presto. "Per me spacchi di brutto." e schiarisce la gola, aprendosi una birra.
Quello si volta - finalmente - e segue il suo esempio buttando giù un lungo sorso di birra - cazzo. Torna a sedersi sul divano, la chitarra adesso appoggiata alla poltrona. "Dici? Non lo so, io - a me non convince, sai" fa, una mano a torturarsi l'occhio, ansioso.
Filippo prende un sorso piuttosto lungo e lo manda giù quasi a fatica. "Beh, la canzone è mia -" comincia. "E per me è una bomba." si lecca le labbra e lo guarda. "Che altre canzoni porti?"
"All of me" risponde quello, la mano che scivola sul suo braccio e lo accarezza piano. "L'ho portata a X Factor, Jo mi aveva dicho che era una canzone molto famosa - io non la conoscevo, sai" sorride un po' - le dita che si fermano sul suo polso, lì a sfiorare il tatuaggio, lettera per lettera. "E poi anche El diario degli errori" aggiunge umettandosi le labbra. "Questa l'ho preparata apposta per Amici, insieme alla tuya."
"Sono onorato tu abbia scelto una mia canzone, sai?" fa e manda giù un altro sorso. "E sono sicuro che spaccherai. Sono due canzoni davvero belle."
"Mi guardi, però?" sospira Einar, che adesso è tutto ciò di cui gli importa. "Niño, mírame - porfa."
Filippo si volta a guardarlo e si morde un labbro, allungando una mano verso i suoi capelli. "Sai che potremmo finire per avere un taglio molto simile?" scherza un po'.
Lui ride (un po' più sollevato) e posa la mano sulla sua. "Così ci escambiano" fa, voltando il viso per baciargli il palmo della mano. "Lo sai, sono così orgulloso de tutta la estrada che hai fatto in questo anno" sorride. "Mi ricordo la prima volta che ti ho visto, eri - sai, eri così intrappolato, oppresso dai pensieri e ora... guardati, hai davvero portato con te la libertà che hai trovato a Cuba."
Il ventiduenne appoggia la fronte contro la sua e sospira. "Tutto grazie a te." dice, chiudendo gli occhi. "Non è stato facilissimo, ma -" si lecca le labbra.
"Non vedo l'ora di ascoltare il tuo nuovo album" sorride Einar accarezzandogli i capelli e lasciando, poi, un bacio contro la tempia, sfiorandola appena con le labbra. "E de vederte cantare davanti a tutti, sul palco."
Ed è lì che a Filippo viene un'idea incredibilmente stupida o geniale. "Sai, mercoledì apro il concerto della Pausini al Forum." comincia e manda giù un magone inspiegabile. "Perché non vieni?" dice. "Tu ed il tuo ragazzo - John, no, no, Joele. Vi procuro dei pass, quelli per il mio staff o qualcosa del genere."
Oh. Einar lo fissa dritto negli occhi, il cuore che batte così forte mentre cerca di mettere in ordine tutti gli elementi: Laura Pausini (e subito gli viene in mente suo padre), Filippo che aprirà il suo concerto (wow) e anche tu e il tuo ragazzo (ah). "Dici - aprirai el concerto de Laura Pausini?" chiede, le labbra che si schiudono di nuovo di sorpresa mentre si rende conto che wow, Filippo canterà davanti a tutta quella gente e scelto da Laura Pausini - e la parola papà che gli vortica in testa.
Lui sorride. "Incredibile, vero? Ancora non ci credo." e si getta all'indietro, tirandoselo addosso, ché ha bisogno di sentirlo, di esserne schiacciato.
Il cubano lo abbraccia, gli si accoccola contro e chiude gli occhi: chiederà un permesso a lavoro per poterci andare, non vuole mancare per nessuna ragione al mondo - non vuole nemmeno sapere perché non vuole mancare.
"Sarò lì, niño" e lì gli lascia un bacio sulla spalla, per poi stringerlo più forte a sé. "Sarò lì."
A quelle parole, il più piccolo sorride e lo stringe forte a sé, baciandogli una tempia - chissà perché quella rassicurazione gli manda via l'agitazione, sentendosi in qualche modo un po' più tranquillo.
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Champagne || Eiram
FanfictionCONCLUSA - Eiram | Sequel di Cubalibre | 2018 ed Einar vede la sua realtà sgretolarsi e la sua leggerezza andare via. Ma Milano è diversa da Cuba, la vita è diversa - anche Filippo ed Einar sono diversi, adesso. In un viaggio tra flûte di champagne...