VENTITRÉ

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CHAMPAGNE

Ventitré

Quasi l'alba

Sabato 16 Marzo

Forse Einar è diventato scaramantico negli ultimi mesi. E pensare che prima prendeva tutto come veniva, con leggerezza, col carpe diem, col come va, va. Forse è diventato scaramantico a furia di frequentare Filippo. O forse la sua è solo insicurezza, paura di fallire, terrore - tutte emozioni alle quali ha dovuto far fronte con questa sorta di scaramanzia per proteggersi. Ha letto questo articolo, su internet, che parlava del colore verde - il tanto agognato colore verde. Diceva che era il colore della speranza, ma soprattutto che il colore verde conferisce tenacia e perseveranza nel conseguire i propri progetti - i propri progetti. Ed Einar, mentre leggeva l'articolo sul suo cellulare, aveva sentito lo stomaco serrarsi in una morsa d'ansia che gli aveva fatto desiderare non aver mai letto niente: chi sceglie il verde si sente spesso insicuro dando prova di fragilità nei confronti di se stesso - aveva smesso di leggere perché l'ansia era diventata troppa e a lui aveva iniziato a mancare l'aria.
A pensarci, però - a pensarci adesso, da lucido -, forse aver letto l'articolo gli ha portato fortuna. Non è scaramanzia anche questa, in fondo?
Fortuna - no, non si tratta di fortuna, si tratta di studio, di impegno, di denti stretti, di notti insonni, di pianti isterici, ecco di cosa si tratta.
Einar ce l'ha fatta, un piccolo passo in avanti, un po' più in avanti - ce l'ha fatta e forse è ciò che importa. Non è fortuna, è stato impegno, è stata perseveranza.
Einar sei al serale, ha quasi riso Maria con quel sorriso enorme e lui non è riuscito a muoversi dal centro del palco pensando di aver capito male - com'era possibile, dopotutto? Aveva passato le ultime lezioni con un nodo in gola, quelle con Rudy Zerbi come incubi zeppi di stress ed ansia. Com'era possibile che fosse arrivato al serale?
Einar, sei al serale, hai capito?, gli ha ripetuto Maria e a quello si è mozzato il fiato in mezzo al petto, mentre allungava il braccio ed afferrava la felpa verde - lo stomaco che faceva malissimo. Einar sei al serale - gli occhi sono diventati lucidi mentre indossava la felpa e solo chiudendo la zip (beh, in studio faceva freddo!) è riuscito a tornare a respirare. Serale. Einar sei al serale, Einar sei al serale, Einar sei al - joder.
Ed è stato sulla scia dell'adrenalina che il cubano, con null'altro che il portafogli ed il telefono, è saltato sul primo treno per Milano - la felpa verde ancora indosso e sopra una giacca calda. Sarà anche marzo, ma lui ha comunque freddo.
Si è seduto al suo posto prenotato (prenotato in extremis, che praticamente il treno stava partendo) ed ha chiamato Joele dopo aver trovato i suoi mille messaggi: quasi si è sciolto in un pianto di sollievo al telefono con il bresciano, mentre gli confessava che durante la registrazione della puntata, aveva conquistato la felpa. Lui, lui aveva conquistato la felpa ed ora stava per sciogliere ansia, stress e felicità in un pianto, con Joele dall'altro capo del telefono che Ein, lo sapevo, lo sapevo!, e lui che quasi non riusciva più a parlare dall'emozione.
Non dirlo a Filippo, si è raccomandato Einar quando è riuscito ad articolare una frase sensata, consapevole che il cantautore sarebbe rimasto incastrato per tutto il pomeriggio in una di quelle riunioni senza fine e anche che aveva chiesto a Joele di fargli sapere qualcosa in caso Einar avesse conquistato la maglia verde con un sabato di anticipo. Non dirglielo, ha ripetuto e poi ha passato ancora un po' di tempo a parlare con Joele, sentendosi via via più leggero e rilassato - le dita che stringevano comunque il polsino della felpa verde, quasi ancora non ci credesse.
È per questo che, adesso che è arrivato a Milano, Einar ha raggiunto il parcheggio della sede della Warner (e anche senza perdersi in metro quelle mille volte) ed ha individuato l'auto di Filippo - è stato piuttosto facile, zarrogante com'è.
Ed è lì, Einar. È appoggiato alla fiancata della macchina, le caviglie intrecciate, le gambe lunghe, i muscoli tesi sotto la tuta nera - tiene le braccia incrociate al petto e si è tirato su il cappuccio del giaccone. Freddo. È lì, è lì e aspetta, quasi un po' nascosto, nella fredda sera di Milano - sorride.
Nel mentre, Filippo è totalmente divorato dall'ansia: ha passato tutto il tempo a pensare ad Einar, al serale, alla sua fottutissima media. Dio, sa che i compagni di squadra gli hanno concesso il punto in più per alzare la media, ma chissà che cazzo di voti gli avranno dato. Merda.
Prende un respiro profondo ed entra in ascensore con altre tre persone senza farci nemmeno caso. Caccia il cellulare dalla tasca e controlla le notifiche: social, social, social. Nessun messaggio di Joele, nessun messaggio di Einar - cazzo, non può credere che non gli abbiano dato la maglietta neanche questo sabato. La settimana prossima ci saranno gli ultimi posti e la divisione in squadre e - esce dall'ascensore e poi dall'edificio, camminando verso la macchina ancora preso da tutti quei pensieri.
Adesso che può vederlo, il cubano fissa Filippo avanzare lungo la strada senza realmente essere presente con la testa: Filippo ha quel modo di camminare che gli piace da morire, quasi dondolando un po', le piume che ad ogni passo gli accarezzano il collo - una mano in tasca e sempre così tanto nudo per quel freddo che sente lui.
Quasi gli viene da ridere quando nota che il cantautore sta praticamente tirando dritto, tanto preso dal telefono e dai pensieri che sta andando direttamente ad aprire la portiera dal lato del guidatore - no, Filippo non lo ha proprio visto, non ha fatto caso alla sua presenza.
"Ciao" fa, allora - la voce bassa, un po' roca per il troppo star zitto (e forse anche per quella stupida aria condizionata in treno).
Filippo quasi salta dalla sorpresa a quel saluto. Alza lo sguardo per puntarlo verso Einar che lo sta guardando. Si lecca le labbra e fa per aprire la portiera, quando il suo cervello lo costringe a rialzare gli occhi perché - Einar?
"Tu - cosa...?" chiede, senza fiato. Fa' che non sia qui perché è stato eliminato, fa' che non sia qui -
"Ho voglia de festeggiare" scrolla semplicemente le spalle quello, gli occhi blu che luccicano anche in quella semi oscurità.
Il cantautore gli si avvicina e gli afferra il viso tra le mani - sorride piano. "Festeggiare?" domanda, fissandolo. "Cosa fest - oddio." spalanca gli occhi, quando la risposta arriva senza che l'altro dica nulla. "Cazzo, hai preso la maglia! Cazzo, cazzo, cazzo." esclama, abbracciandolo forte.
Einar ride piano scivolando con la bocca contro la sua guancia - la morde schiudendo un po' le labbra, le braccia strette attorno al suo corpo. "Beh, sì -" fa con un sorrisetto. " - l'idea è de festeggiare proprio con quello."
Quello scoppia a ridere e sospira contro il suo collo. "Entra in macchina, voglio baciarti e festeggiare proprio come vuoi."
"Ay, le cose se fanno interessanti" risponde Einar, gli angoli della bocca rivolti all'insù: lascia che Filippo apra la portiera (ancora abbracciato a lui) e che lo spinga sul sedile, in auto - un'altra risata.
Filippo entra dal lato del guidatore e lo guarda, incredulo. Ha preso la maglia, lo sapevo, lo sapevo, lo sap - "Raccontami tutto. Voglio sapere ogni dettaglio." fa prima di allungarsi per baciarlo.
L'altro si perde nel bacio per qualche attimo, le labbra che si schiudono con uno schiocco morbido - gli tira un ricciolino. "Quando Maria ha dicho che estavo al serale non ho nemmeno risposto. Me lo ha dovuto ripetere otra vez - pensava non avessi capito" ride piano e, nel mentre, lascia una scia di bacini lungo il suo viso.
Il cantautore ride e lo bacia dolcemente sulle labbra, sospirando contento. "Sapevo che ci saresti andato, lo sapevo." mormora, dopo avergli morso piano un labbro. "Dio, avrei voluto vederti con la felpa verde addosso."
Einar sospira piano, le dita che scivolano sulla zip della propria giacca - si fermano. "¿Quieres verla ahora?" sussurra piegando appena il capo da un lato, il sorriso sghembo sulla bocca.
Quello lo guarda stupito, poi gli fissa le mani. "L'hai addosso? Ora?" chissà perché quel pensiero gli appare così eccitante.
"Ora" conferma il cubano iniziando a far scendere la zip, lentamente e mostrando, sotto, il tessuto verde: slaccia del tutto la giacca, i movimenti graduali, armonici - si lecca piano le labbra. "Nanananana - nanana" canticchia con voce arrochita, quasi stesse facendo sul serio uno spogliarello, seduto in auto davanti a Filippo - sorride ("Nananana - na") scoprendo del tutto la felpa verde, la scritta Einar proprio sul cuore.
Filippo lo squadra con un sorriso stupido sulle labbra: gli sta così bene, è così bello. "Ti sta da Dio, amore." mormora. "La rendi così sexy."
"Trovi?" domanda l'altro lasciandosi guardare per qualche attimo ancora, gli occhi fissi sul suo sguardo così - joder - lussurioso ed orgoglioso - si lecca le labbra di riflesso. Un secondo dopo si avvolge nuovamente nella giacca, ridendo e facendo scomparire la felpa verde - bacia Filippo con forza sulla bocca, carico di adrenalina.
"Casa." bofonchia il ventitreenne tra un bacio e l'altro. "Casa, casa o Lorenzo mi ammazza." dice ancora, ma lo bacia di nuovo.
"Casa" ripete Einar, le dita che scivolano tra i ricci del fidanzato ed un sospiro bollente sulla sua bocca - cazzo, è tutto così eccitante con Filippo. Calma - no, ancora un bacio, un altro, un altro.
Prende un respiro profondo e spinge un po' Filippo all'indietro, al suo posto, sul sedile - distanza di sicurezza. "Vuoi sapere como è andata?" chiede, allora, che devono calmarsi - sono nel parcheggio della Warner, dopotutto.
Oh, sì. L'altro annuisce e si allaccia la cintura di sicurezza. "Dimmi tutto." dice, respirando profondamente - pazienza.
Anche quello si allaccia la cintura, poi stiracchia un po' le gambe e osserva come Filippo, una volta messo in moto, alzi il termostato per lui - fa un sorriso felice.
"Sai che i miei compañeros me avevano assegnato el bonus, no? Y che non lo avevo rifiutato - sarebbe estato estúpido, no?" inizia.
"Sì, sì, ti avrei insultato pesantemente se non lo avessi accettato." scherza Filippo, lanciandogli un'occhiata.
"Pesantemente pesantemente?" gli chiede divertito quello, le esse morbidissime e la mano che si posa sulla sua - l'accarezza con le dita.
"Molto." conferma, guardando la strada. "Ma chissà, forse ti sarebbe piaciuto." scherza con un sorrisetto malizioso.
"A te ciertamente, niño" ride Einar e gli pizzica la coscia. "Comunque, la media era del nueve y por eso mi sono presentato delante de la comisión, no? Y ho cantato - ho cantato... bene, credo."
"Hai di sicuro spaccato." dichiara il cantautore, sorridendo orgoglioso. "Sai, non vedo l'ora di vederlo."
"Oh" commenta piano lui, un piccolo sorriso, gli occhi fissi sul profilo di Filippo. "Ho esbagliato qualche parola, però. Cioè - la dije en español."
"Non importa, non importa." lo zittisce Filippo. "Hai preso la fottutissima maglia."
"Sì" è d'accordo Einar, che vuole davvero sentirsi più sicuro di sé e leggero, almeno per qualche ora - prende un respirone e torna a sorridere. "Ho cantato anche Che vuoi che sia" gli dice, quasi a bruciapelo.
Il sorriso del cantautore si fa più grande, mentre ricorda i casting del cubano. "Sarai stato incredibile." dice - il cuore che non sembra smettere di tremare all'idea che in qualche modo fossero insieme. Merda, che cosa sdolcinata, commenta una vocina che sembra proprio quella di Lorenzo.
"Che vuoi che sia - te trucchi otra volta, andiamo via" inizia a canticchiare l'altro, adesso che l'auto si arresta al semaforo. "El cielo en questa estanza sembri te - eh, me prenderò yo cura de te" continua, lasciando che le parole dal suono esotico sporchino il testo originale. "Uh, uh - uh."
Quello si volta verso di lui, stupito. Einar è migliorato tantissimo rispetto alla prima volta in cui gliel'ha sentita cantare. "Dimmi che posso baciarti, stavolta." sussurra, ripensando a quella volta.
Einar sorride, nella sua testa attimi di quel giorno, a casa di Filippo, quando aveva finito per cantare e suonare con la chitarra proprio Che vuoi che sia per lui. Ed il cantautore gli aveva detto ti prego, dimmi che posso baciarti, le mani premute sul suo viso, gli occhi nei suoi, ma poi le cose che erano diverse, i doveri, il rispetto e Joele e - "Sì."
Filippo gli afferra dolcemente il viso e lo bacia, tremendamente orgoglioso. "Quanto cazzo ti amo." fa, citando il messaggio dell'altro di alcuni giorni prima.
Quello ride dentro al bacio, lo abbraccia un po', cullandolo leggermente - gli occhi chiusi.
"Tanto, justo?" chiede, la risata che è diventata un sorriso - semaforo verde ed un'auto dietro che suona il clacson impaziente. "Ay, es proprio Milano" si lagna Einar, strappato a quella coccola.
"Sempre di fretta, eh?" scherza lui per nascondere la delusione - riprende la marcia e, poco dopo, qualcosa attira la sua attenzione. Enoteca, giusto quello che serve per festeggiare come si deve. "Facciamo una breve sosta." avverte e parcheggia proprio di fronte al negozio.
"Cosa? ¿Qué?" fa il cubano preso alla sprovvista da Filippo che, dopo aver inserito le quattro frecce, è praticamente già dentro al negozio da solo - i fari ancora accesi. Einar emette uno sbuffo divertito e un po' indispettito, le braccia incrociate al petto. Che diamine è un'enoteca?, si chiede guardando l'insegna del negozio, ma non riuscendo a capire, ché la saracinesca è già stata tirata giù per l'orario di chiusura. Enoteca, enoteca, enoteca, eno -
"Eccomi." dice Filippo rientrando in macchina con in mano una busta. "Due bottiglie del miglior champagne della casa per noi." fa e gliele passa, riallacciandosi la cintura.
"¡Una tienda de vinos!" esclama quello trovando la risposta al quesito che si stava ponendo - osserva per bene le bottiglie e fa un sorrisone felice. "Champagne para brindare a un encuentro con te che eri ya de un altro" canticchia, allora, che quella canzone l'ha ascoltata più e più volte per arricchire la sua cultura musicale italiana. "Recuerdi, c'era estato un invito - estasera si va tutti a casa mia."
Il cantautore lo guarda sorpreso, poi sbuffa divertito. "E poi dici che non conosci le canzoni italiane." dice, pizzicandogli una guancia.
"L'ho imparata per te" lo prende in giro Einar schiaffiandogli delicatamente via la mano - poi non la lascia andare, ma l'afferra con la propria ed intreccia le loro dita abbassando il braccio fino ad appoggiarsi alla coscia di Filippo, i jeans strappati sul ginocchio. "Così empezava la fiesta y ya te girava la testa - por me non contavano gli altri, seguivo con lo sguardo solo te" fa ancora stringendogli la mano.
Quello sorride piano. "Se vuoi, ti accompagno, se vuoi." canticchia, stringendogli la mano. "A me piace da morire quando canti così." sussurra, riferendosi all'itañol.
"Porque ti eccita" scherza mostrandogli un po' la lingua, la mano che si scastra dalla sua e risale fino alla sua nuca, lì ad accarezzargli i capelli. "Devi ancora enseñarme a guidare, comunque" gli ricorda con un sorrisetto, che è meglio mantenere la temperatura più bassa, tra loro, che ci vorrà ancora un po' prima di arrivare a casa.
"Vuoi davvero correre questo rischio?" lo prende un po' in giro. "Farti insegnare a guidare da me, sai."
"¿Porqué?" fa tirandogli un po' una ciocca di capelli. "Ah, porque non conosci i segnali estradali. Devo ancora decirlo alla - ay, ¿cómo era la palabra?"
"La motorizzazione?"
"La motorisasione, sì" ripete Einar ammorbidendo appositamente tutte le zeta, un sorriso divertito sulla bocca - si fa più attento quando finalmente inizia a riconoscere le strade che portano a casa di Filippo. "¡Me recuerdo de esta calle!" esclama esaltato.
Filippo si lecca le labbra e prova ad ignorare quanto sexy sia quel fottuto accento. "È qui che ti sei perso?" scherza.
"L'altra volta, sì" ride il cubano, che la prima volta che era andato a casa di Filippo (con birra ed arachidi) aveva sbagliato metro più volte. "Ay, oggi, invece, me sono quasi perso - quasi!" ammette alzando il dito indice per darsi un'aria più seria.
"Come sei riuscito a trovare la strada giusta?" chiede quello, curioso - forse si è già abituato. In fondo è lì da quasi un anno, no?
"Google maps" risponde Einar orgoglioso. "Jo me aveva ensegnato ad usarlo - che sai che a Cuba non funziona, no?"
Il cantautore annuisce e gli stringe una mano. "A proposito - sei stato tu a dirgli di non dirmi niente, eh?"
"Chi! Io?" ride quello con aria forse troppo colpevole. "Chi lo avrebbe mai detto che sareste diventati così amigos da mandarvi i mensajes nelle conversazioni private" fa, che in realtà è molto felice di quel rapporto che si è creato tra Filippo e Joele.
"È simpatico e poi è un bravo ragazzo." commenta Filippo, svoltando a destra per la strada di casa. "Chissà, forse potremmo anche uscire senza di te." lo prende in giro.

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