VENTINOVE

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CHAMPAGNE
Ventinove

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23 Giugno


Einar è sicuro che se chiudesse gli occhi in questo preciso istante, si addormenterebbe. E sarebbe ridicolo dato che adesso si trova nella cucina di Joele e sta parlando con lui, le mani appoggiate alla superficie del tavolo quasi per tenersi su: è in piedi e sta osservando il bresciano mentre affetta le verdure, con quell'elegante precisione, sul tagliere - il coltello che colpisce ritmicamente il legno è quasi ipnotico per Einar che si sente davvero stanco, stanchissimo.
Non si ferma da giorni - forse meglio dire settimane - ed è sicuro di essere arrivato al limite delle forze - semplicemente si sono esaurite. In tutta la sua vita non si è mai lamentato della fatica o della stanchezza, degli orari impossibili o delle gambe a pezzi per le ore passate in piedi a lavoro. Nemmeno della schiena dolorante, nemmeno di quelle notti in cui quasi non toccava letto che già doveva tornare a lavorare, come a Cuba. Dopotutto, è sempre stato abituato a faticare per raggiungere un obiettivo ed ha sempre accettato di buon grado la fatica. E nemmeno adesso se ne lamenta.
Però - però questa che sente addosso ora è una stanchezza diversa: gli prende la testa, gli rallenta i pensieri e lo fa sentire sconnesso. Deve concentrarsi per bene per riprendere il filo del discorso che sta seguendo Joele. Joele, sì, perché sei a Brescia, Einar, ti ricordi? Che sì, ha terminato un instore a Milano nel tardo pomeriggio e ha trovato Joele lì, con il suo completo elegante, la sua cravatta e la sua camicia ben stirata - le chiavi dell'auto in mano ed un sorriso che ha rimesso al mondo il cubano.
Ti sono venuto a trovare, tío. Ti offro la cena, gli ha detto ed Einar si è infilato in macchina con lui ridendo piano, sollevato dalla sua presenza. Appena sono arrivati a casa, Joele gli ha proposto di farsi una doccia calda mentre lui avrebbe iniziato ad organizzare la cena.
Ecco perché adesso Einar sta lì in piedi, a guardare le mani dell'ex fidanzato che si muovono con precisione e ritmo: la doccia lo ha rilassato, gli ha tolto un po' del mal di testa che si è portato indietro dall'instore (o forse da quello precedente o da quello prima ancora) ed ora sta tornando a cercare di seguire le parole di Joele. Ma si mischiano, si attaccano una all'altra ed arrivano ovattate al suo orecchio, forse perdono il loro significato. E lo perderebbero anche se fossero in spagnolo - sì, che se chiude gli occhi, si addormenta.
Joele versa le verdure tagliate in una padella e temporeggia un po', mentre cerca di trovare un modo per dire quello che vuole ad Einar. Un po' capisce la difficoltà del cantante quando aveva dovuto dargli la notizia della sua relazione, a Febbraio.
"Sai-" comincia, dopo un po'. "- sto sentendo una persona, ultimamente."
Ma quello quasi non recepisce la frase: fatica a spostare lo sguardo dai fornelli, che l'immagine lo sta rilassando ed i suoi occhi stanno cedendo lentamente al sonno - risponde con un respiro più profondo. "Sì" aggiunge un secondo dopo tornando ad alzare il viso sulla figura del ragazzo - si sente sconnesso. "Si."
Il bresciano si volta a guardarlo e sospira appena vedendo la sua espressione assonnata: è anche per questo che lo ha portato da lui, per farlo respirare e riposare. "Ti va un po' di pasta?"
"Quella buona che fai tu?" domanda Einar azzardando qualche passo verso i fornelli - le gambe intorpidite e le palpebre pesanti. A che ora si è svegliato più, stamattina? Dio, troppo presto considerato quando è andato a riposare dopo il festival di ieri sera - in che città era, più? "Non recuerdo nemmeno cos'ho mangiato oggi a pranzo" ammette accostandosi a Joele - se ha pranzato, che sta scavando nella testa ma non riesce a trovare l'immagine di lui seduto a mangiare o con qualcosa di commestibile in mano. Forse è davvero troppo stanco.
Quello gli sorride appena e gli accarezza la schiena. "Deve essere stancante girare l'Italia senza fermarsi nemmeno un attimo" commenta, mentre riempie una pentola di acqua e la mette sul fuoco - forse a stomaco pieno potrà riprendere quel discorso.
Einar piega lentamente la testa da una parte, poi dall'altra. "Ho solo bisogno de ricaricare un po' le pile" risponde piano, l'angolo della bocca che si alza appena per delineare un sorriso. "Escusa -" aggiunge poi. "Sono de pessima compagnia."
"Non è vero" risponde Joele, dandogli uno schiaffetto sul braccio. "È tanto che non ci vediamo, alla fine."
"Dalla sera della finale" fa quello seguendo con lo sguardo (le occhiaie e l'espressione sbattuta) ogni movimento del bresciano. "Da quando abbiamo festeggiato al pub con los chicos, no?" ragiona, che ha dei ricordi, a tratti, vaghi - era piacevolmente ubriaco.
L'altro ci pensa su ed annuisce. "Sì, direi di sì. È stato divertente, vero?"
Einar lascia andare una risata stanca. "Molto" dice andando a sedersi a tavola e posando la testa su una mano - gli occhi di nuovo fissi sulla figura di Joele che si muove per tutta la cucina. "Jo, lo sai che ho giocato a Monopoli?" se ne esce un secondo dopo, che la sua testa ha collegato il ricordo della serata della finale al ricordo del regalo di compleanno.
"A Monopoli? Davvero?" chiede il bresciano. "Ti sei divertito?"
"Sì" risponde e sorride un po' - la stanchezza che rende più vaghi ed indefiniti i ricordi di come è finita la sua prima partita. "Me lo ha regalato Filippo" continua, mentre la mente scivola tra i pensieri fino a fargli rendere conto di essersi dimenticato di chiamare proprio il cantautore. Gli aveva detto si sarebbero sentiti ad instore finito: non si vedono da una settimana, tra una cosa e l'altra, che è un periodo intenso per entrambi - chissà, forse questo weekend riusciranno. "Por mi cumple."
Joele stringe le labbra, un po' in disappunto. "È la prima volta da quando ci conosciamo che non ti ho regalato nulla" fa con una smorfia, aprendo il pacco di pasta.
"Jo, no es verdad" dice dolcemente Einar. "Tu lo sai quante cose me hai regalato quest'anno? Y non parlo solo dei regali materiali, como el vestito del mio primo colloquio, eh. Hablo de todo: todo lo que has hecho para mí" fa ancora, adesso con tono più serio. Poi si umetta le labbra - due volte.
Lui scuote il capo. "Sai che non contano come regali" fa. "Forse il vestito sì, era un regalo portafortuna" si corregge, pensandoci su. "Ma un regalo per il compleanno dovevo fartelo."
"Me hai comprato le uova fresche de Italo?" chiede scherzoso il cubano, che Italo è l'anziano contadino dal quale Joele si serve praticamente sempre per comprare frutta e verdura. Einar è andato alla fattoria con Joele, in passato, e ricorda che la prima volta ha trovato buffo il nome del vecchietto: è come se yo me chiamassi Cubo, aveva detto a Joele un po' divertito ed il bresciano che, invece, gli aveva spiegato quale fosse l'origine del nome Italo - poi un bacio, un tu sai siempre tutto e loro due che rientravano in auto per tornare in città.
"Me farai el zabaione?" chiede adesso, che perdersi nei ricordi è il modo più veloce per cadere nella trappola del sonno - sconsigliato pensare al passato, per ora, troppa stanchezza addosso.
Joele sorride un po' a quella richiesta e mette su un'espressione vaga. "Forse" dice, scherzando. "Italo mi ha dato le più buone solo per te"
Einar guarda il ragazzo e gli restituisce il sorriso, poi si stropiccia il viso con le dita. "È siempre estato molto gentile con noi" fa quasi sovrappensiero, tutto impegnato a torturarsi l'angolo dell'occhio, tanto fino ad arrossarlo.
L'altro gli dà un pizzicotto sul fianco, in disappunto. "Smettila. Vado a prenderti il collirio se ti dà fastidio."
Quello smette di grattarsi un secondo dopo e sbatte le palpebre già infastidito dall'occhio. "Ay - si, porfa" dice con una smorfia, che è una scena piuttosto abituale in quella casa: lui che si gratta gli occhi fino ad arrossarli e Joele che lo sgrida un po' mentre gli mette le gocce.
"Gira un attimo la pasta, vado a prendertelo" dice, passandogli il cucchiaio di legno. Torna poco dopo dal bagno con la boccettina.
Einar è lì che gira la pasta lentamente osservando il movimento circolare del cucchiaio di legno nella pentola - si fissa a guardare le bolle d'acqua bollente e sente di nuovo le palpebre pesanti, il sonno che gli preme addosso. Con un dito torna a torturarsi l'occhio e quasi nemmeno sente Joele tornare in cucina da lui - sospira un po', terribilmente assonnato, ancora lì a girare gli spaghetti.
Joele posa una mano sulla sua spalla e la massaggia un po'. "Puoi anche smettere" dice, sorridendo un po'. "Vieni che ti metto le gocce."
"Estoy hecho polvo" butta fuori con un sospiro stanco quello, poi si lascia cadere di nuovo sulla sedia ed inclina il capo all'indietro - tiene gli occhi aperti, le iridi blu appannate per il debito di sonno. Sorride appena, in attesa delle gocce, che quella scena sa di quotidianità - di quella bella.
Quello gli accarezza uno zigomo con un dito, poi apre la boccettina. "Si vede. Perché non dormi qui, stanotte?" chiede, poi fa cadere una goccia nell'occhio sinistro.
"Ay - quema" si lagna Einar serrando subito l'occhio e coprendoselo con le dita per il bruciore. "Joder" borbotta, ma poi si concentra sulla proposta dell'altro ragazzo ed annuisce lentamente. "Sì - sì, grazie Jo. Me quedo aquí esta noche, se per te non è un problema."
Il bresciano gli sposta la mano e ci soffia un po' su. "Non te lo avrei proposto sennò" dice. "Apri bene il destro."
"Ay, piano però" mugugna un po, anche se ben presto si arrende al suo destino e lascia che la goccia gli cada precisamente nell'occhio - joder, brucia. "Piensi che -" inizia un attimo dopo, il viso appoggiato alle mani mentre il bruciore scema lentamente. "- che sarebbe estrano se dormissimo nel letto insieme?" ed alza di nuovo lo sguardo verso Joele. Che non vuole che Joele dorma sul divano e non vuole dormirci nemmeno lui, che fa così freddo in quel salotto.
Joele ci pensa su per un attimo, prima di posare la boccetta sul tavolo. "Per me no" fa, poi alza le spalle. "Ma non so se - sai, Filo" dice, che erano pur sempre ex.
Quello sorride un po'. "Ay, el niño capirà che en salotto fa troppo freddo per me" scherza e scrolla le spalle a sua volta - di nuovo il pensiero che ha dimenticato di chiamare Filippo a fine instore. "Quanto manca por la pasta?" chiede a Joele prendendo il cellulare dalla tasca (è ancora impostato su silenzioso e ci sono delle notifiche da visualizzare). "Tengo tiempo per fare una chiamata muy rápida?"
Il bresciano annuisce. "Sì, tranquillo. Fa' pure."
"Gracias" gli risponde lui mentre passa il polpastrello su Feli sul display ed accosta il telefono all'orecchio - si sposta in corridoio senza una ragione precisa ed aspetta che il cantautore gli risponda.
"Amore" il sorriso che Filippo ha sulle labbra mentre risponde è quasi percepibile dal suo tono di voce. "Com'è andato l'instore?"
"Ehi" fa Einar - sentire la voce di Filippo gli infonde sempre calma. "Bene, credo sia andato bene y che fossero contenti" fa riferito ai fan. "Tu come estai?" domanda appoggiandosi con la schiena allo stipite della porta, le caviglie incrociate e lo sguardo fisso sui piedi.
"Bene, anche se mi manchi" risponde, leccandosi le labbra. "Vorrei tanto poter cenare con te."
Lui sorride di più a quelle parole. "Anch'io. Sono da Joele, sai?" gli dice. "È venuto a prenderme all'instore" precisa provando a soffocare uno sbadiglio - sonno, sonno, sonno.
Filippo si lecca le labbra, non sapendo se la cosa dovrebbe infastidirlo o meno. "Dormi da lui?"
"Sì" fa quello, la stanchezza che torna a fargli sentire gli occhi pesanti, i pensieri quasi rallentati. "Non pienso de avere le forze per trovare un posto per dormire estanotte" ammette. Deve iniziare a cercare un appartamento in affitto a Milano, sarebbe davvero molto più comodo - deve solo trovare il tempo.
"Devo ricordarmi di darti una copia delle chiavi di casa mia" dice il cantautore, stringendo le labbra. "Così se sei a Milano, sai dove andare."
Einar sorride appena massaggiandosi la fronte con la mano libera - il suo sorriso fa un rumore morbido ed è sicuro anche anche Filippo lo possa sentire. "Y tu en che città estai?" chiede, che ha scoperto di non riuscire a tenere a mente tutte quelle informazioni.
"Sono a Perugia" fa lui, quasi avesse fretta di rispondere. "Ti ci dovrei portare un giorno di questi, sai?"
"Y está lì la calle más pequeña di quella de Cuba?" chiede, che Filippo ancora non gliel'ha fatta vedere una strada più piccola di quella che hanno i cubani a La Habana - per Einar vince ancora Cuba.
"Non so, non l'ho cercata. Dovrò informarmi" ride Filippo, che questa storia ancora lo diverte. "Forse dovrei vedere ad Urbino."
"Urbino" ripete Einar incuriosito. "Sembra el nome de un posto pequeñito - Urbino."
"Lì avranno una strada piccola, no?" lo prende in po' in giro.
Quello lascia andare una piccola risata e scrolla un po' le spalle. "Forse non como quella de Cuba" ribatte, poi rimane qualche secondo a mordicchiarsi le labbra. "Pienso de avere qualche giorno libero da domani" butta lì un attimo dopo - ne è quasi certo, deve solo avere conferma.
Filippo sorride. "Quindi, possiamo passare un po' di tempo insieme."
"Sì" risponde e sospira con gli occhi chiusi, che ha voglia di stare con lui anche semplicemente a non far niente. Striscia un po' i piedi fino a fare capolino in cucina, lì dove nota Joele che sta scolando la pasta - gli fa segno con la mano che arriva subito. "Ne ho davvero bisogno" aggiunge, poi, al telefono, tornando ad appoggiarsi con la schiena alla parete del corridoio.
"Faremo una maratona di Zorro" propone lui, leccandosi le labbra. "Sarà divertente."
"Sì" sorride un po' Einar, quell'amore che pensa ma non dice - si sente un po' a disagio con Joele nell'altra stanza. "Oye, ti va se ci sentiamo dopo?" propone allora.
Il cantautore si lascia scappare una risatina. "A dopo, amore."
Quello chiude la telefonata dopo un ciao e ripone il telefono nella tasca dei jeans - torna in cucina strascicando appena i piedi. "Che profumino" mugola inspirando più volte e posando gli occhi sui piatti di pasta. "Ay, tengo muchísima hambre ahorita" ammette, che improvvisamente ha un buco allo stomaco. Ecco, sì, allora è vero che ha saltato il pranzo, ragiona mentre si siede al tavolo - al suo solito posto.
Joele sorride e ne prende una forchettata, prima di ricordarsi che - "Ne è avanzata un po', se vuoi fare il bis dopo."
Quello ride - le fossette sulle guance. "Ay, claro que si, tío."

Champagne || EiramDove le storie prendono vita. Scoprilo ora