VENTOTTO

423 16 16
                                    

CHAMPAGNE
Ventotto

Com'è sentirsi libero?

Domenica 26 Maggio

Il profumo del bacon lo rende felice, ma proprio felice felice. Einar non sa esattamente per quale motivo sia così, forse è tutta una questione di sapori e di odori, di malinconia, di casa. Forse è perché quando ha aperto la cloche gli è parso di poter sentire ancora il bacon sfrigolare in quel modo così invitante da fargli aumentare l'appetito - gli ricorda quando era a Cuba. E poi non mangia uova e bacon per colazione da mesi ed il piatto colmo davanti a lui gli fa brillare gli occhi di contentezza - in realtà ci sono tante cose che fanno brillare gli occhi ad Einar, davvero tante.
Ad esempio, c'è un bel sole (quasi) caldo che entra dalla finestra aperta della camera d'albergo di Irama: la tenda bianca si muove ad ogni folata e regala a Filippo e ad Einar la giusta privacy.
Ad esempio, è primo pomeriggio e loro due sono seduti al tavolo tondo (la tovaglia bianca e perfettamente stirata) a fare quella che dovrebbe essere colazione ma che, a dire la verità, è diventata una sorta di brunch.
Ad esempio, c'è tranquillità. Al cubano è mancata tutta questa libertà alla mattina: niente telecamere, niente compagni di squadra, niente orari da rispettare, niente testi da imparare. E, soprattutto, niente più divisa della scuola - nudo, Einar è seduto nudo sulla poltroncina e si allunga un po' per versarsi della spremuta fresca dalla brocca sulla tavola imbandita.
Ad esempio, esattamente di fronte a lui, c'è Filippo, che è bellissimo e privo di qualsiasi stupido indumento - nudo, anche lui nudo. Ed è perfetto, Filippo è perfetto ed è perfetta anche la notte che hanno passato insieme, per ricongiungersi.
"Questo bacon è magnifico" dice dopo essersene infilato in bocca un pezzetto e aver emesso un mugolio soddisfatto - perfetto, è perfetto anche il bacon.
Filippo sorride a quelle parole e lascia gli occhi scorrere sulla figura del cantante davanti a sé: quanto gli è mancato - non soltanto così meravigliosamente svestito. È una cosa che non sa spiegarsi: sono stati due mesi lunghissimi e non può far altro che ripeterselo fino alla fine.
"Anche il succo di ananas." scherza, buttando giù un sorso di quella bevanda.
Quell'altro gli allunga un calcetto, un sorrisetto malizioso sulla bocca - Dio, se pensa a quante volte hanno fatto l'amore in quelle ore...
"Te estai preparando?" butta lì, un cenno col mento al succo.
Il cantautore scoppia a ridere e gli ruba una fettina di bacon dal piatto. "E tu? Con quelle uova?"
"Necesito energías" gli risponde divertito lui. "Dopo estanotte, sai" fa, quasi con tono vago, anche se le immagini nella sua testa sono ancora piuttosto chiare: fare l'amore nella casetta bianca è stato così eccitante che Einar non è sicuro di saperlo spiegare a parole - sa solo che lo hanno fatto quasi ovunque e in ogni modo, bevendo champagne e senza darsi tregua. Poi, con nonchalance, sono tornati alla festa, raggiunti Lorenzo e Joele e sono andati via, per festeggiare ancora un po' il terzo posto ad Amici di Einar. Dopo i festeggiamenti (brindisi su brindisi su brindisi e Lorenzo che sembrava aver riposto l'ascia di guerra) sono andati tutti e quattro in hotel, ma in tre stanze diverse: Einar e Filippo erano un po' brilli, ma comunque ben pronti a saltarsi nuovamente addosso.
"Muchas energías" precisa ora.
Le labbra dell'altro restano con gli angoli all'insù in un sorriso. "Anche io, sai?" risponde e gli ruba anche un po' di uova. "Allora?" domanda dopo aver evitato un buffetto sulla mano. "Com'è sentirsi liberi?"
Einar prende un'altra forchettata di uova e bacon prima di rispondere, poi acchiappa il bicchiere di spremuta - si appoggia all'indietro contro lo schienale e lascia andare un sospirone rilassato. "Joder, es maravilloso" ammette e prende un sorso di aranciata - piega il ginocchio puntando il piede sul sedile e passa un braccio attorno alla gamba. "Posso estare nudo senza venire squalificato" dice. E ride.
Filippo si versa dell'altro succo. "Ci guadagno anche io da questo pro." fa, ora che le guance gli fanno quasi male per quanto sta sorridendo. "Poi? Cos'altro?"
Posso stare con te, pensa il cubano e lo guarda negli occhi - appoggia il mento al ginocchio e sorride un po'. Che i suoi occhi lo fanno impazzire: sono profondi, intensi, di un colore particolare e lui ama perdercisi dentro - come stanotte, quando Filippo gli ha stretto le mani e si è lasciato prendere così, con calma e con passione, sussurrando un Ein talmente erotico da avergli fatto perdere la testa. "Posso mangiare uova y bacon por colazione."
Il ventitreenne ricambia il suo sguardo ed addenta la fetta di crostata al cioccolato che ha davanti a sé. "E niente più sveglia della produzione." aggiunge, leccandosi le labbra.
"Niente più visite de Irama en casetta!" fa l'altro allungando la mano per fregargli l'angolino della torta - gli piace la pasta frolla. "Piensa, quell'arrogante era venuto a mangiarsi i miei biscotti al chocolate" gli spiega a bocca piena.
"Ma davvero?" chiede lui, scuotendo il capo. "Che caraculo."
"Vero?" fa ancora Einar - si tira su e si china sul tavolo per rubargli un altro pezzetto della crostata che Filippo ancora tiene in mano. Giusto per, in realtà, che ha solo voglia di interagire con lui, in qualsiasi modo - gli è mancato poterlo fare. Si ficca in bocca la torta e la mastica con un mugolio soddisfatto - si lecca le dita, prima il medio, poi l'indice e infine il pollice.
Filippo gli afferra il braccio per il polso e lo tira delicatamente a sé, per potergli baciare il palmo della mano. Ride un po' per quel gesto tanto istintivo quanto un po' stupido e gli lascia un altro bacio. "Ti ho visto, sai? Al tuo primo firmacopie." prova a cambiare argomento.
Quello gli preme un po' la mano sul viso e ride piano, poi torna a sedersi, le gambe incrociate all'indiana - nudo, nudissimo. "¿Me has visto?" chiede ed aggrotta un po' la fronte, perplesso.
L'altro annuisce e lascia che i propri occhi scorrano lungo il corpo dell'altro mentre risponde. "Lo hanno mandato in onda nel daytime."
Einar sorride - sa che lo sguardo del fidanzato sta indugiando giù per ogni suo muscolo, per ogni piega della sua pelle. Reprime un piccolo brivido, che sente ancora il corpo piacevolmente intorpidito da tutto il sesso che si sono concessi - in ogni modo, in ogni luogo.
"Sì? Y cómo ero?" chiede, mettendo da parte quei pensieri caldi. "Me sentivo un po' - un poquito imbarazzato, sai" gli spiega umettandosi appena le labbra. "Le persone estavano lì anche per me y... no sé, era estrano, no?"
"Eri bellissimo." dice di getto il cantautore, tornando a guardarlo negli occhi: Dio, lo è sempre. "Ricordo che una signora ti ha portato una porzione di lasagne." fa, divertito.
Quello ride ("Eri bellissimo", gli gira in testa) e ripensa alle lasagne che poi ha diviso con i suoi compagni. "La mamma de Jo le fa più buone, però non estavano male" dice e, come se non avesse appena finito di mangiare una crostata al cioccolato, prende una forchettata di bacon e uova dal piatto. "Non le ho mangiate tutte io, eh" scherza e si accarezza il ventre più piatto ed allenato. "Espero si veda."
"Chissà com'è che io al serale ho preso chili, mentre tu li hai persi." riflette, studiando l'addome dell'altro - si ferma dall'indugiare con lo sguardo più in basso.
"Porque yo me sono allenato, amore" fa il cubano divertito e butta giù un altro sorso di spremuta - gli torna in mente lo champagne che hanno bevuto la notte scorsa, il sesso che ne è scaturito un attimo dopo, il sapore frizzante sulla bocca dell'altro e poi ovunque sui loro corpi. Dio. Si umetta le labbra e si pulisce col tovagliolo, poi si alza e fa il giro del tavolo - si lascia cadere su Filippo, un braccio attorno al suo collo. "Ciao" fa. E ride piano.
Filippo gli stringe le braccia intorno alla vita e struscia la punta del naso contro il suo collo, lasciandogli poi un bacino. "Ciao. Quanto sei bello."
"Lo dici solo porque prima te ho fatto un pompino especial" ride contro il suo orecchio - gli morde un po' il lobo, la piuma dorata che gli solletica il viso. "Così, così, oh - amore, estò per venire" lo imita con un gemito marcato, l'accento esotico che ammorbidisce le esse.
Il cantautore ride appena e gli bacia una guancia. "Non ti sei sentito, vero?" domanda, divertito e poi si schiarisce la gola. "Ay, papi, más más - oh, así." lo imita, finendo poi per ridere ancora.
Anche Einar si unisce alla risata e stende un po' le gambe oltre il bracciolo della poltrona. "Mi estavi escopando molto bene" ammette candidamente scrollando le spalle, che non esistono filtri tra loro - mai esistiti.
Quello gli bacia il collo, poi il mento e le labbra. "È stato davvero bello." conferma con un sorriso. "Soprattutto quando siamo arrivati qui."
"¿Y porqué?" gli domanda l'altro, gli occhi socchiusi sotto quei baci.
Una delle mani di Filippo risale lungo la pancia dell'altro, mentre le labbra scendono ancora una volta sulla sua gola. "Perché abbiamo fatto l'amore lentamente, con calma. Troppo ubriachi."
Einar lascia andare un sospiro, la testa lievemente piegata all'indietro e le dita ad incastrarsi tra i ricciolini del cantautore. "Cazzo, sì" quasi geme al ricordo un po' offuscato di quel momento - mani, mani ovunque e baci, poi piccoli morsi, frasi sconnesse e quel sapore di vodka mischiata a champagne tra le loro bocche a tratti scoordinate. "Ci abbiamo messo una vida a venire, vero?"
Filippo sospira piano contro la sua spalla. "È stato fantastico."
"Là" fa il cubano indicando il divano color crema. "Lo abbiamo fatto là" precisa, che ricorda il modo in cui, forse, ci erano inciampati dentro e poi, un attimo, si erano ritrovati mezzi svestiti che cercavano di fare l'amore - socchiude gli occhi e morde un po' lo zigomo del fidanzato, poi lascia una scia di piccoli baci lungo il suo collo provando ad ingoiare il resto dei ricordi.
Il cantautore piega un po' il capo all'indietro, accarezzandogli lo stomaco. Dio, ha ancora voglia di fare l'amore con lui - quasi glielo propone, quando si ricorda di una cosa. "Ieri mi sono dimenticato di darti una cosa." dice e gli bacia la fronte.
A quelle parole, Einar accenna una risata, bassa e leggerissima. "A mi no me parece" scherza, una mano che scivola tra le cosce di Filippo per rafforzare il concetto della risposta e poi le dita lì, che stringono appena la presa - nudo, Filippo è così nudo e lui ride ancora. "Me hai dato tutto ciò de cui me importava" fa, un po' divertito, un po' malizioso - gli lecca la guancia, lentamente.
La risata del ventitreenne a quelle parole è bassa e roca ed è seguita da un sospiro tremulo. "Quindi il regalo lo posso dare a qualcun altro." scherza, baciandolo poi sulle labbra.
Quello gli trattiene il labbro tra i denti, la mano che adesso gli accarezza l'interno coscia - quanto cazzo gli è mancato poterlo sentire sotto le dita. "Ma io lo voglio" protesta dentro ad un altro bacio. E forse non sa nemmeno lui a cosa si riferisca precisamente.
Filippo lo bacia ancora e sorride appena. "Allora prendilo."
"Oh." Le dita del cubano scivolano di nuovo tra le gambe del fidanzato, gli occhi socchiusi mentre inizia a toccarlo piano, lentamente - struscia il viso contro il suo ed accosta di nuovo le labbra al suo orecchio, la mano ancora in movimento. "¿En mi boca?"
Quello geme piano, piegando ancora una volta la testa all'indietro. Per un attimo si chiede se riuscirebbe a venire di nuovo dopo la notte che hanno passato, ma manda quasi subito via quella curiosità davanti all'idea che Einar gli ha messo in testa. "Dio, mi verrà un infarto prima o poi."
Sul viso di Einar si apre un sorriso obliquo: scivola giù dalle sue gambe e si inginocchia sul parquet, le mani sulle sue ginocchia a sfiorare il le linee del simbolo egizio. Adesso lascia una scia di baci lungo la sua coscia, insinuandosi con la bocca all'interno a baciare la pelle più sensibile - sente un brivido scendergli lungo la schiena e stringe la presa sul tatuaggio. Alza gli occhi blu verso i suoi, sorpreso e soddisfatto per la concretezza del desiderio di Filippo. "Ay, papi, ya estás listo para mí."
Filippo non risponde: punta gli occhi nei suoi e gli accarezza i capelli con una mano, mentre appoggia l'altra su quella del fidanzato, intrecciando le dita con le sue. Il regalo dovrà aspettare.
E quello lo guarda ancora per un attimo prima di sparire con la testa tra le sue gambe con un altro sorrisetto - lecca la sua pelle bollente, che il suo sapore lo fa impazzire, ed un gemito gli nasce spontaneo in gola. Joder, pensa lasciandolo scivolare tra le labbra, joder, si ripete e poi inizia a muoversi con un ritmo dapprima lento, poi cadenzato - la mano libera che segue il movimento. Ama sentire Filippo così teso sotto di sé, il modo segmentato in cui lascia andare piccoli respiri, la presa stretta sulle dita. Dio.
Il cantautore geme piano, alzando appena i fianchi per spingersi contro la sua mano - sente di essere già così vicino che la cosa lo stupisce. E la mente di Einar torna indietro di mesi, torna alla prima volta che è scivolato con la bocca tra le gambe del cantautore: Cuba, caldissimo nonostante fosse notte inoltrata e loro sdraiati sul pavimento della villetta di Filippo - vuoi sapere la storia del cubalibre?, gli aveva chiesto e, man mano, era sceso sempre più giù con le labbra. Il modo in cui aveva reagito il corpo di Filippo era stato così dannatamente soddisfacente, pensa ancora, adesso che si muove con più decisione con la bocca su di lui, la mano che continua a seguire il movimento quasi non potesse lasciare un centimetro di quella pelle bollente libero. Ed i gemiti che erano scivolati via dalla gola dell'italiano erano stati musica per le sue orecchie - musica, c'era qualcosa che facevano insieme che non producesse musica? Einar sorride ora che sente il sesso dell'altro iniziare a contrarsi di più nella sua bocca - joder, che meraviglia che è Filippo.
Quest'ultimo gli tira qualche ciocca di capelli ora che sente per davvero di stare per morire, come ogni volta dalla prima. Credo di essere morto per un attimo, gli ha detto ed è forse quello che sta facendo ora - morire.
Einar alza gli occhi blu (lucidi, infiniti, velati di desiderio) verso il suo sguardo e quasi geme nel vederlo così dipendente da lui: allora aumenta il ritmo, quasi chinandosi meglio su Filippo, nascondendosi meglio tra le sue gambe e stringendo di più le dita sulla sua mano - il bordo della tovaglia gli solletica il collo e le spalle e, adesso, Einar si sta muovendo con così tanto trasporto che sente il proprio corpo tremare per l'intensità dell'attimo.
Qualche minuto dopo, Filippo non ricorda di essere venuto né altro: ha la testa piegata all'indietro e una stretta quasi spasmodica della mano dell'altro. In realtà forse non ricorda nemmeno il proprio nome, Dio.
Nel mentre, ancora inginocchiato sul parquet, l'altro si lecca le labbra e si gode la visione di un Filippo totalmente perso - gli stringe la mano a sua volta ed osserva il modo in cui il suo petto si alza e si abbassa per provare a riprendere fiato. Ne è lui la causa e il solo pensiero gli fa stringere lo stomaco in una morsa di emozione. Lascia una piccola scia di baci sulla sua gamba e fa per tirarsi su, che vuole accoccolarsi a lui e sentire il suo calore contro la pelle - nell'alzarsi, però, sbatte la testa contro il bordo della tavola. "Jódete" impreca a mezza bocca, che vede tanti puntini colorati da dietro alle palpebre, adesso.
Il tonfo che la testa di Einar fa contro il tavolino basta per far tornare alla realtà il cantautore, che sposta la sedia più indietro e si piega per controllare che l'altro non si sia fatto troppo male. "Tutto bene, amore?" domanda, accarezzandolo tra i capelli proprio in quel punto.
"Me duele" geme quello, le lacrime agli occhi (anche) per la botta che ha preso. "Duele muchísimo" precisa in una sorta di lamento appoggiando la fronte contro il ginocchio di Filippo: possibile finiscano sempre per farsi del male fisico, in un modo o nell'altro?
Filippo continua a massaggiare piano. "Scusa, è colpa mia. Avrei dovuto farmi più indietro." mormora, dandogli una mano per alzarsi così da abbracciarlo meglio.
"Nah" fa Einar con la voce un po' roca e gli si accoccola contro con gli occhi chiusi, le gambe piegate. "Culpa mia - estavo tutto preso dal tuo orgasmo y non ci ho fatto attenzione" ammette e poi ride piano al pensiero di quanto fosse preso dal linguaggio del corpo di Filippo: il respiro spezzato, un velo di sudore sulla pelle, la mano stretta alla sua ei muscoli delle gambe tanto tesi da tremare un po' - maravilla.
Il cantautore sorride leggermente divertito, poi gli bacia la fronte. "Mi sa che il regalo che ti ho fatto è troppo poco, sai?" chiede e lo stringe a sé.
"Entonces existe realmente un regalito para mí" scherza un po' quello, la mano che ancora sfrega sulla nuca, lì dove ha preso il colpo.
"Beh, sì. Tu hai un po' frainteso." ride piano l'altro, dandogli ancora un bacio.
Einar gli morde il labbro, glielo tira un po' tra i denti. "Y ahora so di te" fa leccandogli adesso la bocca. "Hai bevuto un sacco de ananas" lo prende in giro.
Filippo alza le spalle e ridacchia. "Ti piace tanto l'ananas."
"Soprattutto sulla pizza" ride quello, mentre gli tortura la bocca con tanti piccoli morsi - il dolore alla testa quasi dimenticato, ora che allaccia le braccia al suo collo.
Il cantautore appoggia la fronte contro la sua, sfuggendo ai suoi denti. "Non sei curioso di sapere cosa ti ho regalato?"
"Sì" mormora con un piccolo sorriso. "Tanto, tanto curioso" ammette e gli si stringe di più addosso. Che, se Filippo vorrà alzarsi, dovrà portare Einar con sé dato che quest'ultimo non ha alcuna intenzione di togliersi da lì - non ora che si sono ritrovati dopo due mesi di lontananza forzata.
E Filippo non si muove, resta lì, lasciandogli qualche bacio qui e lì sul viso. "Restiamo ancora così, però." dice, dopo un po'. La pelle di Einar ha un così buon profumo.
C'è silenzio, adesso, nella stanza. C'è quel venticello ormai estivo che entra dalla finestra aperta, la tenda bianca che si gonfia ad ogni folata ed Einar che si stringe addosso al fidanzato, che forse inizia ad avere un po' freddo - ma tanto lui ha sempre freddo, no?
"Ti amo" sussurra, quasi a caso, ma lo sente dentro e ha bisogno di dirlo, di esternarlo - gli occhi socchiusi e le labbra che cercano le sue.
"Anche io. Non sai quanto." mormora il cantautore nella sua bocca - si sente così stupidamente innamorato che quasi non gli par vero.
Le labbra di Einar si distendono in un sorriso morbido, un sorriso che produce un piccolo fruscio morbido - ancora un bacio, poi gli mordicchia il mento. "Pero ahora quiero mi regalito" fa con tono infantile ed attorciglia un dito tra i ricci dell'altro - tira un po' la ciocca, dispettoso.
Quello arriccia il naso divertito e gli bacia una guancia. "Tieniti stretto, stiamo per tornare a letto." lo avverte ed infila un braccio sotto le ginocchia dell'altro per tenerlo in braccio - sospira divertito rendendosi conto della rima baciata.
Einar ride mentre si sente sollevare e poi scuote la testa. "Vedi che siempre parliamo de sesso?" fa, ora che è atterrato con un tonfo morbido tra le lenzuola sfatte. "Puerco - lo sapevo che el regalo era tu verga" scherza, mettendosi in ginocchio, il dito indice alzato a sgridare Filippo - ride, che non che gli dispiacerebbe per niente se fosse davvero così.
Filippo scoppia a ridere e scuote il capo, andando verso il piccolo armadio della camera. "No, no. È un'altra cosa." insiste e prende un pacchetto rettangolare da lì. "Ecco qui."
Einar spalanca gli occhi quando vede il regalo - oh. Si lascia cadere tra i cuscini, di nuovo seduto a gambe incrociate. "Oh" dice a voce alta - Filippo gli ha comprato un regalo. "Una bambola gonfiabile a forma de Feli?" scherza, per smorzare un po'. "Ce l'ha grosso come il vero Feli? Son detalles importantes, sabes" continua, che in realtà sente lo stomaco stretto in una morsa emozionata.
"È qualcosa di cui abbiamo parlato in realtà, svariate volte da quando ci siamo conosciuti." dice, posando il pacchetto sulle gambe dell'altro e sedendoglisi accanto.
Quello si umetta le labbra mentre accarezza la carta (blu a pois bianchi) col polpastrello - ci pensa su per qualche attimo, il capo piegato da un lato e gli occhi fissi sul regalo. Oh. Forse, forse potrebbe essere - inizia a scartare il pacchetto, mentre la curiosità continua a crescere, finché sotto le sue dita non appare una scritta rossa e bianca: Monopoly.
"¡No me lo puedo creer!' esclama con un sorriso enorme. Poi scoppia a ridere ripetendo che no me lo puedo creer.
"Mi hai detto che ci volevi giocare, no?" gli ricorda Filippo, baciandogli una tempia.
"Sì" fa Einar continuando a guardare la scatola e sorridendo per ogni dettaglio: adesso il niño è lui ed il discorso non gli dispiace nemmeno - un altro sorriso sulla bocca. Ricorda perfettamente la prima volta che ha parlato a Filippo del fatto che il Monopoly, a Cuba, fosse vietato dalla legge: gli aveva spiegato quanto fosse noioso e complicato il gioco che la politica aveva istituito al posto della versione originale. Ricorda anche di aver rinnovato il suo desiderio di giocare al vero Monopoly qualche settimana fa, insieme alla storia della ruota panoramica - quando erano caduti dal letto facendo l'amore e Filippo gli aveva regalato il suo anello. "Sì" ripete e ride piano, i polpastrelli che scivolano delicatamente sulla scatola mentre se la rigira tra le mani. "¿Jugamos?" propone alzando gli occhi blu verso il viso di Filippo - il sorriso adesso più timido a quella proposta un po' infantile.
Filippo annuisce. "Certo che ci giochiamo. Perché l'avrei comprato sennò?"
Einar ride ancora mentre si slancia verso di lui e gli allaccia le braccia al collo - gli dà un bacio, poi tanti altri piccolini su tutto il viso. Nella foga, fa cadere il fidanzato all'indietro tra i cuscini - lo riempie di altri bacini, l'aria felice addosso.
Quello ride e lo stringe a sé, contento. È stato stranamente in ansia per questo regalo, ha quasi temuto che non gli piacesse. "Mi fai il solletico."
"A mi me gusta hacerte las cosquillas" gli ridacchia contro il cubano, adesso steso su di lui - gli lecca la bocca, divertito, le mani ferme sui suoi fianchi a solleticare anche un po' lì.
Il ventitreenne continua a ridere ribellandosi un po'. "Fermo, fermo." fa, contorcendosi.
"Vale, pero tú tienes que explicarme las reglas" dice Einar smettendo di pizzicargli i fianchi e mordendogli quel sorriso - Dio, è magnifico. "No las conozco" aggiunge meditabondo. "Quiero decir: forse so como fare un golpe, ma non penso serva, vero?" e ride ancora. Ride e poi lo bacia.
Filippo ride e prende la scatola, cacciando il tabellone e aprendolo sul letto. "Beh, funziona più o meno allo stesso modo - cambiano solo i nomi e lo scopo, no?" riflette e poi indica le caselle. "Via, probabilità, imprevisti e la prigione." dice e comincia a spiegargli il loro significato e le varie regole del gioco, così come lo scopo.
Quello lo ascolta con attenzione, annuendo, gli occhi che traboccano di curiosità: a spiegazione finita, allunga la mano e inizia a rigirarsi tra le dita una casetta verde guardandola per bene da ogni angolazioni - fa lo stesso con i cartellini delle proprietà leggendo tutti i nomi. "Viale Traiano" legge, poi, su una di quelle col bordo giallo - alza la testa verso Filippo. "Parece una parolaccia" ragiona.
"Non lo è." sorride divertito il cantautore, osservando le pedine - le ricordava diverse. "Questo è il mio lotto preferito." confessa scherzosamente, indicando Parco della Vittoria e passandogli il cartellino.
Einar (gli sfiora le dita) legge il nome, poi il prezzo del terreno e per ogni casa da costruire - gli torna in mente la fatica che ha fatto, appena arrivato in Italia, con gli euro. "¡Mira cuánto cuesta!" fa, allora, aggrottando un po' la fronte e poi cercando il lotto corrispondente sul tabellone. "Ah, te gustano i posti da ricci - no, da ricchi" deduce, guardando la posizione - una tabella prima del via, cioè il posto più caro del gioco.
"Sono un arrogante, no?" si prende in giro, dandogli subito dopo un bacio.
"Muy arrogante, amore" è d'accordo quello. Che forse sono un po' strambi se visti dall'esterno: seduti nudi, su un letto sfatto (un cuscino caduto a terra per la passione) ad un metro da una tavola ancora imbandita e con davanti il cartellone del Monopoly quasi pronto per essere giocato - a quel pensiero, Einar ride un po' e si allunga col collo a guardare le pedine. "Tu quale scegli?" chiede curioso.
Filippo osserva con attenzione le pedine, scegliendo con attenzione - dai, sì, la scarpa può andar bene. "Questa qui." dice, mostrandogliela. "Tu?"
"Sembra proprio una tua scarpa" ragiona Einar. Poi osserva per bene tutte le altre, le labbra piegate in un broncio pensoso - le tocca tutte, posate sul palmo della mano del fidanzato. "Questa!" decide con entusiasmo indicando la macchina. "Sembra un coche de Cuba" dice piano, che a volte (spesso) si sente malinconico e trovare oggetti o luoghi che gli ricordino la sua terra lo rende più tranquillo.
Il ventitreenne mette le altre nello scatolo. "È davvero carina." commenta, studiando la macchinina - gli dà un pizzico sulla guancia.
L'altro gli colpisce la mano con la propria per fargli mollare la presa e ride piano - lo fissa negli occhi per un lungo attimo (grazie, pare dirgli con lo sguardo), poi si allunga a prendere i soldi di carta ed inizia a distribuirli secondo le istruzioni di Filippo. Una volta completato il lavoro e rimesso in ordine i soldi rimasti (che: "Ecco, quelli sono la banca, Ein"), si alza per prendere dalla tavola un piatto di frutta già tagliata e due tovaglioli: ananas, banane, kiwi, fragole - lo posa tra loro, tornando a sedersi (ancora meravigliosamente nudo) con le gambe incrociate.
"Inizia tu, dai." lo esorta Filippo passandogli i dadi. "Vediamo se sei fortunato."
Einar chiude i dadi nel palmo della mano, poi li lancia - fa una piccola smorfia quando vede un due e un uno. "Non molto" ridacchia e si allunga ad afferrare la pedina. "Un, dos, tres" conta. "Vico stretto" legge poi e si umetta le labbra - batte le mani esaltato dall'umile proprietà. "Lo voglio, lo voglio" fa, giusto per avere la soddisfazione di comprare qualcosa. "Lo compro."
"Va bene." ride l'altro divertito e prende i dadi. "Credi che mi andrà bene?" domanda e poi li fa roteare. Un quattro. Prende la scarpa e la va avanzare di quattro caselle e - "Che sfiga. Devo pagare una tassa."
Einar ride della sfortuna del cantautore e si premura di vestire il ruolo della banca e di porgergli la mano per prendere i soldi della tassa. "Volevi solo soldi, soldi' canticchia mentre li mette in ordine. "Como se avessi avuto soldi, soldi" e batte due volte le mani per completare la performance.
Il cantautore gli porge i soldi. "A lei, signor banchiere." concede, divertito dal tappetino musicale. "Vuole altro?"
Il cubano cerca di ingoiare un'altra risatina, poi adocchia le ultime due fettine di banana nel piatto dal quale hanno ricominciato a mangiare la frutta. "La banana" dice - un sorriso obliquo che gli scivola sulla bocca.
"Ancora?" scherza Filippo, dandogli le ultime fettine rimaste. "Non ne hai avuto abbastanza?"
"Non ne ho mai abbastanza - dovresti saperlo" gli risponde l'altro schiudendo le labbra e lasciandosi imboccare - lo guarda negli occhi verdi e tira fuori un po' la lingua.
Il cantautore ride, quasi strozzandosi con la saliva che gli va di traverso. "Sì, in effetti." fa, divertito.
"Y escommetto che te dispiace taaanto" gli risponde Einar allungando la mano a dargli una pacca sulla schiena per aiutarlo a respirare bene - ride ancora, poi torna a prendere i dadi per lanciarli. "Ah!" esclama quando vede comparire un cinque e un quattro. "Un, dos, tres - ocho y nueve" conta muovendo la macchinina. "Società elettrica" legge e ci pensa su per un po' prima di comprarla, tutto esaltato - nulla a che vedere con la versione politica cubana.
Filippo sorride notando il suo entusiasmo: è proprio così che vuole vederlo - è per questo che ha comprato il gioco. Quell'entusiasmo, alla fine, finisce per contagiarlo: diventa presto una delle partite più avvincenti a cui abbia mai giocato (e forse, quella tensione sessuale nell'aria ne è la causa).
Quando è di nuovo il suo turno, il ventitreenne prende i dadi e li tira, ritrovandosi davanti un cinque ed un uno. Muove la pedina lungo le caselle e si ferma sulla sesta: imprevisti. "In un secondo cambia tutto -" canticchia divertito, osservando Einar.
Quello ride per l'ottima citazione canora e stende la gamba per pungolare Filippo sulla spalla col piede: tutto nudo e e col piede ormai in faccia al fidanzato, giusto per rompergli un po' e distrarlo. "E non c'è niente che mi faccia paura, non c'è sconfitta che non supererò" aggiunge a sua volta, piegando di nuovo la gamba ed indicando col mento gli scarsi acquisti del cantautore: Einar gli ha soffiato da sotto il naso anche la società acqua potabile e Filippo ha la sfortuna di finire sempre o sopra quella casella o sull'altra, che è quella dell'elettricità. Si allunga, di scatto, ad afferrare un imprevisto dalla pila dei cartellini arancioni - nella foga fa scivolare gli altri sul tabellone e ride cercando anche di sfuggire alla presa di Filippo.
"Non scappare." ridacchia quell'altro e lo tira verso di sé, allungandosi per mordergli piano la guancia. "Leggilo qui."
"Su di te?" fa Einar, che gli è caduto addosso e ora è comodamente spalmato su di lui. "Vale, però non mirare" si raccomanda dopo un bacio (che fai, stai lì a mezzo centimetro da Filippo e non lo baci?) premendogli la mano sugli occhi verdi, giusto per sicurezza. "Allora -" inizia e lascia scorrere lo sguardo sull'imprevisto, curioso - scoppia a ridere. "No, no me lo puedo creer."
"Cosa?" chiede Filippo, curioso, lasciandolo fare.
"Andate in prigione senza passare dal via" legge il cubano, la gi e la zeta morbide: ridacchia divertito spostando la mano dagli occhi al naso di Filippo - gli stringe la punta tra indice e pollice. "En prisión, en prisión" lo canzona.
Il ventitreenne gli sorride e prova a liberarsi dalla presa. "Prima un bacio." sussurra.
"Non ci parlo con i galeotti" gli risponde Einar rotolando via sul materasso ed avvolgendosi nel lenzuolo - ridacchia, il cartellino arancione ancora stretto in mano. "No, no, no" canticchia, nascondendosi dietro ad un cuscino.
Quello lo rincorre, rotolandogli dietro. "No?" ride e lo abbraccia. "Dammi un bacio." insiste, divertito.
"Devi andare en prigione" gli ricorda l'altro divertito, le parole soffocate dalla stoffa del cuscino. "Non c'è tempo per i besos" insiste, spingendosi un po' tra le sue braccia.
"Nemmeno per uno piccolino?" chiede, stringendolo a sé. "Sai, prima di diventare galeotto."
Einar, allora, scosta il cuscino dal viso. "Y dovrai estare en astinenza, non è vero?" gli chiede con un sorriso divertito.
"Non so, amore. Ho sentito così tante storie sulla prigione." scherza il ventitreenne.
"Sulle docce y el sapone, escometto" ridacchia l'altro, la mano a tirargli all'indietro i capelli, quasi distrattamente. "Non farlo cadere mai, eh, che potrebbe gustarte" lo prende in giro, poi gli morde il mento.
"Caraculo." risponde Filippo, strofinando il naso contro il suo.
E quello lo bacia, lo bacia lentamente, posando le mani sul suo viso. Lo bacia, lo bacia, lo bacia ancora, che forse non c'è cosa più bella al mondo. Ha amato baciarlo dalla prima volta che si sono incontrati, da quella notte al locale a La Habana. "Sì" sussurra, forse un po' a caso.
Il cantautore sorride contro le sue labbra, baciandolo ancora. "Ramarro marrone."
"Basta" scherza Einar dopo un ultimo bacio - allontana Filippo da sé premendogli il palmo della mano sul viso. "Ahora vete, vete a la prisión."
Filippo cede e si sposta, non senza ridere un po'. È così bello avere Einar con sé - stanno così bene insieme che quasi non vorrebbe lasciarlo andare via. Quasi vorrebbe tenerlo a sé e non dover condividerlo con tutte le persone che lo incontreranno. È quasi stupido a pensarci mentre lo osserva sedersi, ancora arrotolato nelle lenzuola.
"Hambre, hambre, hambre" fa Einar mentre guarda Filippo spostare la pedina dentro alla casella della prigione, sull'angolo del tabellone. Si alza e si avvicina al tavolo per recuperare il piatto col bacon (anche se freddo, è ancora croccante) e quello coi toast - torna a sedersi, posa i piatti e, ancora avvolto nel lenzuolo, dà un morso al toast. "Y ahora -" inizia con la bocca piena " - potrai uscire de la prisión solo se farai un numero iguale coi dadi o se pagherai col dinero, giusto?" chiede, che sta ancora assimilando le regole.
"Esatto." annuisce lui, ignorando tutti quei pensieri. "Proverò con i dadi, non ho abbastanza soldi." decide. "Solo dopo il tuo turno però."
Quell'altro morde un angolo di toast e lancia i dadi muovendo la pedina subito dopo e finendo sulla casella delle probabilità - prende il cartellino azzurro con un sorrisetto, che è così curioso di sapere cosa gli è capitato che se potesse si muoverebbe di probabilità in imprevisti e così via fino alla fine del gioco. "Oggi è il tuo compleanno: ogni giocatore ti regala 50 euro" legge e fa quel sorrisone soddisfatto. "Soy muy afortunado: el mio fidanzato me fa un regalito anche se está en galera" fa divertito allungando la mano verso di lui, il palmo rivolto all'insù - ridacchia.
Il ventitreenne sospira rassegnato e gli dà i soldi. "Buon compleanno." fa, divertito.
"Grazie amore mio" lo prende in giro il cubano mentre afferra i soldi e li mette in ordine nel suo gruzzoletto che - oh. "Forse ho espeso troppo" ragiona, le labbra piegate in un broncio pensoso - sì, forse avrebbe dovuto rinunciare a qualche casa e a qualche proprietà: finirà che dovrà ipotecarsi tutto, altroché.
L'altro approfitta della sua distrazione per allungarsi a dargli un bacio sulla guancia, sorridendo un po'. "Vediamo se riesco ad uscire dalla prigione." dice, prendendosi i dadi. Li tira e - non ci può credere! Sono due uno! "Finalmente posso uscire." gioisce, spostando la pedina su Via Roma.
"¡Qué culo!" esclama Einar dandogli una spintarella con la mano, indispettito per quel colpo di fortuna capitato al fidanzato. "Dopo solo un turno!" continua - si ficca in bocca un altro pezzo di toast e mastica con uno sbuffo.
Filippo gli fa la linguaccia e ruba un toast dal piatto, dando poi un morso bello grande a mo' di rivincita.
"Sussurellone" borbotta l'altro riprendendosi i dadi e tirandoli di nuovo, per giocare un altro turno.
Ancora una volta il gioco va via così, con loro che sborsano cifre alla banca, con Einar che già si è ipotecato due terreni e con Filippo che ha iniziato a costruire qualche casetta verde qua e là, in netta ripresa economica - i piatti che man mano si svuotano e loro ancora lì, agguerriti e mezzi nudi. "Non è justo!" protesta all'ennesima casa costruita dal fidanzato. "Estai barando, ne sono sicuro."
Quello scoppia a ridere "Non sto barando, amore." risponde, stiracchiandosi. "La fortuna è solo girata."
"Arrogante" sbuffa un po' Einar e lancia nuovamente i dadi. "Un, dos, tres, cua - no!" si lagna mentre finisce proprio dentro alla casella in prigione! - sposta la pedina e poi si arrotola meglio nel lenzuolo, un pezzo di bacon in bocca.
"Povero amore mio, un galeotto!" esclama Filippo, pizzicandogli una guancia.
"Avranno escoperto che mangio la pizza con l'ananas" fa divertito prendendo ancora un po' di bacon dal piatto e poi pulendosi le dita sul tovagliolo.
Il cantautore gli prende la mano e gliela bacia, ridendo piano poi. "Non preoccuparti, mi batterò affinché tu esca presto."
"Come no" risponde ironico Einar dandogli una manata sul petto. "Como minimo dirai a tutti de togliere la pizza con piña dai menù del mundo" si lagna un po' - risale con la mano dal petto di Filippo, al collo, su per il viso e poi la posa tra i suoi capelli, lì dove gli tira un ricciolino. "Così quando estarò libero non potrò più mangiarla."
Quello volta il capo e gli bacia il polso, dov'è il tatuaggio. "Libre." sussurra, poi sorride. "Tocca a me, vero?"
"Tocca a te" conferma Einar, la voce un po' più bassa per quel bacio posato proprio lì: forse è per il tatuaggio e per il significato che ha o forse è sempre stato così, ma trova che quel punto sia una zona particolarmente erogena, per lui - butta giù un brivido, gli occhi posati nei suoi.
Filippo gli dà un altro bacio e sorride appena, poi prende i dadi e li tira. Due e uno: la sua pedina finisce su Largo Augusto. "Vuoi provare ad uscire con i dadi?"
"Si, no tengo dinero" ridacchia quello guardando il suo gruzzoletto ormai esaurito. Allora lancia i dadi e fa una smorfia non appena vede che sono usciti due numeri diversi. "Nada, tengo que quedarme aquí" giunge a conclusione, mentre inizia a ragionare un po' su quale tattica adottare per uscire di prigione: pensare che al gioco cubano anziché finire in galera si poteva tentare un colpo di stato - sbuffa appena.
Il cantautore gli posa un bacio sulle labbra imbronciate e sorride un po' tirando i dadi. Uno e tre: quello sposta la pedina di quattro caselle. "Vedi? Mi è tornata la sfiga." dice, pagando la tassa alla banca.
Quello ride e, nel frattempo, si alza per prendere il succo e un po' d'acqua: riempie due bicchieri e poi svuota il suo, le labbra che sanno di ananas. "Passami i dadi, porfa" chiede, che vuole tentare un'altra volta con la combinazione di dadi.
Quell'altro glieli passa e prende il bicchiere ancora pieno, mandandone giù metà.
"¡Qué mala suerte!' esclama vedendo le due facce dei dadi diverse: posa le mani sui fianchi, ancora tutto avvolto nel lenzuolo - è alla ricerca di un piano b, che mica può perdere così, arrendendosi e dichiarando la bancarotta! Si morde un po' le labbra, pensoso, finché un sorriso trionfante non gli si disegna sulla bocca.
"Escusi, señor agente" fa e lascia cadere il lenzuolo a terra - nudo.
Filippo lascia gli occhi vagare per il corpo nudissimo del fidanzato: indugia con lo sguardo sull'addome scolpito e quasi resta lì, a bocca aperta. "Sì?" chiede, buttando giù la saliva.
"Señor agente" ripete Einar piegando appena il capo da un lato, le labbra schiuse e leggermente umide di succo all'ananas. "Buenos días" fa, la voce morbida ed accenna un passo verso il letto - lentamente.
"Salve." risponde l'altro, leccandosi le labbra. "Come va la vita in cella?" scherza un po'.
"Noiosa" scrolla le spalle lui. "Molto noiosa" precisa e butta lì mezzo sospiro - un altro passo. "Lei cosa fa per non annoiarsi, señor agente?" domanda, la gi morbidissima ed aspirata.
Il ventitreenne lo squadra e sorride divertito. "Gioco a Monopoli."
"Gioca a Monopoli?" ripete il cubano fingendosi sorpreso "¿Y le gusta?" domanda, le mani che scivolano sul proprio corpo, ad accarezzarsi quasi senza toccarsi davvero.
"Non così tanto, ma è l'unico modo." sospira Filippo, fingendosi rassegnato. "Sono solo soletto."
"Sa, señor agente, cosa faccio yo per non annoiarme?" gli chiede, iniziando a girare attorno al letto - gli dà le spalle, i muscoli che si tendono sinuosamente sotto ai passi lenti. E si lascia guardare, lo sguardo di Filippo che gli brucia addosso.
Quello lo guarda incuriosito. "Cosa fai?" chiede, deglutendo ancora una volta - immagina soltanto a cosa voglia arrivare.
"Bailo" gli risponde Einar voltandosi col viso fino a guardarlo da sopra la spalla. "Pues, en realidad twerko" ci tiene a precisare, un sorriso obliquo sulle labbra - si gira con tutto il corpo. "Lei sa twerkare, señor agente?"
Oddio, oddio, oddio - Filippo quasi non può credere alle proprie orecchie. Il flashback arriva quasi naturale, come se non aspettasse altro. Ecco, ecco. "No." risponde, prendendo un respiro profondo. "Mi insegni?"
"Non pienso sia professionale, señor agente - bailar così, con un galeotto" gli fa notare l'altro, le mani sui fianchi.
"Ma siamo soli - non ci vede nessuno." commenta lui, alzando le spalle.
Einar sorride sentendo la tensione sessuale rendere l'aria quasi irrespirabile - il corpo che inizia a reagire.
"Señor agente" fa, allora, le mani di nuovo sui fianchi e la testa piegata da un lato. "È sicuro de voler provare?" chiede, la voce più bassa. Dio, è proprio come quella notte a Cuba.
E Filippo scende dal letto e gli si avvicina, guardandolo negli occhi - mantiene il suo sguardo e sorride. "Sicuro."
"Se yo le enseño a twerkare -" inizia l'altro quasi facendo un passo all'indietro per non farsi toccare - vuole giocare con lui, ancora e ancora. "- Lei, poi, mi aiuta ad uscire de la galera?"
Il cantautore finge di pensarci su, leccandosi le labbra. "Sì, potrei. Dipende da come va la lezione."
Einar scrolla appena le spalle, fingendosi quasi disinteressato - si volta di schiena, un sorriso obliquo sulla bocca. "Estò sicuro che andrà molto bene" dice e si china leggermente in avanti, le gambe appena piegate: posa le mani sulle ginocchia e - "Ahora mírame bien, señor agente" si raccomanda e, sì, un secondo dopo inizia a far ondeggiare il sedere: movimenti ritmici, segmentati eppure armoniosi.
Ah, Dio. Filippo non lo ricordava così: lo stomaco gli si stringe piacevolmente, mentre la temperatura nella stanza si alza in modo pericoloso. "Interessante." fa con voce roca.
Quello sorride e compie mezzo giro col bacino - prima va a destra, poi a sinistra - e ripete il movimento ancora una volta, adesso più lentamente. Raddrizza la schiena e porta le mani sui fianchi tornando a scuotere il sedere in tanti piccoli movimenti spezzati - vuole fare impazzire Filippo.
Quest'ultimo posa le mani sulle sue e lo tira a sé, facendo aderire la schiena dell'altro al proprio petto. "Sei incredibilmente bravo."
Ed Einar geme, geme sentendo quanto Filippo stia gradendo quel momento - reclina la testa fino ad appoggiarla alla sua spalla e si spinge all'indietro col sedere, che vuole sentirlo meglio contro di sé. Poi socchiude gli occhi blu. "Trova?" sussurra, allora, buttando giù, insieme alla saliva, un insieme di sensazioni che gli squassano lo stomaco.
"Dio, sì." mormora contro il suo orecchio, lasciando un bacio proprio lì vicino. "Bravissimo." geme appena.
Il cubano muove lentamente il bacino, le mani strette su quelle di Filippo. "Baila conmigo" fa, guidandolo piano nel movimento - Dios, è già così pronto per lui, quasi non lo avesse avuto per tutta la notte. Quasi il tempo, lì dentro, si fosse fermato.
Il fiato gli si blocca in gola, mentre prova a seguire quelle mosse: è così perfetta quella danza, nonostante la nostalgia che gli porta. "Sì." sussurra.
Einar inclina meglio il capo all'indietro e cerca la bocca di Filippo per baciarlo con passione - il palmo della mano posato sulla sua guancia. "Porqué non lo facciamo qui, amore" butta fuori in un sussurro, la punta della lingua a tracciare la linea sinuosa delle sue labbra - i corpi che ancora si muovono lentamente, sensualmente.
"Sì, qui." concorda il cantautore, riprendendo poi a baciarlo con trasporto, quasi non esistesse altro, quasi non esistesse il mondo.
"Mentre bailiamo" sussurra quello dentro la sua bocca, la mano ancora più stretta sulla sua e l'altra a mantenergli il viso contro il proprio. "Facciamolo bailando" geme tendendosi di più, la tensione sessuale che sale, sale, sale - sale.
Ed il ventitreenne sospira, spingendosi contro di lui: non sa pensare ad altro che non sia un ripetuto allo stremo. Chissà se smetteranno mai di conciarsi così.
"Prendimi" quasi lo prega Einar con voce roca, quasi non gli fosse bastata la notte passata, quasi quel prendimi lo riportasse a quella volta a La Habana, in piscina. Adesso chiude gli occhi, i fianchi che dondolano sensualmente da un lato poi dall'altro, dentro ad una danza lenta e tanto erotica da far male - sentire Filippo che si muove con lui è dannatamente eccitante. "Prendimi, prendimi, pre -"
Filippo lo fa, segue le sue parole e quasi lo spinge in avanti dalla fretta. È lì, in lui, ancora una volta.
"Joder" geme forte il cubano, quel dolore familiare che gli punge la testa e lo stomaco e lo fa impazzire. Deve stendere le braccia in avanti per non cadere, per avere un appoggio, perché le gambe improvvisamente non lo reggono più: trova davanti a sé lo schienale della poltrona dove fino a poco fa sedeva Filippo per fare colazione - "Joder" quasi ringhia cercando di riprendere la danza di poco prima - muove il bacino all'indietro, poi da un lato, poi dall'altro e cerca di farlo armoniosamente, sentendo Filippo in sé da ogni angolazione. Dio, dopo settimane di nulla, questo è tutto. "Sì" sospira reclinando il capo all'indietro.
Quello gli stringe i fianchi, muovendo i propri secondo il ritmo scelto dall'altro - così, lo sente sussurrare e quasi geme in risposta.
C'è un altro sospiro ed Einar apre gli occhi ritrovandosi a Cuba: c'è l'afa, la musica nell'aria, i profumi di casa sua - ci sono loro che ballano insieme nel mezzo di una calle, mentre artisti di strada suonano i loro strumenti. Sono lì, rifugiati nel luogo che li ha uniti - uniti, come sono ora, mentre fanno l'amore e rincorrono il piacere per l'ennesima volta. "Amore" lascia andare in un altro gemito - la bocca secca. "No te pares."
No, Filippo non ha alcuna intenzione di fermarsi, non ora che sono persi a L'Avana, in quella casa, nella piscina ed in qualunque altro luogo abbiano fatto l'amore. No, proprio no.
Einar raddrizza la schiena tornando ad aderire al petto del fidanzato, afferra le sue mani e se le porta sul ventre - si lascia stringere dalle sue braccia reclinando il capo fino a posarlo sulla sua spalla. È così bello, questo momento, che non è sicuro di saperlo descrivere: fa caldissimo e sta provando un piacere totalizzante, che lo prende dal centro del ventre fino al cuore, poi su nella testa - i pensieri paralizzati e quel bisogno che avverte di sentire Filippo continuamente dentro di sé, così premuto in lui. "Ay - papi, tócame" quasi lo prega con voce roca, che si sente così piacevolmente intorpidito...
Filippo lo tiene stretto a sé, ancora un po' perso a sentirsi chiamare in quel modo - Dio, vuole sentirlo gemere così per tutta la vita.
È un piacere lento e quasi ritmato quello che colpisce in pieno Einar mentre smette di muovere i fianchi per ballare con lui - l'angolazione è perfetta, è quella, è esattamente quella e Dio. L'orgasmo lo coglie con calma, delicatamente ma facendogli tendere ogni muscolo ed inarcare la schiena in un gemito lento e quasi sollevato - "Ay amor - te quiero" sospira premuto all'indietro, contro il corpo di Filippo - gli occhi che faticano a rimanere aperti, la bocca schiusa in un altro respiro profondo ed ogni fibra del suo corpo che trema abbandonandosi a quell'orgasmo lento.
"Amore" ripete sussurrando l'altro, un suono continuo che accompagna il respiro affannato - appoggia le labbra contro la sua spalla mentre viene. D'improvviso è così stanco, che perfino il sospiro che gli esce dalla bocca lo dimostra. "Sai quando dico che mi ucciderai? Ne sono davvero convinto" scherza, baciandogli la spalla, poi la nuca.
Quello socchiude gli occhi prendendosi ogni bacio, le dita intrecciate alle sue - se lo stringe meglio addosso anche dopo averlo lasciato sfilare da sé. "Finiamo sempre così" ragiona con un sorriso esausto.
Filippo gli lascia ancora un bacio dietro l'orecchio, sorridendo un po'. "Mi sei mancato" dice, forse per la millesima volta.
"Forse anche tu" scherza lui lasciandolo scivolare piano via da sé, ma se lo tiene ancora stretto addosso mentre indietreggia fino a cadere sul letto - su Filippo, tra le pedine e le schede del Monopoli. Si spinge meglio contro il suo petto e mugola un po'. "Ma lo hai ascoltato, el mio album?" chiede con un altro mugolio (stanco, si sente stanchissimo), nonostante sappia che la risposta è piuttosto scontata.
"L'ho consumato" fa, stringendolo a sé e baciandolo ancora. "Te l'ho detto, no?"
Einar sorride a quella risposta, gli occhi ormai chiusi: è stanchissimo, stanco davvero, che non ricorda l'ultima volta che ha dormito decentemente - gli ultimi giorni prima della finale sono stati frenetici, pieni di ansia e lui ha studiato spesso durante la notte. Lascia andare un respiro più lento, mentre pezzi di sogno si mischiano con la realtà.
L'altro sposta col braccio il tabellone del Monopoli ed i vari pezzi - li spinge sul lato opposto del letto e si trascina un po' più su, fino ad appoggiarsi sul cuscino, portandosi Einar con sé. "Dormiamo un po'" mormora.
Quello quasi non risponde, che già si sta immergendo in un sogno confuso: il palco, la musica, Filippo, la coppa di Amici, Monopoli. E ancora la coppa, il Monopoli, la coppa, la partita, la coppa - "Niño -" lascia scivolare fuori quasi senza accorgersene, che ha la voce impastata dal sonno e la realtà gli sta sfuggendo di mano.
"Chi ha vinto a Monopoli?"

*
*

Bentornati a Roma!

Chi di voi ha un'improvvisa voglia di giocare a Monopoli con quei due?

Fateci sapere se il capitolo vi è piaciuto con una stellina ed un commento. #champagneff vi aspetta anche su Twitter!

A presto,

moonypads e Siamo_infiniti

Champagne || EiramDove le storie prendono vita. Scoprilo ora