CHAMPAGNE
DodiciDifficile lasciarti andare
Sabato 5 Gennaio
Quando Einar gli ha chiesto se gli andasse di salire, Filippo non ci ha pensato due volte prima di rispondere Certo che mi va, prima di seguirlo su in camera. Adesso è seduto sul letto di Einar e lo sta aspettando, mentre il cubano si sta facendo una doccia calda.
Generalmente, il cantautore si sarebbe autoinvitato con la scusa di dover fare attenzione a lui, per fare in modo non si addormentasse, ma l'altro sembra aver bisogno di rilassarsi.
Sospira un po' e si stende sul letto, guardando il soffitto: che strano, pensa, giusto un anno prima quello è stato il suo, di letto.
È solo dopo una decina di minuti che Einar apre la porta del bagno e torna nella camera: prima di infilarsi sotto la doccia ha spento il telefono e ha cercato di chiudere fuori dalla sua stanza l'intero mondo - l'intero mondo eccetto Filippo. Einar vorrebbe non pensare per un po', giusto per qualche ora, ché si sente esausto: eppure i pensieri sono piuttosto infidi e gli si stanno attaccando ugualmente alla testa senza lasciargli un po' di tregua. Adesso si dirige verso l'armadio con passo svelto, un asciugamano attorno alla vita ed un freddo addosso che nemmeno sa quantificare (stava decisamente meglio sotto il getto d'acqua bollente) e cerca nel cassettone la sua tuta, quella nera di Amici - è tanto calda e lui ci si sente sempre protetto quando la indossa, non sa spiegare bene perché. Inizia a vestirsi quasi di fretta per sfuggire al gelo - prima i pantaloni e poi una canottiera.
"Jodido frío y jodido invierno - quiero el verano, joder" si mette a borbottare mentre sistema velocemente l'elastico dei pantaloni - uno sbuffo appena accennato.
"Vieni qui." lo invita Filippo. "Ti riscaldo un po'." e non c'è nemmeno un po' di malizia nella voce, né nei gesti mentre apre le braccia ed aspetta che l'altro si getti su di lui.
"Espera" fa quello e si infila una maglia a maniche lunghe, poi la felpa sopra. Fissa i calzini per un attimo, poi guarda Filippo, che è indeciso se indossarli o meno, un broncio pensoso sulla bocca.
Il cantautore si lecca le labbra e si stiracchia. "Mettili, dai." consiglia.
Einar li infila velocemente e poi si sistema per bene i vestiti, sentendosi comunque infreddolito. E stanco, tanto stanco. Allora si sdraia sul letto, su un lato- posa gli occhi in quelli di Filippo.
"Ciao."
"Ciao." risponde quello con un sorriso, accarezzandogli una guancia - si gira su un fianco anche lui, per stare comodo. "Quasi speravo mi venissi addosso." mormora, divertito - ci pensa su per un attimo e si lascia scappare una risata. "Non in quel senso."
Il cubano sorride appena, la mano posata sul suo polso. "Magari un'altra volta" scherza un po', che se fosse in una condizione mentale più lucida, forse lascerebbe entrare nella sua testa immagini maliziose e provocanti di quei giorni a Cuba - invece socchiude gli occhi e respira piano.
Filippo lo attira a sé e lo abbraccia, baciandogli la testa. "Non dico nulla." risponde in tono scherzoso, mentre quello cerca di rilassarsi tra le sue braccia, la fronte premuta contro il suo petto: merda, la testa di Einar sta provando a fregarlo in ogni modo e gli ricorda che poche ore prima stava tra le braccia di un'altra persona - di Joele. E per quanto il cubano sia perfettamente consapevole del fatto che la scelta di Joele sia stata la migliore per entrambi, non riesce a non sentirsi pieno di un senso di colpa (Ho sbagliato tutto? È stata colpa mia? Avrei dovuto -) denso e fastidioso - gli si è appiccicato addosso e non è riuscito a lavarlo via nemmeno con quella lunga doccia. E poi, Dio, la pesantezza - la pesantezza lo sta schiacciando in ogni modo e a lui fa male tutto. Tutto. Anche la mano che stringe attorno al polso dell'altro, in quell'abbraccio, gli fa male. Ha bisogno di stabilità, ché si sente perso.
Il ventitreenne lo stringe un po' di più, perdendosi ad annusare i suoi capelli, strusciando poi le labbra contro la fronte dell'altro.
"Forse ho sbagliato io" mormora piano Einar, dando voce a quei pensieri tossici, mentre lo stomaco gli si stringe in una morsa e lui deve trattenere il respiro. "Non - forse non sono chi ero a Cuba."
"Ehi." mormora Filippo, baciandogli ancora una volta la fronte. "Non darti colpe che non hai." sussurra. "Quando ci si lascia non è mai colpa di una sola persona, no?"
Quello alza un po' la testa e lascia che i loro sguardi si incrocino, posa le dita sul suo mento e scivola giù, fino alla gola in una carezza delicata - non è mai colpa di una sola persona. "Sì" concede umettandosi appena le labbra. "Ma me sento - yo me sento spaesato, adesso" ammette, che ha quella sensazione di confusione addosso, come se vagasse a vuoto.
Il cantautore gli dà un bacio sul naso e sospira un po'. "Cosa posso fare per farti stare meglio?"
Einar lo guarda per un secondo, ma non risponde subito: si tira su a sedere e prende la coperta piegata in fondo ai piedi, la srotola e poi copre entrambi, tornando a sdraiarsi vicino a Filippo - appiccicato.
"Perditi con me" sussurra in risposta, tirando la coperta fin sopra alle loro teste - buio.
Quello appoggia la fronte contro la sua e sorride un po', accarezzandogli il viso. "Se ci perderemo rimarrà un momento." canticchia.
"Brindiamo alla vida per ogni ferita che sarà servita per estare -" Einar si blocca e schiude le labbra, che quella frase, adesso, gli sta girando in testa e sembra così - Dio, come una di quelle premonizioni, no? "- Per estare con te" finisce di cantare, la voce bassa e un po' arrochita.
Filippo struscia il naso contro il suo. "Ti vorrei. Non vedi quanto ti vorrei?" e gli bacia una guancia, facendosi più vicino possibile.
Buio, buio, bu - se ora si concentra di più, Einar può sentirsi galleggiare: lui e Filippo sono nella cava, ancora una volta nella Cava di Saturno, il tetto di stalattiti, l'acqua cristallina e loro che muovono lentamente le gambe per tenersi a galla.
"Posso besarti?" sussurra, allora, dentro a quel buio nel quale si sono immersi.
"Sì, ti prego." mormora lui, inspirando profondamente. "Baciami."
E allora Einar gli porta la mano tra i capelli, tra i ricciolini morbidi - lo attira a sé. E lo bacia, lo bacia con dolcezza, schiudendo le labbra lentamente, che la bocca di Filippo ha quel sapore dolce che a lui è mancato tanto, in quei giorni - e in quei lunghi mesi, dopo Cuba.
Il ventitreenne ricambia il bacio con la stessa dolcezza, guardandolo attraverso le palpebre socchiuse. Incastra le dita in qualche ciocca e sospira nella sua bocca: quanto è bello baciarlo, quanto cazzo è bello.
E quello si lascia andare, si abbandona in quel bacio lento e senza alcuna fretta - sono a Cuba, dopotutto, no? Allora eccola, di nuovo, la sensazione dell'acqua calda sulla pelle, l'aria fresca della Cava a sollevarli da quell'afa terribile che si abbatte sulla città - finalmente. Gli scivola via un sospiro dalle labbra, quasi vorrebbe trattenerlo, ma poi ci ripensa e lo fa rotolare via, dentro ad un altro bacio.
Filippo gli morde piano un labbro e lo tira appena, con un sorriso. "Mi piace tanto." soffia tra le sue labbra, prima di baciarlo ancora.
"¿Qué, la Cueva de Saturno?" fa l'altro fingendo di non capire, il corpo premuto contro il suo, la mano sulla sua schiena.
"Sì, è bellissima." ride lui, baciandolo ancora e ancora.
"Sai, con tutto el dinero che hai guadagnato grazie alla canzone che te ho escrito -" inizia Einar tirandogli appena una ciocca di capelli "- potresti regalarme la Cava."
Filippo gli posa un altro bacio sulla bocca. "La vuoi?" chiede, stringendosi a lui.
"Sì" risponde con tono lamentoso quello, che forse è riuscito davvero a chiudere tutto il resto del mondo fuori da quella stanza - o forse solo fuori dal buio che si sono creati sotto alla coperta, ma va bene così.
Il cantautore si lascia scappare una risata e gli morde piano la punta del naso. "Me ne saresti tanto tanto grato?"
"No sé. In fondo me la sarei guadagnata, no?" cerca di farlo ragionare Einar, le gambe che cercano posto tra le sue, ad intrecciarsi un po'.
Quello piega una gamba e la appoggia sul suo fianco. "Così ci perdiamo sempre sempre."
Il cubano prende un respiro profondo, gli accarezza la coscia piano, la stoffa ruvida dei jeans sotto il palmo della mano - lo bacia ancora, che l'idea di smettere gli fa perdere l'equilibrio, che stringersi addosso a lui lo fa sentire più stabile. "Rimani con me stanotte" sussurra.
"Non avevo alcuna intenzione di andarmene." gli sussurra Filippo, tra un bacio e l'altro, tornando ad accarezzargli i capelli.
"Magari domattina ci sveglieremo a Cuba" continua piano l'altro, la testa che segue ogni carezza, gli occhi socchiusi. "E ci sarà caldo, ci sarà la leggerezza..."
"E andremo al locale e mi preparerai un vodka lemon." scherza un po' il cantautore strusciando il naso contro il suo.
"Con Marisol che te tiene un posto al bancone" continua Einar spingendosi verso il suo calore, che ha ancora un po' freddo.
"Avrei dovuto portare via con me quello sgabello." si lamenta un po'. "È il mio sgabello, il mio posto." gli morde piano una guancia.
"Para hacerlo avresti dovuto portare contigo anche il mio capo, sai, che el sgabello era suo" fa piano l'altro, ricordando con mezzo sorriso quanto Filippo fosse rimasto infastidito dal suo jefe.
Filippo lo stringe a sé, più di quanto sia possibile, e gli morde la bocca. "Fottutissimo capo." mormora, ché proprio non gli piace quel tipo.
Einar lascia andare un gemito lento per quella stretta e forse anche per quel morso - inarca appena la schiena tra le sue braccia. L'idea che Filippo sia geloso di lui è - taci.
Il modo in cui il corpo del cubano scivola contro il suo gli fa stringere gli occhi e leccare appena le labbra. Dio, geme piano, affrettandosi a far morire un sospiro in un altro bacio.
"Niño" sussurra Einar contro la sua bocca, gli occhi che si socchiudono piano, mentre con la punta della lingua gli accarezza le labbra - intreccia le dita alle sue e si sposta un po', cercando riparo sotto il suo corpo, lasciandosi premere contro il materasso.
Filippo si stende meglio su di lui e gli riempie il viso di baci, stringendo le sue mani e premendole ai lati della testa - i tatuaggi che si completano. "Ein." mormora, tornando a baciarlo sulle labbra.
I tuoi baci che sanno di ossigeno, gira per la testa del cubano, (- di quelli che penso già al prossimo), mentre gli trattiene il labbro inferiore tra i denti, delicatamente - lo lascia andare piano e guarda il ragazzo, che anche sotto la coperta, nel buio, riesce a vedere i suoi occhi.
"Sei così bello." sussurra quello, le labbra contro un angolo della bocca. "Bellissimo."
Einar sorride - un sorriso bello, ampio, vero - ed allaccia braccia e gambe al suo corpo, premendoselo contro. "Abbiamo anche la nuestra prima foto ufficiale insieme" scherza, riferendosi al ragazzo che li aveva fermati in stazione.
"E tutte le foto che ci siamo fatti a Verdadero?" chiede lui, divertito, baciandogli il collo. "Devo ancora passartele." fa, poco dopo. "Ricordamelo, domani."
"Sì" mormora l'altro rubandogli un bacio. "Me le hai rovinate tutte, però: facevi sempre el estúpido, hacías las muecas - le boccacce" scuote la testa, fingendosi ormai rassegnato dall'indole infantile dell'altro.
"Io?" fa Filippo. "Ma se eri tu quello che faceva le boccacce." risponde mordendogli ancora una volta la guancia. "Che mentiroso."
"Tu" lo rimbecca quello, le labbra protese in un broncio esagerato, la mano che scivola lungo la sua schiena - alza un bordo della maglia e ci infila le dita gelide sotto, premendole sul suo fianco caldo.
Il cantautore lo bacia, mandando via quello stupido broncio, mentre con le mani prende ad accarezzargli le gambe. "Tu." mormora, gli occhi fissi sulla sua bocca.
Einar ride spostando la mano fredda alla base della sua schiena con aria dispettosa - gli lecca la guancia, l'angolo della bocca, un'altra piccola risata mentre ripete ancora quell'azione: guancia, bocca, guancia, bocca, guan -
E quello lo bacia, spingendosi piano contro di lui. "Ti bacerei per tutta la notte."
"Sì" sospira il cubano, gli occhi che tornano a socchiudersi, mentre una mano gli accarezza i capelli. "Ma non disturbiamo i pesciolini" aggiunge in un sussurro. "Ven, nascondiamoci dietro alle rocce" suggerisce alzando appena il bacino contro il suo, che l'acqua è fresca, cristallina - perfetta. Essere tornati a Cuba è perfetto.
Filippo continua a baciarlo, stringendo piano i fianchi e continua a muoversi piano. "Tanto non ci vedono."
"Nadie nos mira" è d'accordo Einar mentre si perde in un altro bacio, ancora per un po', senza alcuna fretta. Sospira piano percependo la concretezza del calore di Filippo, ma un attimo dopo si scastra da quella posizione: i pensieri lo hanno assalito nuovamente e lui deve provare a mandarli via dalla Cava di Saturno. Un altro sospiro (questa volta più pesante) e torna a sdraiarsi su un fianco, accanto al cantautore - gli accarezza la guancia con la mano, lo sguardo fisso nel suo. Sente le labbra gonfie di quei baci, sente il suo sapore sulla bocca e gli gira un po' la testa - serra forte gli occhi.
Il ventitreenne gli accarezza le labbra con l'indice e soffia piano contro il suo naso. "Sai, quando ero qui, non dormivo quasi mai." racconta per distrarsi. "C'era Simone che si svegliava per andare in bagno e mi trovava a scrivere."
Quello sorride, che riesce ad immaginarselo chino su un foglio con una penna in una mano e, magari, una sigaretta tra indice e pollice - seduto vicino alla finestra, in modo da poter fumare in pace. E torna con la mente a quella notte a La Habana, quando lo trovò in cucina, tutto intento a scrivere - un bicchiere di rum vuoto sul tavolo. E lui, poi, lui che aveva finto di intervistarlo e Filippo che gli aveva svelato la sua storia, gli aveva parlato delle sue piume - sexy da morire, fottuti orecchini. Einar allora alza appena il braccio per arrivare a sfiorare la piuma dorata che l'altro porta all'orecchio: sa perfettamente come muoversi, anche se quel buio che li avvolge è totale - non può mentire a se stesso: conosce a memoria quel viso, è stato così dal primo attimo, fin da quando i loro sguardi si sono incrociati. Accarezza con delicatezza la piuma d'oro per qualche secondo prima di parlare di nuovo. "Ah, quindi è qui che mi hai rubato tutte le strofe di Nera?"
"È qui che ho cominciato Sceglimi." lo corregge, ricordandolo come se fosse successo solo cinque minuti prima.
Einar sorride, gli si preme un po' meglio contro. "Sceglimi - porqué da soli non si è buoni a niente. Sálvame - como solo nei libri. Como solo tu" intona piano, che quelle fottute strofe le ha sempre in testa - Dio - e non riesce (non vuole, non può) a mandarle via.
"Tu che mi hai insegnato il cielo come un aviatore." continua Filippo, baciandogli il naso. "Tu che non è tutto un casino."
"Tu che non está tutto ya escrito..." lascia cadere lì Il cubano, la bocca a sfiorare la sua, le labbra appena appena schiuse.
Il cantautore struscia appena le labbra contro le sue, poi inspira profondamente e, con un sorrisino, lo bacia - dolce, lento, non hanno fretta.
Dio, pensa Einar mentre si perde nella sua bocca, ancora una volta la sensazione di essere a Cuba, a galleggiare nell'acqua trasparente, a muovere sinuosamente le gambe per tenersi in superficie - gli stringe forte i fianchi e si lascia premere contro la parete rocciosa allacciando le caviglie attorno alla sua vita. Sospira piano, piegando il braccio e portando la mano ad accarezzargli i capelli, bagnandoglieli - tante piccole gocce d'acqua che scivolano sul viso di Filippo. E lui le bacia via, una per una.
E quello che si lascia baciare, scivolando sotto di lui, afferrandogli il viso con le mani. Gli è mancato sentire il calore del corpo dell'altro su di sé - gli è mancato da morire.
Einar sorride posando le mani sulle sue, facendole scendere fino ai polsi - stringe la presa sul loro tatuaggio. Loro, perché anche quello sulla pelle di Filippo è suo, e quello sul suo polso è di Filippo - è stato chiaro fin dal primo attimo e non doveva essere diverso. Stringe le ginocchia attorno ai suoi fianchi facendo increspare l'acqua e vorrebbe solo - Dio - vorrebbe fare l'amore con lui e basta, perché sente che è l'unico modo che ha per non perdere l'equilibrio. E poi lo vuole, lo vuole così tanto che - joder, ci vorrebbe, ci vorrebbe qualcosa di molto forte per annegare i pensieri.
"Sai..." fa Filippo, tra un bacio e l'altro. "Non vedo l'ora di fare l'amore." sospira contro le sue labbra.
La voce graffiata con la quale Filippo butta fuori della piccola confessione fa scivolare un brivido giù per la schiena del cubano - gli si mozza il fiato e quasi fatica a ritrovare il respiro. Lo fissa dritto negli occhi, che ormai la sua vista si è abituata a tutta quell'oscurità: intreccia le dita alle sue e gli porta le mani al lato del viso, adesso ad affondare nel cuscino morbido. "Sei stato solo mio" sussurra e, sebbene ne sia praticamente certo, è come se avesse bisogno di una sorta di conferma.
"Tuo." conferma, leccandosi le labbra. Non è riuscito a fidarsi di nessun altro, come si era fidato di lui. Nessuno. "Solo tuo."
Einar deve chiudere gli occhi per un lungo attimo, perché quell'affermazione gli dà alla testa e gli accorcia il respiro. Merda, merda, il cuore gli batte fortissimo e - gli prende la mano e se la porta a sinistra sul petto, anche se si sente un po' stupido per quella reazione. Ma sorride.
Filippo lo attira a sé, allacciando le gambe intorno alla sua vita, e lo abbraccia forte con un sorriso stupido sul viso ora che anche il suo cuore batte come non mai. E quello sorride ancora, premuto contro di lui in quell'abbraccio che non lascia spazi liberi tra loro - nemmeno quello per respirare. Rimangono per qualche minuto così, stretti uno all'altro sotto la coperta pesante, avvolti nel buio della notte - forse ancora a Verdadero.
"Lo sai -" inizia ad un certo punto il cubano "- ho iniziato a escrivere."
"Davvero?" chiede lui, dandogli dei baci sulla tempia. "Posso avere un piccolo spoiler?" scherza.
Einar si appoggia con la testa al suo petto, le loro mani unite sul ventre piatto dell'altro, sopra alla maglia - un grosso respiro e gli occhi chiusi nel buio.
"Una foto sbiadita che porto con me -" inizia a cantare piano, cercando di controllare la voce, le emozioni, il respiro - cercando di mettere in atto ciò che ha imparato in quelle settimane di scuola. "Ahora sono extranjero en un posto che non riesce più ad esser lo stesso" una piccola pausa e lui che deglutisce appena. "Vorrei mettere en scacco el amore y riprendermi un sacco de cose. Faccio un sueño - me prendi per mano y un recuerdo de un giorno lontano" riprende, lasciando scorrere il testo, rendendolo esotico col suo accento, spagnolizzando qualche parola, che è più forte di lui e non riesce ancora a pulire del tutto il testo dalle sue origini - la presenza di Filippo non lo aiuta, gli fa sporcare di spagnolo più parole del previsto. "Difficile lasciarti andare" canta ancora, rallentando sulle due ultime parole, allungando quei suoni - la voce che vibra un po'. "Ma tu rimani - tu rimani" sussurra infine, lasciando scemare la strofa, concludendo quella versione più soft della sua prima canzone - sta stringendo forte la mano di Filippo e si sente un po' strano, che è la prima volta che lascia uscire queste parole da uno studio di registrazione. Ed è la prima volta che Filippo può sentire qualcosa di suo - totalmente suo.
Filippo lo ascolta in silenzio, accarezzandogli il viso: ama il modo in cui la voce di Einar suona a cappella e quello in cui pronuncia le parole, alla spagnola, lo fa impazzire. Si concentra sul testo e non può fare a meno di baciarlo quando finisce di cantare - gli piace, gli piace tanto. Forse non è obiettivo se si tratta del cubano, non sa vedere bene, ma, Dio, avrebbe voglia di ripetergli quanto cazzo è bravo, che poche volte una voce lo ha emozionato così, nel profondo. I suoi occhi parlano, parlano tanto soprattutto mentre canta ed il cantautore spera di perdersi ad ascoltarli ogni volta come ora. "Mi piace." sussurra sulle sue labbra.
Quello ride piano e scuote la testa tirandogli un po' i capelli - è per mio papà, vorrebbe dire. "Lo dici solo perché vuoi un cubalibre" risponde, invece, e torna ad appoggiarsi al suo petto, la caviglia che si muove piano, facendo roteare il piede contro quello dell'altro. Einar sa che deve migliorare ancora tanto, sa che questo non è un testo all'altezza di quelli di Irama o di tanti altri più bravi di lui. Ma è un inizio. Un inizio, no?, per uno che solo dodici mesi fa lavorava in un locale di Cuba e non pensava alla possibilità di poter riprendere in mano la sua musica. Un inizio anche per chi, per la prima volta, mette nero su bianco le proprie emozioni - che decide di affrontarle.
"Devo togliermi questo estúpido accento español - Dio, è ovunque" sussurra poi, che uno dei professori ha avuto più volte da ridire sul modo in cui Einar sporca i testi con la lingua madre. È come se usassi parole in italiano quando canti in inglese - assurdo ed inconcepibile, no?, gli ha detto senza troppi mezzi termini e lui ha annuito e si è ripromesso che migliorerà, che ci sta provando. Ma non ha avuto il coraggio di dire che è diverso, con l'inglese, che non si assomigliano così tanto la lingua italiana e quella inglese. Che con lo spagnolo è diverso, che lui ha ancora difficoltà con le parole, che molte si assomigliano così tanto da mandarlo in confusione - che non ha mai studiato italiano per bene, che lo ha appreso solo parlandolo con Joele e poi con il cantautore.
"Ma è così bello." sussurra Filippo al suo orecchio. "È davvero sexy, soprattutto quando canti." e gli bacia la guancia e la mandibola.
"Evidentemente non per tutti" mormora l'altro, che forse si sente un po' stupido ad avergli fatto ascoltare il primo testo che ha scritto: gli si rannicchia contro, il piede che gioca col suo quasi fosse scollegato al cervello che, invece, non riesce a smettere di raccogliere i pensieri e buttarglieli addosso - più piccolo, Einar cerca di farsi più piccolo vicino a Filippo, cercando di nascondersi un po'.
"Sei qui da nemmeno un anno e scrivi in un italiano perfetto." fa il ventitreenne. "Non è meglio pensare a questo?" chiede. "A quanto sei bravo? Ogni volta ho la pelle d'oca." e lo stringe, baciandogli la testa.
Il cubano scrolla appena appena le spalle, ma poi alza il viso e cerca di nuovo la sua bocca per baciarlo piano, dolcemente, lentamente. "Ci sto provando davvero. Y vorrei che tutti lo vedessero" ammette.
"Lo vedranno. Gli sforzi vengono sempre ripagati." sussurra il cantautore e lo bacia. "Tu fa' vedere quanto ti impegni." consiglia.
Einar annuisce e posa le labbra contro il suo collo, i corpi ancora premuti assieme. "Y tu farai un duetto con me?" fa con tono lagnoso, piegando la gamba per stringerlo meglio a sé.
Filippo lo bacia ancora e sorride piano - è sempre più bello, cazzo. "Su che canzone vuoi duettare?"
"You don't have to be cool to rule my world, ain't no particular sign I'm more compatible with - I just want your extra time and your... kiss" canticchia quello in risposta, contro la sua bocca, per dargli un esempio di una delle tante canzoni sulle quali vorrebbe duettare con lui - proprio una a caso.
E l'altro lo bacia, di nuovo, stringendolo a sé. "Kiss - sai quale parte mi piace?" domanda, accarezzandogli la schiena. "Quella che fa: you don't have to be beautiful to turn me on, just need your body, baby, from dusk 'till dawn." canticchia con voce un po' roca, baciandogli l'angolo della bocca.
Einar lascia andare un piccolo gemito, inarca appena appena la schiena reclinando meglio il capo all'indietro. "Sì" sospira socchiudendo gli occhi, le dita ancora tra i suoi capelli - tutti i pensieri che se ne sono stati mandati via dai buio: Joele, il professore, i problemi di italiano. Ci sono solo loro e sono lì, nella Cava di Saturno. "Sì" ripete, adesso forse un po' a caso, che la voce di Filippo, mentre canta, è così erotica - joder.
Filippo sorride appena e gli bacia il collo, scendendo con le mani ad accarezzargli il sedere, tastandolo.
"¿Te parece como la última vez que lo tocaste?" scherza quello in un sussurro, riferito al suo fondoschiena - gli mordicchia l'orecchio e sorride, le dita ad accarezzare ancora la piuma.
"È anche più bello." risponde il cantautore. "Ti sei allenato, vero?" chiede, baciandogli la guancia.
Einar scoppia a ridere - la risata che echeggia nella stanza. "Si nota?" fa divertito. "Pero tocalo piano, che non è più abituato - sai."
"Pianissimo." sussurra quello, toccandolo pianissimo quasi per prenderlo in giro. "Piano piano."
Un'altra risata, questa volta sussurrata contro la sua bocca. "Poquito más" si lagna, quasi direzionando le mani di Filippo con le parole.
Filippo si lecca le labbra e lo stringe un po'. "Ancora un po'?" e gli morde piano un labbro.
"Fammi pensare" fa ancora quello, le labbra leggermente imbronciate. "Poquito más a la izquierda" e ridacchia.
"Sai -" comincia il ventitreenne in tono basso. "Ho imparato anche un'altra cosa in questo periodo." confessa, seguendo la sua indicazione.
"Cosa?" chiede Einar pieno di curiosità, i denti a pinzargli un po' le labbra. "¿Qué aprendiste?"
"Non te lo dico." risponde quello, divertito - le mani che si infilano nei pantaloni dell'altro, seguendo la curva del sedere.
"Dímelo" dice, sebbene quella richiesta diventi un sospiro, che da troppo qualcuno non lo tocca a questo modo - alza un braccio a tirargli di nuovo i capelli, rintanato in in quella bolla rassicurante e piena di leggerezza che si sono creati sotto la coperta.
"Poi mi viene voglia di farlo." si lamenta Filippo, piegando la testa all'indietro.
Einar gli morde il collo - succhia la pelle fino a farla arrossare. "Puoi dirmelo -" inizia "- te aiuterò a non farlo" promette.
"Anche se è qualcosa che voglio fare a te?" geme piano il cantautore.
"Sì" insiste ancora il cubano, che sta morendo di curiosità. E poi c'è quell'eccitazione che gli scorre sotto pelle che lo obbliga a continuare quel discorso pericoloso - lo sa che è pericoloso.
Filippo si morde un labbro e sospira. "E se lo facciamo direttamente quando vuoi?"
Quello gli tira i capelli, indispettito, gli si preme addosso sedendosi su di lui e gli blocca i polsi ai lati del viso - la coperta si alza appena in quel movimento e lascia entrare aria fresca, fredda. "Potrebbe essere -" ed Einar si china sul suo orecchio per sussurrare in spagnolo una possibile risposta a quell'enigma. "¿Correcto?"
"Dipende." risponde l'altro, divertito - le mani strette sul suo sedere. "Vuole per caso dire che devo infilare la lin -"
"- cállate, cállate, cállate" lo zittisce quello tappandogli la bocca con le mani di tutta fretta, che il calore che gli si sta dipanando per il ventre alla sola idea di fare quella cosa è pericolosissimo. Improvvisamente fa caldo, caldo davvero. Caldo, caldo, caldo.
Filippo scoppia a ridere e lo bacia dolcemente. "Te l'avevo detto che era meglio non dirlo, no?"*
*
Bentornati a Roma!
Piaciuto questo breve viaggio a Cuba?
Certo, questi due non sanno stare un attimo senza toccarsi...
Eppure, grazie alla presenza di Filippo, Einar riesce a chiudere i pensieri fuori dalla stanza e si rifugia nella Cava di Saturno proprio col suo Feli. E Feli che non manca di fargli sapere quanto vorrebbe fare l'amore con lui.E che ne dite di Ma tu rimani come primo inedito de nostro Einarcito?
Come sempre, fateci sapere se il capitolo vi è piaciuto con una stellina ed un commento. E ricordate #champagneff su Twitter!
A presto,
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Champagne || Eiram
FanfictionCONCLUSA - Eiram | Sequel di Cubalibre | 2018 ed Einar vede la sua realtà sgretolarsi e la sua leggerezza andare via. Ma Milano è diversa da Cuba, la vita è diversa - anche Filippo ed Einar sono diversi, adesso. In un viaggio tra flûte di champagne...