CHAMPAGNE
QuattordiciAllora ci vediamo a casa
Lunedì 7 Gennaio
Einar non ha mai fatto caso a quanto il lunedì possa essere fastidioso: non ci ha mai pensato, a dire la verità, forse perché a Cuba non ha mai avuto bisogno di domandarsi se un giorno della settimana fosse una rottura oppure no. Che era tutto leggero, lì, no? Anche se passavi il sabato sera a sbronzarti, poi il post sbornia non era così sgradevole, no? Insomma, mal di testa e nausea a parte. Eppure c'è una differenza piuttosto consistente tra il modo di vivere le ubriacature a Cuba e quello di viverle in Italia: certo, non è stato in realtà così sgradevole svegliarsi per la seconda mattina di seguito di fianco a Filippo e sorridere per quella sorpresa - non ricordava più di molto della sera, ad essere onesto. Anzi, aveva (ed ha) proprio un buco sul come si sia svolta la serata, ma quando ha aperto gli occhi e si è ritrovato accoccolato contro il petto del cantautore ha smesso di farsi tante domande.
Einar e Filippo si sono svegliati così, quindi, pigramente, lentamente, alternando piccoli baci a dei veri e propri baci travolgenti e pieni di passione - finché gli altri due non sono resuscitati dal sonno e Simone ha esordito con aò, che, state a scopà?, attirato dai sospiri lenti provenienti dall'altro letto, sebbene quei due fossero completamente vestiti e si stessero dando solo innocentissimi baci.
Insomma, che il lunedì oggi non gli piace particolarmente, no: lo trova pesante, frustrante, fastidioso e pure scocciante. La sua lezione di canto è stata un disastro totale, non ne ha azzeccata una ed ora si sente demoralizzato e piuttosto demotivato - in più continua a pensare che lui e Filippo quasi non sono riusciti a parlarsi (oltre a quei bellissimi baci), che Filippo è dovuto andare via di corsa non appena Lorenzo si svegliato del tutto e si è reso conto che erano in un terribile ritardo. Ecco.
E poi ha come la sensazione che la foto postata sui social da quel Luca abbia fatto davvero il giro di internet: gli è parso di sentire alcuni dei suoi compagni parlarne sussurrando questa mattina, a colazione, ma lui ha abbassato la testa sulla sua spremuta ed ha ricominciato a ripetersi in testa il testo di una delle canzoni che avrebbe dovuto provare a lezione - sbattersene, deve sbattersene delle cattiverie di certe persone.
La percezione che alcuni degli altri studenti della scuola stiano parlando (o meglio dire sparlando) di lui, però, non si attenua nemmeno sotto il peso delle ore di lezione appena portate faticosamente a termine - e no, non si azzera neanche ora che mette piede negli spogliatoi e cade di botto un silenzio denso.
"Ciao" fa agli altri ragazzi presenti, notando con una punta di fastidio e pesantezza come quelli adesso lo stiano squadrando dalla testa ai piedi.
Uno dei ballerini gli rivolge un sorrisetto ironico, infilandosi i pantaloncini e poi il pantalone della tutina. "Ciao" saluta, lanciando un'occhiata all'altro ballerino, che non trattiene una risatina.
"Passato bene il weekend?" chiede il breaker, lo sguardo puntato sullo specchio davanti a sé mentre alza i capelli in una coda.
Einar punta gli occhi sulla nuca del ragazzo pensando a quanto sia sgradevole e a quanto lo sia sempre stato con lui - piega le labbra in un sorriso per celare una smorfia di fastidio ed incatena lo sguardo al suo, attraverso il riflesso. Non è detto che si riferisca alla foto, no? Forse è solo uno stronzo, forse è Einar che si sta facendo condizionare troppo e si immagina le cose, no? Magari è solo una domanda per conversare e - si, certo, come no.
"Sì" risponde semplicemente. "E il tuo?" si sforza di chiedere in italiano, l'accento esotico.
"Non posso lamentarmi" risponde, sempre quel tono divertito.
Marco, l'altro ballerino, gli dà un buffetto sulla spalla, come se avesse detto qualcosa di davvero divertente. "Abbiamo altro di cui lamentarci. Come le lezioni con la maestra."
Einar si avvicina al proprio armadietto e lo apre prendendo all'interno la felpa da mettersi addosso - ha sempre freddo, no? Se la infila e se la chiude fino alla gola. "Allora en bocca al lupo" dice, anche se in realtà non gli frega più di molto di come possano andare le loro ore di lezioni - ha già tanto di cui preoccuparsi, dopotutto.
"Grazie, compà, avremo bisogno di fortuna." lo ringrazia Christian e l'altro gli si avvicina un po'.
"Non c'avemo tutti i santi in paradiso, qua." fa, come se volesse farsi sentire solo dall'amico.
Non voltarti, Einar, non voltarti - ignorali. Il cubano riesce a non girarsi verso i due ballerini e sposta appena lo sguardo di lato per guardare Alessandro, seduto sulla panchina con un'espressione un po' dura in volto - Einar gli regala un piccolo sorriso, che sa quanto anche per lui le cose siano complicate lì. Però è strano, perché ha sempre pensato che fosse qualcosa di bello e stimolante vivere in una scuola e trovare una squadra con la quale condividere i momenti - già, ma quale squadra? Quella pare più una giungla.
"Forse basterebbe empegnarse un po' di più" butta fuori, allora, che proprio non può più tenerselo dentro - fanculo i buoni propositi.
Alessandro si lascia scappare uno sbuffo divertito, mentre uno dei due alza le spalle.
"Impegnarsi più di così?" chiede il ballerino, retorico - ogni mattina hanno la sveglia un'ora prima degli altri e ogni sera sono loro a chiudere la scuola, restando sul filo del coprifuoco. È così incredulo che lo dice, poi scuote il capo.
Il cubano si sistema il cappuccio della felpa e si volta finalmente verso i due ballerini - un sorriso tiratissimo sulla bocca. "Lo siento - no sé cómo ayudarlos" risponde, che la parola raccomandato, alle spalle, da loro se l'è sentita dire più e più volte. Soprattutto, è il modo in cui lo dicono, il tono cattivo che usano, come premono sull'articolazione della parola.
L'entrata di Rafael zittisce la probabile risposta di uno dei due. "Buongiorno" fa, in italiano, è una delle poche parole che sa al momento. Ed Einar si gira verso la porta ("Ecco l'altro amichetto" è un sussurro appena udibile che Einar ignora con una certa difficoltà) e guarda l'altro ballerino - adesso un sorriso spontaneo gli si disegna sulle labbra. "Hola tío" fa, che lui e Rafael non condividono solamente la nazionalità e la stanza al Residence, ma anche l'essere tra gli ultimi arrivati ad Amici e il non essere particolarmente popolari tra i loro compagni - entrambi arrancano con la lingua e questo quasi li distanza ancor di più dagli altri, sebbene li unisca tra loro: ci sono sere in cui la malinconia di casa è più forte di altre e parlare è l'unica soluzione. "¿Qué tal? ¿La clase?" gli chiede, senza preoccuparsi di usare l'italiano per gli altri presenti.
"Todo bien, ¿Y tú?" chiede quello, sorridendo un po' e dandogli una pacca sulla spalla.
"Mi clase fue un desastre" dice piano Einar, coprendo il microfono con la mano fingendo che sia un movimento involontario. "En estos días no estudié mucho" precisa, che è vero che non è riuscito a studiare più di molto dato che le ultime vicende lo hanno travolto - Jo, formula la sua testa e il ricordo fa comunque male, anche se un po' meno: è stata la decisione giusta.
Rafael gli massaggia la spalla provando a rassicurarlo. "¿Pasó algo?"
"Ay, nada" gli risponde e posa la mano sulla sua, adesso che gli altri due ballerini hanno lasciato la stanza dicendo qualcosa che Einar non ha colto - volutamente. "Solo - la clase de hoy fue pésima y tengo que estudiar más" dice inclinando il viso fino a sorridergli - con la bocca, con gli occhi.
Quello annuisce e gli sorride a sua volta - si avvicina al proprio armadietto e si sfila la maglia, pronto a cambiarsi. "Tenemos que empegnarce."
"Empegnarce" ripete Einar e ridacchia un po' per quel verbo inventato. "Dobbiamo anche emparare el italiano" gli ricorda poi divertito - joder, sono davvero un disastro, sempre a fare confusione con l'itañol.
"Sí, no me gusta ponerme esto." dice, indicando l'auricolare che gli serve a sentire l'interprete. Si sente così limitato, joder.
"Esta noche estudiamos un poco" lo rassicura Einar e si tira un po' meglio i polsini della felpa sulle mani. "Ay, ¿porqué yo siempre tengo frío y tú no? Joder" sbuffa e proprio no, davvero non sa spiegarselo.
Il ballerino alza le spalle. "Io ballo, quindi mi riscaldo" fa, nella propria lingua madre. "Tu riscaldi solo la gola."
Quello ride piano scuotendo un po' la testa e sta per rispondergli che la soluzione è che dovrebbe mettersi a ballare anche lui quando, però, la porta dello spogliatoio si apre nuovamente: appare Bryan, il ballerino professionista - sta cercando Rafael.
"¡Tíos!" esclama, però, vedendo i due ragazzi insieme.
Rafael si volta verso di lui, sorpreso. "Che c'è? Devo tornare in sala?" ed è così sollevato di poter parlare in spagnolo con qualcuno che lo capisca anche se in un Paese non suo.
"No, no" fa il colombiano e gli regala un sorriso - si avvicina ai due cubani, posa le braccia sulle loro spalle e poi li stringe a sé.
Canchanchára - l'ho cercato ovunque. L'ho chiesto pure a Bryan - sai lui è colombiano, no?, ha detto Filippo ad Einar la notte che si sono ritrovati a Milano ed il cubano, ad essere totalmente onesto, si è subito sentito infastidito dalla possibile presenza di questo Bryan nella vita del suo niño. Gelosia, no? Ingiustificata, certo, eppure - eppure.
"Volevo solo dirti che la lezione di domani è anticipata di mezz'ora" fa Bryan informando Rafael in quello spagnolo fluido ed esotico, mentre continua ad abbracciare sia lui che Einar.
"Grazie, tío." fa Rafael, il sorriso più largo.
"Pues, ahora me voy" annuncia il colombiano dando una pacca sulla spalla ad entrambi i ragazzi - ride un po' e poi lascia gli spogliatoi con un saluto.
"Lui era come noi" ragiona Einar appena cade il silenzio guardando la porta chiusa. Che per quanto si senta infastidito e geloso al solo pensiero che Bryan e Filippo fossero e siano tuttora amici, riconosce che il ballerino, l'anno scorso, era proprio come loro: lontano da casa, perso, in difficoltà con la lingua e con le relazioni sociali.
Il ballerino di classico annuisce e torna a cambiarsi i vestiti. "Mi dice sempre che è stato difficile per lui, non si sentiva compreso. Quindi riesce a capire come stiamo" racconta, stiracchiandosi. "Noi latini dobbiamo restare uniti, dice sempre" e scuote la testa, divertito.
Ed Einar sorride annuendo, in accordo. Già, devono restare uniti se vogliono sopravvivere a quella giungla. "E studiare italiano."
Quello ride un po' e poi gli dà una pacca sulla spalla. "E tornare al residence."
L'altro segue la risata, raccoglie le sue cose e finisce di riordinarle nell'armadietto - un altro sorriso e la lezione andata male che è solo un ricordo più lieve. "Allora ci vediamo a casa, hermanito."

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Champagne || Eiram
FanficCONCLUSA - Eiram | Sequel di Cubalibre | 2018 ed Einar vede la sua realtà sgretolarsi e la sua leggerezza andare via. Ma Milano è diversa da Cuba, la vita è diversa - anche Filippo ed Einar sono diversi, adesso. In un viaggio tra flûte di champagne...