11 - Intruso

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CLAIRE

Lasciai che Simon mi riaccompagnasse a casa, alla fine della ronda, solo perché sembrava che le mie membra fossero fatte di gelatina. Probabilmente era un effetto collaterale della pasticca che avevo preso, ma l'intera serata era stata pesante e volevo solo andare a letto. Quando si era offerto, non avevo rifiutato. "Eccoci arrivati. Claire, va tutto bene?" disse guardandomi.

Sapevo di non essere nella mia forma migliore, ma cercai di tirarmi su. "Sì, è solo che è stata una pessima serata e sono stanca, non preoccuparti."

Mi fissò ancora un po', dubbioso, così decisi di scendere e dargli la buonanotte.
"Ti accompagno dentro?" si offrì.
"Non serve, non ti preoccupare" dissi con la mente già al giorno successivo, quando sarei dovuta andare a recuperare la mia auto, ma quando uscii da quella di Simon mi resi conto che la mia vettura era parcheggiata in mezzo al vialetto di casa.

"Oh" dissi. Meglio così, pensai.
"Ti hanno già riportato la macchina?" chiese invece Simon, notandola nello stesso momento.
"Dev'essere stato Kit."
"Peccato, ti avrei accompagnata volentieri a prenderla domani. Avremmo potuto approfittarne e andare a mangiare qualcosa insieme" aggiunse deluso.
Sorrisi per la tenerezza con cui lo disse, ma un debole riflesso proveniente dal mio portico mi fece bloccare le parole in gola.

"Simon, ti ringrazio, ma adesso è meglio che vada a stendermi" dissi decisa.
"Oh, sì, naturalmente" rispose avvicinandosi.
Mi abbracciò brevemente e mi scoccò un bacio sulla fronte, sorridendomi subito dopo.
"Ti chiamo domani?"

Annuii, poi aspettai che partisse prima di avvicinarmi alla casa.
Tutto era scuro, visto che non mi ero curata di accendere le luci davanti al portico prima di lanciarmi nella missione di salvataggio, così procedetti con cautela.

Tutto sembrava come al solito, non riuscii a distinguere nessun odore strano, ma forse era perché avevo i sensi un po' ottenebrati, dato che quando sentii un fruscìo che non riuscii a identificare come prodotto dalla natura scattai all'erta.
Mi guardai attorno con occhi febbrili, ma non riuscii a identificare la fonte del rumore finché non fui a due metri di distanza.
Il rumore si ripeté e il riflesso della luna colpì una bottiglia di vetro.
Una bottiglia di birra di quelle che avevo in frigo, per essere precisi, in mano a qualcuno.

Inspirai violentemente, mentre mi rendevo conto che chiunque fosse era accanto a me e che se avesse voluto uccidermi probabilmente lo avrebbe fatto già un minuto fa. A meno che non volesse qualcosa da me.

Arretrai bruscamente, mancando malamente il gradino e scivolando verso il basso, ma una mano sbucò dal buio e mi evitò di cadere.
Una mano maschile, forte e muscolosa. Mentre mi tirava verso di sé, fece un passo e uscì alla luce della luna, mostrandomi chi fosse. Inconsciamente rilasciai un sospiro di sollievo a quella visione, decisamente incauto da parte mia.

"Bisogna salvarti anche da te stessa, adesso?" mi apostrofò, schernendomi come sempre.

"Levi" dissi a mo' di saluto, non raccogliendo la provocazione. Ero concentrata sulla sua mano, ancora stretta attorno al mio polso.
"Ti sei fatta sbattere anche dal ragazzino, prima di farti riportare a casa?" proseguì lui, probabilmente voleva farmi saltare i nervi, ma ero troppo stanca e volevo dimenticare le ultime ore, non mettermi a discutere.

"Mi hai riportato l'auto" dissi invece di rispondergli per le rime, "grazie."

"Ero curioso di assistere alla tua camminata della vergogna, ma sembri tutto fuorché sbattuta per bene, mi dici che ti prende?" sbottò infuriato per le risposte mancate o forse solo per il fatto che non reagivo alle sue parole.
"Non è serata, Levi, scusa."

"Come dici? Hai davvero pronunciato la parola con la esse? Strano non credevo che fosse Natale, devo aggiornare il mio calendario... Claire Ravendish che chiede scusa" disse fingendosi colpito.
Stupido borioso. Sospirai, distogliendo lo sguardo da lui e valutando quanto mancava alla porta di casa mia.

The hidden wolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora