28 - Punto di rottura

8.8K 337 11
                                    

LEVIATHAN

Ogni tanto mi chiedevo come fosse possibile che le cose fossero sempre così difficili, quando si trattava di Claire.
Voglio dire, qualunque ragazza, dopo che il suo compagno le avesse detto che si arrendeva, che non si opponeva a quel legame indissolubile, sarebbe impazzita di gioia, no? Bé, lei no.
Claire aveva voluto analizzare tutta la cosa, finendo col farmi confessare delle notti che passavo nei pressi di casa sua come un maniaco, proprio mentre la guardavo e pensavo a quanto avrei voluto quelle lunghe gambe nude avvolte attorno al mio bacino, mentre ci davamo dentro come animali.
Alla fine è successo anche quello in effetti, ma molto più tardi di quanto pensassi quando mi sono presentato a casa sua.

Quando mi ha dimostrato che ero geloso del mio fratellino, facendomi vedere il retro della maglietta, all'inizio sono rimasto scioccato per la figura da idiota che avevo appena fatto, ma poi mi ero ritrovato a sbavare sul quel sedere fasciato dalla stoffa e avevo dovuto aggiustare i pantaloni per non farne una peggiore.
Si era incazzata perché avevo tentato di affogare nell'alcol il casino che avevo in testa, obbligandomi a tornare di sotto per bere del caffè ed era rimasta a fissarmi finché non avevo smaltito tutto quanto, per poi continuare con domande che giudicavo poco pertinenti.

Erano giorni che mi crogiolavo nei miei problemi. Ero sempre stato indipendente, sicuro, un leader e ora mi ritrovavo a cercarla quando capitavo in città, a passare casualmente davanti all'agenzia dove lavorava o annusare l'aria in camera mia e di Veclan quando tornavo la sera, sperando di percepire la sua scia.
Ma con l'aconito sempre in circolo non era facile, perciò stavo attento ad ogni sfumatura di odore, ogni indizio che mi dicesse se era stata là.

A proposito dell'aconito, non avrebbe dovuto inibire i nostri sensi? Avevo iniziato a prenderlo dopo che avevo capito quanto fosse stata intelligente come idea quella di Claire, perciò ero certo che sarebbe stato sufficiente stordire i miei sensi per non desiderarla più così tanto.
E invece no! Più faticavo a percepire il suo odore, le sue tracce, più mi dannavo per trovarla. Sembravo un caso disperato, sempre arrabbiato e di malumore, tranne le poche volte che ce l'avevo sotto mano.
Quando accettava l'invito a cena di mamma, o quando passava a trovare Veclan, ad esempio. E mi mostravo più stronzo del solito, nella speranza che lei non capisse quanto godevo a punzecchiarla, a vedere come reagiva, a studiare le sue espressioni, il rossore sulle sue guance quando s'infervorava.

Papà, dopo che le avevo urlato a cena, mi aveva preso da parte per quello che definiva un discorso da maschi. Aveva capito prima di me cosa mi stava succedendo e mi aveva detto che non c'era niente di male a tenere ad un'altra persona, a capire che la mia vita era davvero completa se lei ne faceva parte. Ma non ero pronto a sentire le sue parole, ancor meno ad accettarle, così l'avevo mandato al diavolo dicendogli che non era così.
Avevo ripreso a uscire con Monya e anche con altre ragazze del branco, ma non ero riuscito a sopportare la loro compagnia troppo a lungo e alla fine le avevo mollate a metà serata senza nemmeno accompagnarle a casa, perché non volevo che si aspettassero che le scopassi. Non sarebbe successo, quindi non mi ero speso di più.

Ormai l'unica che non demordeva era proprio Monya, anche se ero convinto che se non fossi stato il prossimo candidato al ruolo di Alpha, mi avrebbe lasciato perdere, visto come la trattavo. Aveva un talento per l'intrigo ed era chiaro che gongolava quando incrociavamo Claire ed eravamo assieme, visto come si stringeva a me.
Io d'altronde stavo ancora lottando contro ciò che sentivo quando lei era nei paraggi, figurarsi se accettavo che lei fosse sempre nella mia testa, anche quando non la vedevo.
Quando avevamo preso ad ignorarci però, avevo capito.

Non sarebbe potuto essere più chiaro, ecco il vero motivo per cui mi appostavo la sera vicino a casa sua, ecco perché ieri sera mi ero arrischiato fino ad arrivare al portico di casa sua. Volevo sedermi sul dondolo, finire la mia bottiglia di vodka e poi tornare a casa, ma avevo inciampato e la bottiglia era rovinata contro la balaustra del portico, rompendosi.
Non mi ero nemmeno accorto del danno, perché una volta lì avevo sentito il suo odore e tutto il resto non mi interessava più.
Eppure tutto il casino, il nervoso, la lotta interiore che avevo combattuto dentro di me, li accettavo con piacere, mentre la guardavo dormire dopo la notte che avevamo passato assieme.

The hidden wolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora