15 - Non doveva andare così

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CLAIRE

Mi fermai, alle parole del ragazzo. la sua voce aveva il timbro di quella di un adulto, ma stonava così tanto su quel viso giovane che per un momento mi chiesi se usasse uno di quei cosi per modificare la voce.
Diceva di conoscermi, ma non pensavo di averlo mai visto.
"Davvero?" chiesi. Non mi avvicinai, gli lasciai un po' di spazio, nel caso si volesse alzare, cosa che fece, a fatica. Sembrava molto stanco e dovetti frenarmi per non avvicinarmi a sostenerlo.
"Sì. Ti ho vista, con tutta quella gente" disse criptico e giuro andai ancora più in confusione.
"Intendi prima, alla radura?" chiesi. Restava in ombra e non riuscii a capire effettivamente quanti anni avesse.
"No."

Iniziai a spazientirmi per quelle risposte evasive, ma lui prese a camminare avanti e indietro , tormentandosi le mani con i denti e capii che probabilmente era sconvolto. Immaginai fosse per quel motivo che non capivo nulla delle sue allusioni.
"Eri in città ieri sera" disse infine, lanciandomi uno sguardo veloce, prima di abbassare di nuovo lo sguardo.
Ieri sera ero di ronda ma non ricordo ci fosse molta gente in giro, forse qualche coppietta.
E poi c'era stato l'omicidio. Rabbrividii al ricordo, cercando di rimetterlo in un cantuccio della mia mente e tornando a prestare massima attenzione al tipo di fronte a me.
Avrei potuto lasciarlo stare e a quest'ora sarei stata a casa, ma mi ero preoccupata per qualcun altro, come mio solito, ed ora non potevo fare dietro front e andarmene.
Potevo forse convincerlo a farsi accompagnare dalla sua famiglia, immaginai.
"Vuoi che ti accompagni a casa?" chiesi.
Si fermò, stringendo i pugni, ma non rispose. Non subito almeno.

Si mise dritto di fronte a me, più vicino di quanto non fosse prima, e mi sorrise. "Nemmeno tu hai prestato attenzione a me, non è così?" chiese con quel sorriso inquietante e in quel momento una folata di vento che spirava da nord mosse le fronde degli alberi che ci circondavano, permettendo a qualche raggio di luna di illuminare la notte.
Fu allora che lo vidi. Cieca agli odori, non me ne ero resa conto.
Il ragazzo aveva i vestiti sporchi, un lembo della camicia era addirittura strappato e sembrava uscito da un pestaggio. "Nessuno fa caso a me."
Mi resi conto di avere lo sguardo puntato sul suo petto, perché in mezzo a tutto quello sporco mi resi conto che aveva una grossa macchia nella parte alta, più altre sulle braccia, che sembravano schizzi di qualcosa di scuro, diavolo sembrava sangue.
Inspirai, cercando di percepire se quello fosse davvero sangue, ma sembrava secco, asciutto, l'odore non era forte come lo sarebbe stato ore prima.
Il ragazzo parve accorgersi del mio sguardo e abbassò il suo sui suoi vestiti. "Avrei dovuto cambiarmi, non è vero? Così sono un po' inquietante, immagino."

In realtà di inquietante c'era che non aveva mai smesso di sorridere mentre diceva quelle cose, ma provai a fare un mezzo sorriso. Non riuscivo a capire se quel sangue fosse il suo, nel bosco era tutto di nuovo scuro e... pericoloso.
"Sei ferito?" chiesi a voce bassa, per non metterlo in allarme.
"Oh, no. Questo sangue non è mio, ma quel bastardo non servirà più a molto, quindi.." disse lasciando la frase in sospeso, cambiando posizione e mettendosi le mani sui fianchi.
Fortuna che mi piaceva pensare a me come ad una ragazza acuta e intelligente.

Quando compresi chi avevo di fronte cercai di non allarmarmi, o almeno di non fargli capire quanto io lo fossi. "Sei il ragazzino di ieri sera, non è vero?"
Fece ancora una volta quel sorriso orrendo, che era praticamente l'unica cosa che vedevo bene anche in quell'oscurità. "Ci sei arrivata. Perché una poliziotta si aggira nel bosco di notte? Mi stavi cercando?" chiese sulla difensiva, smettendo di botto di essere un ragazzo strafottente per guardarmi con attenzione, abbassandosi leggermente e prendendo la posizione di difesa.
"Io? No. Stavo facendo una passeggiata" risposi. Se non potevo comportarmi da lupo, era inutile usare questa mia particolarità per spaventarlo, soprattutto dopo aver visto di cosa era capace.

Ero sconvolta pensando a cosa un ragazzino avesse potuto fare ad un coetaneo, anche se, ora che ce l'avevo davanti, sembrava più grande di un undicenne, nonostante fosse un lupo.
"Lo sai? Se lo meritava. Era un maiale. Prendeva sempre in giro i più deboli e la sua famiglia ha denunciato decine di lupi negli ultimi mesi. Faceva il gradasso, dicendo che era intoccabile, bé si sbagliava."
Non c'era traccia di pentimento nelle sue parole, sembrava fosse quasi.. orgoglioso del suo operato. Eppure sembrava così giovane, cosa poteva essergli successo per farlo diventare alla stregua di un sociopatico?
"Vuoi parlarne?" chiesi, la voce mi usciva gracchiante, come se facessi fatica a mettere insieme le parole da dirgli e in quel momento avrei tanto voluto aver lasciato che Tea ed Eva mi accompagnassero a casa.
"No. Nessuno ha voluto parlarne. Nessuno mi ha chiesto come stavo, quando hanno ucciso mio padre, lo sai? Hanno detto che se lo meritava, ma io so che non è così!"
Si stava agitando e non avevo idea di quanto potesse essere impulsivo, così provai a  carpirgli più informazioni possibile.
"Quando è stato ucciso tuo padre? Sai che cosa è successo?" domandai sperando si mostrarmi comprensiva. Non avevo paura di morire, ero addestrata al combattimento, ma quello che mi stava di fronte era ancora praticamente un bambino e aveva dilaniato un coetaneo, senza provare alcun rimorso e non andava preso alla leggera.

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