20 - Devo aver fatto incazzare qualcuno lassù per avere te come compagna.

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CLAIRE

Quando Kit e Dean mi riportarono a casa, ero ancora stordita.
Non riuscivo a capacitarmi di come Levi fosse riuscito ad andarsene, lasciandomi lì in quello stato. Certo, mi aveva lasciato a Kit che si sarebbe sicuramente preso cura di me, ma non era lui che desideravo.
Volevo tornare a fare quello che stavamo facendo prima, possibilmente sopra un letto.
Ero talmente frustrata che rispondevo a monosillabi al mio amico, che ben presto comprese che aria tirava e smise di assillarmi.

Quando arrivammo a casa di Kit scesi senza salutarli, ancora troppo sconvolta, salii sulla mia auto e mi diressi a casa.
Ignorai Kit che mi chiamava preoccupato e accesi la radio a tutto volume, sperando di silenziare quella cosa che dentro di me urlava. Di rabbia o frustrazione, non sapevo dirlo.

Presi una birra dal frigo, andando a berla fuori sperando che il freddo della notte mi aiutasse a dissipare la nebbia che mi aveva avvolto il cervello.
Levi non mi voleva, non mi aveva mai voluta e il fatto che mi avesse lasciato indifesa ed eccitata in quel locale senza nemmeno voltarsi indietro, era la prova che mi ero illusa di brutto.

Finii la birra in pochi sorsi, incapace di rilassarmi e restai ferma fuori casa per parecchi minuti. Quando finalmente decisi di rientrare e spegnere la radio, ero leggermente intirizzita e parecchio triste. Così tanto che finii per lasciarmi cadere sul letto a peso morto, raggomitolandomi in posizione fetale con ancora il vestito addosso e mi lasciai andare alle lacrime.
Piansi per ogni cosa che mi saltasse in mente. Non solo per Levi, per il nostro rapporto complicato o per il fatto che se ne infischiasse del legame tra compagni, che a me sembrava impossibile da ignorare, ma anche per i miei genitori, che in momenti come quello mi mancavano da impazzire.
Ero stanca, ma non riuscivo né a smettere di piangere, né a prendere sonno. Un fruscio mi fece aprire gli occhi di scatto, trovando un fazzoletto di stoffa proprio davanti al viso. La mano che lo reggeva era la causa dei miei mali, per la maggior parte, almeno. "Ho sentito il tuo dolore e pensavo ti fosse successo qualcosa" biascicò con l'alito che sapeva di alcool.

"Davvero saresti preoccupato per me? Ma fammi il piacere!" sbottai tirando su con il naso.
Lui sembrò irrigidirsi alle mie parole, come se l'avessi davvero offeso.
"Percepisco le tue emozioni come se fossero le mie, non te l'hanno spiegato?" disse amaro.
Giusto, avevo dimenticato. Dovevo ricominciare a prendere l'aconito, a quanto pareva.

"Come sei entrato?"
Lui indicò dietro di sé la finestra aperta e mi diedi della stupida, per non averci pensato, ma non mi sentivo molto in me.
"Mi vuoi dire cosa succede, così me ne posso andare? Non è piacevole sentire quanto stai male" disse caustico, come se questa cosa fosse irritante per lui, un fastidio.
Probabilmente era così.
"No. Non voglio dirtelo, mi hai lasciata in un locale dopo avermi baciato come se contassi qualcosa senza preoccuparti di come stavo, salvo poi venire qui adesso, pretendendo che ti dica perché sono triste? Non sono affari tuoi, puoi tornare da dove sei venuto, Levi."
Inaspettatamente, lui scoppiò a ridere. "Che succede, credevi che mi importasse qualcosa di te solo perché ti ho evitato di perdere la verginità con uno sfigato o con un viscido ex giocatore che ora lavora in un fastfood?"
Quel commento mi fece tacere. Era possibile che avesse accettato quel bacio, che avesse addirittura contraccambiato, solo per distrarmi e non farmi commettere un gesto di cui mi sarei pentita?

Sapevo che non sarei voluta andare a letto con nessuno dei due da cui mi aveva salvata, ma il fatto che fosse stato tutto calcolato, come mi stava dicendo in quel momento, mi fece sentire stupida.
Non mi ero immaginata la sua erezione, questo era impossibile, ma dopotutto, anche se mi odiava, ero giovane e con un bel corpo, poco coperto.
Quel pensiero mi fece ricordare che anche in quel momento indossavo solo quel vestito striminzito, ma invece di sentirmi spavalda, come qualche ora prima al 4Tech, mi sentii vulnerabile.
La stoffa del vestito era risalita fino al sedere, mentre mi crogiolavo tra le lacrime e avvampai.
Allungai le braccia a strattonare i lembi del vestito per coprirmi un po' di più, ma questo attirò l'attenzione del ragazzo seduto sul mio letto.
"Non dovresti vestirti così, se non vuoi attirare attenzioni sgradite, sai?"
"A parte le tue, intendi?" lo accusai.

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