42 - Ti sei offerta tu, però!

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CLAIRE

Mi feci una doccia e mi vestii accuratamente, prima di andare a cena dai Corso. Niente di sexy, solo un paio di pantaloni che mi stavano particolarmente bene e un maglioncino aderente a maniche lunghe, ma misi un po' di trucco e del profumo, giusto per confondere i sensi di un certo lupo.

Suonai appena giunta davanti alla porta, ma non feci in tempo a prendere fiato che la porta si spalancò, come se qualcuno fosse stato lì dietro ad attendermi.
"Ehi" la voce calda e sensuale con cui Leviathan mi accolse rischiò di far crollare tutta la muraglia dietro cui mi stavo difendendo, perché vederlo di nuovo, coi sensi quasi per nulla ottenebrati, improvvisamente mi faceva scoppiare il cuore.
Con ogni cellula del mio corpo bramavo un contatto con lui, avevo bisogno di sentirlo vicino come non mai e mi diedi mentalmente della stupida. Non ero lì per saltargli addosso, ora che mi ricordavo come ci trattavamo prima della sera in cui tutto era cambiato, volevo parlare con lui e il fratello dei loro genitori, dovevo chiarire.
"Ciao, Levi" dissi deglutendo.
Era davvero bello. La mascella squadrata, l'accenno di barba e i capelli un po' scompigliati, come se non gli importasse nulla del loro aspetto lo rendevano indolente e affascinante allo stesso tempo. Indossava dei jeans e una felpa con la zip, che tirava sulle spalle larghe e la necessità di un abbraccio protettivo divenne quasi impellente.
Mi fece un sorriso luminoso e temetti di mettermi a singhiozzare. Dovevo prendere più aconito e stordirmi per evitare tutti quei pensieri inopportuni, dannazione.

"Entra pure, è quasi pronto" disse facendo un passo indietro e lasciandomi spazio per passare, senza doverlo toccare. Una parte di me era frustrata, ma l'altra cercava di darsi un contegno.
Un rumore forte mi fece sobbalzare e finii automaticamente addosso a Levi, che mi strinse al suo corpo come se non aspettasse altro. Mi sentii a casa e contemporaneamente tremai dalla paura, per la facilità con cui avrei potuto lasciare me stessa nelle sue mani in quel modo.
"Sta arrivando un temporale" disse contro i miei capelli, mentre lo sentivo inspirare il mio odore e mi stringeva.
"Non lo sapevo" ammisi. Ero così scombussolata che non avevo controllato le previsioni.
"Io sì. Sono contento che tu sia qui con noi, puoi usare la stanza antipanico" rispose scrollando le spalle e mi allontanai da lui.
"Sei contento perché posso usare la stanza antipanico?" domandai perplessa.
"In realtà, sono contento che tu sia qui e basta. Questa politica del silenzio mi stava facendo impazzire e tu hai tenuto chiusa la finestra della tua camera ogni notte in questi giorni." Suonava come un rimprovero, ma finsi di non coglierlo.
"Avevo bisogno di smaltire le medicine e rimettere ordine tra i miei pensieri. Non potevo farlo con te che mi stavi col fiato sul collo e poi tu hai dei doveri da assolvere come Alpha, non hai bisogno di fare il crocerossino a me finché non mi tornerà la memoria. Potrebbe non accadere mai" aggiunsi abbassando il capo.
Non ricordavo ancora la nostra prima volta, ma avevo ricordato l'ultima, così come le sensazioni dopo il nostro primo bacio, quando avevo capito chi era lui per me, eppure era come se ci fosse ancora qualcosa di irrisolto in me, che mi faceva resistere.
Non la prese bene. Strinse i pugni, ma non disse nulla, si voltò e mi fece strada fino alla grande sala da pranzo. Dean era già lì, seduto a leggere qualcosa sul tablet e mi salutò con un gran sorriso. Ero felice che Kit avesse trovato qualcuno per lui, meritava tutto l'amore del mondo.
"Ehilà, straniera!" mi chiamò Veclan, venendomi incontro. Era buffo con il grembiule addosso ma mi trattenni dal fare commenti, andando ad abbracciarlo.
"Levi mi ha detto che sta arrivando un temporale" dissi al suo orecchio.
"Sì, ma non dovrebbe durare molto, non temere. Se la situazione diventa pesante, potrai andartene tra un paio d'ore al massimo."
"Veclan" tuonò il fratello, che aveva evidentemente sentito tutto.

Mi voltai verso di lui, incenerendolo con lo sguardo. "Pensavi di rapirmi, per caso?"
"Certo che no, sarai tu a voler restare, potrei farti ritrovare definitivamente la memoria" rispose allusivo sfoggiando il solito ghigno strafottente.
"Dici?" lo provocai e poi senza preavviso lo raggiunsi e posai velocemente le mie labbra sopra le sue, ritraendomi subito dopo. "Uhm, no per ora non sento nulla. Kit, mangiamo?" chiesi zuccherina voltandomi verso l'interessato, che stava seguendo le mie azioni con la bocca spalancata.
"Claire" disse a bassa voce, sorridendo "sei stata velocissima..."
Ah già, i sensi e i bonus dell'essere lupo. Alzi le spalle ma non riuscii a fare altro, prima che il mio corpo venisse brutalmente schiacciato contro la parete dietro di me.
"Ahi" riuscii a dire, prima che delle labbra calde e morbide si posassero sulle mie, con una forza a stento trattenuta e un'urgenza che veniva dall'astinenza.
Cazzo, non sai quanto ho aspettato di sentire le mie labbra sulle tue mi rimbombò in testa, ma non sapevo se era un pensiero mio oppure suo. Mi arresi alla superiorità fisica di Levi e mi godetti quell'assalto come se mi stessi immergendo dentro una vasca di acqua calda dopo una giornata al freddo.
Prima mi sfiorava con dita leggere e poi invece stringeva la mia pelle, come a strapparmela di dosso e farla sua, in un'alternanza di forza e dolcezza che mi fece venire da piangere. Sembrava avesse paura di farmi male e allo stesso tempo volesse imprimermi addosso se stesso, come se parte di lui dovesse restare sempre con me, come se volesse marchiarmi e allo stesso tempo avesse paura di essere rifiutato e questo stava mandando all'aria ogni mio pensiero coerente.
Venne bruscamente allontanato dal fratello, che si beccò un ringhio e rischiò di essere picchiato. "Datti una regolata! Così la spaventi" gli gridò contro e quando riaprii gli occhi, mi resi conto che il mio maglione era a brandelli, Levi era mezzo trasformato e aveva graffi sul collo e sul petto, almeno la parte che potevo vedere dalla zip aperta.
Ero stata io? E lui, mi aveva ridotto in quel modo senza che nemmeno me ne accorgessi?
Quel pensiero mi spaventò. Non mi ero resa conto di nulla che non fosse Levi e invece dovevo restare lucida, non avevo più quattordici anni. Sapevo che prima di cedere al nostro legame, lui aveva opposto una strenua resistenza, se ora io avessi ceduto e lui avesse cambiato idea, tornando a trattarmi male come prima, ne sarei uscita viva? O avrei lasciato che il dolore mi consumasse? Non sapevo se il mio cervello funzionasse davvero a regime in quel momento, ma c'erano cose da chiarire e volevo andarci piano, anche se ero stata io a fare la prima mossa.

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