19 - Guai a te se ti togli le mutande!

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CLAIRE

Arrivammo al locale nell'orario peggiore. Era pieno, una marea di corpi sudati che si muovevano tutti assieme. Per me, che non ero più abituata a percepire tutti quegli odori, fu un vero e proprio bombardamento sensoriale e per i primi venti minuti mi sembrò di impazzire.
Rimpiangevo il mio infuso all'aconito, anche se l'ebbrezza di sentire appieno l'odore del mio compagno, oltre a tutti gli altri, mi faceva sentire viva come non succedeva da tempo.
Ballammo per un po' ma quando iniziammo ad avere sete decidemmo di spostarci al bancone, dove un ragazzo carino con il pizzetto tinto di verde prese le nostre ordinazioni.

Sorseggiammo i cocktail lentamente, mentre riprendevamo fiato e se Eva era gentile ma distaccata quando qualche ragazzo si avvicinava, Tea era invece esuberante e decisamente felice di ricevere attenzioni.
Non si era appartata con nessuno, quello no, ma mi aveva detto che le piaceva l'idea di essere interessante per qualcuno. Non aveva ancora trovato il suo compagno, o almeno uno che le facesse battere il cuore, così aveva deciso di continuare a provare a conoscere ragazzi.
Non sapevo come sentirmi in proposito, in realtà. Capivo il suo ragionamento, l'idea di non rinchiudersi in casa aspettando qualcuno che magari non avrebbe mai incontrato, ma l'idea di uscire ogni sera con uno diverso non mi attraeva per nulla.
Levi non c'entrava nulla, ne ero certa, anche se l'idea che la persona adatta a me fosse così vicina e non dall'altra parte del mondo aveva un effetto pesante sulla mia idea di diventare più libertina e divertirmi.

"Quei due dovrebbero prendersi una stanza."
Mi voltai verso la voce e mi ritrovai accanto un ragazzo con gli occhiali quadrati, magrolino e alto più o meno quanto me.
"Come, scusa?"
"Dylan, il mio amico" disse allungando la mano con cui teneva il bicchiere verso Tea e il ragazzo con cui stava limonando in quel momento.
"Oh" dissi comprendendo le sue parole. In effetti più che baciarsi sembrava stessero facendo dei preliminari, ma in fondo non avevo esperienza e potevo essere io quella bacchettona.
"Io sono Eric" disse allora tenendomi la mano libera.
"Sofia" dissi ricordandomi la prima regola di mio padre: mai dire il tuo vero nome a chi non conosci.
Mi sorrise e lo trovai simpatico, pensai che magari potevo parlare un po' con lui, mentre valutavo se dovessi chiedere a Kit di venirmi a prendere o se potevo ancora contare sul passaggio in auto da Tea. Eva si era allontanata poco prima con il suo compagno e non credevo l'avremmo rivista prima del giorno dopo.
"Allora, Eric, cosa fai nella vita?" domandai provando a fare conversazione.
"Studio Fisica all'università" disse orgoglioso e sorrisi di getto. Di solito i ragazzi, anche quelli che uscivano con me di ronda, non si vantavano del loro cervello, piuttosto dei loro touchdown ai tempi della scuola, quindi mi piacque molto la sua risposta e passai i minuti successivi a chiedergli dei suoi studi.
Era un ragazzo brillante, anche se non sembrava troppo a suo agio in discoteca.
Ogni tanto lanciavo occhiate alla mia amica, la quale però sembrava troppo presa dal ragazzo per fare caso a me.
"Se vuoi posso farti compagnia, visto che il mio amico e la tua amica, ecco.."
"Sofia, ti ho cercato dappertutto!"
Una mano si posò sul mio fianco, mentre spalancavo gli occhi e mi voltavo, investita dal suo odore.
Levi.

Sbattei le ciglia più volte, per assicurarmi che non fosse un'allucinazione. "Non pensavo di trovarti qui" dissi presa alla sprovvista.
"Ma se ti avevo detto che ti avrei raggiunta, amore" disse ad assoluto beneficio di Eric, che si strinse nelle spalle, guardandomi un po' dispiaciuto.
"Non ti ho sentito, evidentemente" dissi irritata e spiazzata dal contatto con la sua pelle.
"Grazie per averle tenuto compagnia finora. Dobbiamo andare, Sofia" disse e in quel momento mi resi conto che doveva essere li da un po', se aveva sentito il nome falso che avevo dato ad Eric.

Feci una decina di passi lontano da Eric, prima di sbottare. "Mi spii, adesso?" chiesi cercando di liberarmi dalla sua presa, mentre le sue dita sembravano artigliarmi la pelle.
"Figurati! Ma sei troppo ingenua, quel ragazzo voleva solo entrare nelle tue mutande" commentò.
"Quel ragazzo voleva solo fare due chiacchiere" spiegai, seccata "e le mutande le ho tolte quando siamo arrivate qui, perciò non devi preoccuparti di questo."
Si fermò di scatto, in mezzo a quel via vai di persone, guardandomi come se avessi due teste.
"Ma sei stupida?" gridò arrabbiato.
Mi strinse a sé, forte, come se pensasse che potessi scappare e posò le mani alla base della mia schiena, annusandomi il collo e lasciando vagare le mani sul mio corpo.
Boccheggiai, sconvolta dalla vicinanza con lui, dal fatto che fosse stato lui stesso a tirarmi a sé, invece che allontanarmi e fui piuttosto consapevole di qualcosa di rigido tra i nostri corpi.
"Sei una bugiarda" disse dandomi una pacca sul sedere "ma guai a te se ti toglie le mutande!" e mi lasciò andare di botto.
Non potevo credere di esserci cascata così.
"Chi pensi di essere per darmi ordini?" sbraitai a mia volta, arrabbiata.

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