40 - Ci sono tante cose da raccontare

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LEVIATHAN

Lanciavo continue occhiate a Claire, ecco come mi resi conto che qualcosa la turbava.
"Che succede?"
Non rispose, così accostai e fermai il pick-up per potermi voltare e capire cosa non andasse.
"Claire?"
Era china sul mio telefono e dovetti fare uno sforzo per rendermi conto di cosa l'aveva turbata. Non avevo mai cambiato lo sfondo, dopo che ci eravamo scattati quella foto, la mattina che avevamo deciso di darci una possibilità, ma in quel momento desiderai non essermi sentito così tranquillo dal proporle di usare il mio apparecchio, perché era evidente quanto fosse sconvolta.
"Scusa, non avevo pensato che l'avresti visto" dissi, sincero.
Questo sbloccò la situazione, infatti mi guardò negli occhi, spaventata.
"Cosa siamo noi due? Perché hai questa foto sul telefono?"
E ora come ne uscivo, senza spaventarla o correre troppo? Pensai velocemente e sperai che credesse alla mia mezza bugia.
"Ci vedevamo di nascosto. All'inizio della nostra frequentazione non andavamo molto d'accordo ma era come se ci fosse qualcosa che ci legava, tornavamo sempre uno dall'altra. Quella foto l'abbiamo scattata il giorno che abbiamo deciso di provarci davvero." Sperai che per il momento la spiegazione fosse sufficiente e cercai di cambiare argomento. "Ti spiegherò meglio, se vorrai,  ma mi sembravi già abbastanza frustrata per la mancanza di memoria per dirti anche questo."
Restò in silenzio così a lungo che temetti avesse avuto uno shock e che avrei dovuto portarla in ospedale, poi disse qualcosa che non mi aspettavo.
"Ti sei mai arrabbiato per qualcosa con cui dormivo?"
Restai di sale, ma mi venne spontaneo sorridere. Ricordava quell'episodio? "La maglietta di mio fratello, intendi?"
Annuì e poi  mi guardò con occhi attenti. "L'ho sognato, stanotte" ammise con un filo di voce e il mio cuore inizio a battere più veloce.
"E non ti capita mai di sognare qualcosa che non ti spieghi?"
"Di solito non sogno. Forse sono le pillole, non lo so, ma stanotte ho sognato che litigavamo per quella maglietta e alla fine mi prestavi la tua per dormire."
Sorrisi di nuovo, era un bel ricordo per me. "In effetti è andata così. Nient'altro?"
Scosse la testa, ancora confusa.
"Claire, ci sono tante cose di prima dell'incidente che non ricordi, non importa, davvero, ma credo che dobbiamo andare per gradi." E magari evitare di sbatterti in faccia che sei un lupo esattamente come me e sei la mia compagna per la vita, ma questo lo tenni per me.
"Me le dirai?"
Ecco la domanda da un milione. "Puoi scommetterci, ma a tempo debito."
Restammo in silenzio per il resto del viaggio, dopo che Claire ebbe telefonato a Veclan, che era entusiasta della mia idea del pigiama party e la vidi tornare ad osservare quella foto, come se potesse svelare il mistero che la sua mente celava. Ritirammo il nostro ordine e guidai fino a casa.

"Hai portato con te le pillole?" chiesi accostando davanti a casa, mentre il profumo delle pizze riempiva l'abitacolo.
"Sì, certo."
"Allora andiamo ad avvisare Veclan che è arrivata la pizza" dissi dandole un'amichevole pacca sulla spalla e scendendo per prendere le pizze dal suo grembo, evitando di toccarla.
Notai che era piuttosto silenziosa, dopo la storia della fotografia, ma ormai la frittata era fatta e non mi restava che andare avanti, sperando di fare la cosa giusta.
Giocammo a un gioco di società, mentre il temporale iniziava a scaricare la sua furia tutto intorno.

Ad un certo punto Veclan e Dean decisero di lasciarci soli, assicurando a Claire che sarebbero stati a portata d'orecchio se io avessi fatto lo stupido e mi toccò rassicurarla sua fatto che non avevo intenzione di ammaliarla col mio fascino e approfittare di lei.
Sapevo che desiderava chiedermi qualcosa, ma non si decideva a farlo e il fragore dei tuoni pareva minare la sua sicurezza. Mi dispiaceva vederla così, ma dopotutto avevo sostituito solo parzialmente le pillole che le avevano rifilato quelli che l'avevano curata e potevo solo sperare che diminuendo gradualmente le sostanze nel suo corpo, lei acquistasse almeno un po' di lucidità, se non la memoria.
"Vuoi dormire?" chiesi vedendola prendere le pillole e domandandomi se fossero quelle ufficiali o il palliativo che avevano messo a punto i miei tecnici di laboratorio in tempo record.
"Vorrei che mi raccontassi qualcosa di prima, sai" rispose invece e imprecai mentalmente. Non sapevo fin dove potevo spingermi prima di spaventarla.
"Ci proverò. Ma credo che non riuscirò a far tutto in una notte" cedetti.
"Se mi prometti di dirmi la verità, mi accontenterò di ciò che vorrai raccontarmi" disse seria.

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