Capitolo 33: Ombre

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Si alzò che mancavano dieci minuti al suono del gong, indossò i suoi vestiti invernali abituali: un paio di pantaloni di lana nera e un maglione verde scuro. Anche se non nuovi erano vestiti caldi e comodi, ideali per resistere al freddo dell'inverno senza che i suoi movimenti venissero intralciati duranti l'allenamento.

Prima di uscire, Tigre guardò Estate. Sdraiato scompostamente nel letto, le coperte intrecciate al suo corpo sinuoso e morbido, era una visione eccezionalmente soddisfacente. Senza poter resistere alla tentazione, Tigre seppellì il naso nel suo collo, ubriacandosi del suo odore. Poi gli sistemò la coperta in modo che non prendesse freddo.

Estate non si svegliò, ma sorrise nel sonno quando lei gli sussurrò all'orecchio che lo amava.


"Signore, il vostro té del mattino" disse il maggiordomo, posando sul tavolo un vassoio d'argento e lanciando un'occhiata al separé davanti a lui. Dietro di esso poté intravedere l'ombra del padrone di casa che si stava vestendo.

"Grazie" rispose questi, uscendo da dietro la carta di riso mentre finiva di abbottonarsi la giacchetta. Andò alla finestra e ne aprì le imposte, ignorando il tè sul tavolo.

"La Cina è meravigliosa con la sua eleganza arcana" disse il lord, accarezzando con gli occhi le montagne innevate.

Il maggiordomo nascose con maestria l'occhiata esasperata.

Come da copione, il suo signore continuò: "In primavera è un roseo spettacolo, ma anche in inverno fa la sua bella figura".

Quando i castani occhi si posarono sul maggiordomo, videro un volto piacevolmente inespressivo.

"Spero di condurre ottimi affari qui" disse il lord, facendosi cupo.

"La merce promessa vi aspetta nel salone, mio signore".

Il padrone di casa annuì, compiaciuto.

"Vediamo se vale la pena di venderla" disse, poi uscì dalla stanza per dirigersi verso il luogo che gli era stato indicato.

Seduta su un divanetto, rattrappita e tremante a causa della paura, una giovane volpe, candida di pelliccia e con due spettacolari iridi azzurre, si stringeva le braccia attorno al corpo nel patetico tentativo di nascondere la sua nudità.

Il lord le prese la gola. Da parte della femmina non ci fu che un flebile singulto d'angoscia.

"Cosa abbiamo qui?" chiese il lord, studiando il viso e le forme di quel corpo.

"I genitori la chiamano Yuki. Neve, in cinese. L'ho prelevata da un villaggio sulle montagne. A ovest" rispose il maggiordomo, un segugio pezzato.

Il lord sorrise. "Quanti anni hai, Yuki?".

Fu il maggiordomo a parlare per lei. "Tredici, mio signore".

"Poco più di una bambina..." commentò il nobile, allontanandosi di un passo. "Abbiamo qualche amante di cuccioli in lista d'attesa?" chiese, speranzoso.

Il maggiordomo deluse le sue aspettative con un semplice cenno di diniego.

Il lord fece una smorfia. "Così non va; nessuno la comprerà mai per uso privato, con queste forme così acerbe, e venderla a un bordello mi frutterebbe poco, qui" disse. "È un peccato, ma sono i suoi organi la carta vincente. Sanissimi".

Il lord si voltò, sordo al pinato sommesso della giovane.

"Mio signore, se posso permettermi un suggerimento" lo richiamò il segugio.

L'amante di Maestra TigreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora