Capitolo 38: Controllo

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Si chiamava Syaoran. Un nome maledetto, per un cucciolo maledetto. Significava 'piccolo lupo' perché i lupi erano creature feroci e bugiarde, quasi sempre banditi che amavano razziare e stuprare. E lui, mezzosangue dalla pelliccia priva dello splendente colore dei panda rossi e dagli occhi toccati dalla nera morte, non meritava altro se non un nome che comunicasse quanto era brutto e deforme, alieno.

Sua madre morì di parto, morì a causa sua e suo padre non tardò a farlo sapere alla loro intera tribù. Il cucciolo Syaoran era maledetto, macchiatosi del crimine del sangue sin dalla nascita: aveva ucciso la sua stessa madre.Lo avrebbero anche affogato da tanto odio suscitava, ma nella loro tribù uccidere un cucciolo, anche se maledetto, era un'azione che portava sventura e carestia.

Syaoran venne quindi allevato sino a che non fu capace di mangiare da solo, poi l'emarginazione fu totale.Gli adulti lo bastonavano se lo sentivano parlare perché dalla sua bocca sarebbero potute uscire delle maledizioni. Le femmine gli tiravano le pietre se cercava di avvicinarsi ai loro fuoch, mangiava se riusciva a trovare qualcosa nella spazzatura gettata a terra. Ma la sua più grande fonte di sofferenza erano i cuccioli della tribù. Il loro gioco preferito venne chiamano 'Uccidere Syaoran'.

Ogni giorno gli tendevano imboscate e ogni giorno Syaoran si salvava grazie alla fantasia e alla furbizia, perché a combattere non era bravo.Il suo corpo era debole se confrontato a quello degli altri maschi della sua età, i suoi muscoli non adatti ad essere sviluppati nel corpo a corpo.

Aveva gambe slanciate, però, adatte alla danza, e forme sinuose, la cui sensualità spaventava la gente della tribù, la quale diceva che era il fascino della dannazione eterna. Ma catturarono lo sguardo degli stranieri, quelle forme, non appena sbocciarono. Fecero sventolare i ventagli davanti al viso delle loro mogli in calore, quegli occhi neri e screziati. Così suo padre, che mai prima d'ora lo aveva riconosciuto come suo, lo prese con sé dicendogli che finalmente la sua nascita aveva trovato un senso.

Per un piccolo momento, Syaoran fu felice. Padre diceva che tutti avevano uno scopo nella vita, qual era allora il suo?Fu portato in una capanna fatta di legno e paglia, al cui interno non c'era assolutamente niente, tranne un giaciglio sgualcito. Gli fu detto di sedersi su di esso mentre Padre se ne stava accanto alla porta, in attesa.

Entrarono dodici persone quel giorno, ma lui non ricordò quanti maschi e quante femmine. In realtà, non riuscì più a ricordare praticamente nulla di quella giornata, se non la sensazione di quegli strani fluidi viscidi che lo ricoprivano e di quei pesi che lo schiacciavano a terra mentre l'aria si riempiva di versi gutturali e ansiti che gli facevano venire voglia di piangere.

Sette giorni dopo Syaoran fuggì approfittando dello scompiglio provocato da un piccolo drappello di lupi, venuti a saccheggiare la tribù dei panda rossi. Ebbe quasi la tentazione di unirsi a loro, di dire che era un 'piccolo lupo' ma quando vide due di essi stuprare una cucciola di sette anni si rese conto che non erano diversi da tutti gli altri.

Syaoran corse attraverso i deserti e in due giorni giunse alle porte di una grande città. Apprese solo in seguito di essere arrivato nella capitale imperiale del faraone Cheope.Anche se era piccolo, non desiderava fidarsi di nessuno, né cuccioli né adulti. Per un breve anno, rubò di qua e di là, diventando l'incubo dei venditori ambulanti. Nessun randagio era più scaltro, veloce e aggressivo di Syaoran, il piccolo lupo mezzosangue.

Poi Padre lo trovò di nuovo. Era scampato ai lupi e ora veniva nella grande città per cercare fortuna. Disse che l'aveva trovata, la sua piccola fortuna, quando riuscì a catturarlo. Lo portò al grande palazzo mentre lui scalciava, ringhiava e mordeva e lo vendette come schiavo.

L'amante di Maestra TigreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora