Risveglio

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Dogas venne svegliato delicatamente dal leggero tocco delle manine in silicone all'interno del giaciglio magnetico, una enorme ampolla piena di liquido biochimico che oltre a controllare il battito somministra una serie di impulsi magnetici a seconda della qualità del sonno. La piattaforma cominciò a salire e il liquido scorreva intorno a lui mentre veniva estratto innalzandosi dalla vasca. Ancora ad occhi chiusi senti la leggera vibrazione mentre veniva spostato lungo il bordo e inclinato fino a raggiungere la posizione eretta. Un getto di liquido disinfettante fece scivolare rimasugli del biochimico rimasto. Le cannule vennero sfilate e con un colpo di tosse fece un primo tentativo di respiro. Ad ogni risveglio sembrava più doloroso, oppure ricordava male. Era giunto finalmente il suo turno? Le madri lo avevano scelto? Ancora non completamente lucido decise di non porsi domande che comunque non avrebbero avuto risposta.

L'ambiente che lo circondava era completamente asettico, vetro bianco e freddo acciaio. La luce troppo forte deformava le forme vaghe che scorgeva intorno a se. Sembravano quasi muoversi. Chiuse di nuovo gli occhi strizzandoli per poi riaprirli con più prudenza. Davanti a lui vi erano gli abiti che avrebbe dovuto indossare, pendevano da un braccio sceso dal soffitto che continuava a seguirlo ad ogni passo malfermo. Un movimento più evidente alla sua destra lo fece voltare più veloce di quanto avrebbe dovuto.

«Chi c'è?» chiese.
Nessuna risposta ma di nuovo intravide fra la luce un movimento che tentò di seguire.
«Allora? Chi c'è?» chiese di nuovo con voce più roca.
«Si vesta per favore!» rispose quasi impercettibilmente una voce femminile.
Dogas si guardò i piedi scalzi e il corpo nudo. Afferro i pantaloni e li infilò in fretta, prese anche la maglia ma invece di indossarla fece dei passi verso il punto in cui aveva sentito la voce.
Si bloccò quando scorse una sagoma longilinea e un viso quasi fanciullesco di ragazza.
Lei si ritrasse facendo dei passi indietro e di nuovo fu avvolta dalla luce che ne impediva di vederne i particolari.
Dogas, ancora turbato dalla strana apparizione, rimase imbambolato a gambe leggermente divaricate e la maglia, in mano a braccia abbassate, che toccava terra.
«Abbassa luce!» comandó al computer di stanza.

Man mano che la luce si faceva più lieve le forme della ragazza gli apparvero sempre più nitide. Nella mente un turbinio di immagini viste solo con sensori, di donne e di ciò che un tempo accadeva fra uomo e donna gli tornarono a stuzzicare la fantasia. Che gioco perverso era mai questo? Tenerlo sempre dormiente per poi sperimentare le sue reazioni? Cosa si aspettavano da lui stavolta? Niente più sovversivi da combattere? Lo stavano mettendo alla prova?
Rimasero per un po' a fissarsi, sembrava esserci una strana elettricità fra loro capace di fulminare il primo che avesse fatto un passo verso l'altro.

Lo sguardo della ragazza sembrava un mix di impertinenza e paura, lo stava studiando con cura eppure sembrava in punto di scappare o svanire da un momento all'altro. Rendendosi conto di come lo stesse fissando e che lui se ne fosse accorto, la ragazza distolse lo sguardo.
«Chi sei?» chiese Dogas con voce appena udibile.
Lei di nuovo piantò i suoi occhi su di lui. Stavolta gli parve di scorgervi un freddo gelo subito sciolto da fiamme iridescenti, cosa era? Rabbia? Stizza? Disgusto?
No, disgusto di sicuro no, aveva notato come il suo sguardo avesse percorso tutta la sua figura, e sembrava quasi sollevata dal suo aspetto. Perché questo?
«Per favore, si vesta!» gli disse lei invece di rispondere.
« L'ho turbata madamigella? Eppure non sono io che vi ho sorpresa nuda, anche se forse lo avrei preferito. Perché è nella mia stanza?
Cosa hanno architettato stavolta gli eccelsi per torturarmi?»
«Indossi la maglietta signor Tin, sarà più appropriato per parlarne.» gli rispose di nuovo lei.
Lui fece un passo verso di lei così di scatto che lei pure si sentì di dover retrocedere.
Dogas indossò la maglietta, si accorse indossandola che i capelli gli erano ricresciuti, rimase sorpreso dalla sensazione di sentirseli scorrere fra le dita, e si chiese cosa avesse indotto gli eccelsi a questa scelta.
Di nuovo guardò la giovane e di nuovo la scopri a fissarlo in modo fin troppo impudente. La fissò e la vide arrossire e distogliere lo sguardo.
« Bene! Va meglio così? E adesso?» le chiese allargando le mani .
«Sì, va meglio! Se vuole cortesemente seguirmi, andremo nella hall e chiariremo tut..»
«Non verrò nella hall per niente! Parleremo qui e adesso!» la interruppe lui «Perché è qui?»
Sorpresa lei aveva sobbalzato e ora apriva e chiudeva la bocca cercando le parole, poi di nuovo quel lampo e la sua voce risuonó più sicura e decisa quando rispose:
« Signor Tin..»
«Dogas! Mi chiami Dogas!»

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